Per legittima accusa (1993)
- michemar

- 12 ago
- Tempo di lettura: 3 min

Per legittima accusa
(Guilty As Sin) USA 1993 thriller 1h47’
Regia: Sidney Lumet
Sceneggiatura: Larry Cohen
Fotografia: Andrzej Bartkowiak
Montaggio: Evan A. Lottman
Musiche: Howard Shore
Scenografia: Philip Rosenberg
Costumi: Gary Jones
Rebecca De Mornay: Jennifer Haines
Don Johnson: David Greenhill
Stephen Lang: Phil Garson
Jack Warden: Moe Plimpton
Dana Ivey: giudice Tompkins
Ron White: pubblico ministero Di Angelo
Norma Dell’Agnese: Emily
Sean McCann: Nolan
Luis Guzmán: detective Martinez
Barbara Eve Harris: Kathleen Bigelow
Simon Sinn: Mr. Loo
John Kapelos: Ed Lombardo
Tom McCamus: Ray Schiff
Harvey Atkin: giudice Steinberg
Brigit Wilson: Rita Greenhill
TRAMA: Un’avvocatessa accetta come cliente un uomo accusato di aver ucciso la moglie, ma si ritrova moralmente obbligata a tradirlo in un modo o nell’altro.
VOTO 6

Il donnaiolo David Greenhill (Don Johnson), accusato di aver ucciso la moglie per intascarsi l’eredità, chiede all’avvocatessa di successo Jennifer Haines (Rebecca De Mornay) di rappresentarlo al processo. Jennifer accetta perché crede che questo caso possa portare maggiore notorietà al suo studio legale, ma la scelta di David però non è casuale: infatti ha seguito in aula le sue ultime arringhe e la trova abile e adatta per salvarsi. L’uomo ovviamente si professa innocente, ma si comporta stranamente insinuandosi nella vita privata dell’avvocatessa, tanto che questa inizia a temerlo. Intanto Moe (Jack Warden), suo fedele collaboratore, inizia ad investigare su David e scopre che in passato ha avuto relazioni con delle donne che poi sono morte.
Rebecca DeMornay, come Glenn Close nel bellissimo Doppio taglio, interpreta un’avvocata penalista sicura di sé che indossa gonne attillate e viene facilmente ingannata da un assassino di donne come il personaggio di Don Johnson, con conseguenze che sono abbastanza prevedibili. E ciò è uno schema che abbiamo visto già tante volte. In questa occasione, la donna è ingannata, ma solo fino ad un certo punto, dalle eleganti maniere del cliente ed anche dal suo vasto guardaroba firmato Armani.
I guai, quindi il bello del thriller, arrivano quando entrambi sospettano della mancanza di fedeltà tra loro: cliente e professionista non si fidano più ed inizia un gioco perverso in cui entrambi danneggiano la posizione dell’altro. Ci sono momenti, in altre parole, che facilmente si va con la mente anche al meraviglioso Testimone d’accusa. La tensione sale comunque ed il finale, comodo per il personaggio per cui il pubblico fa il tifo, si rivela sorprendente.
Sebbene il grandissimo Sidney Lumet – i cui film non vanno mai persi - e il suo fidato sceneggiatore Larry Cohen abbiano trascorso metà della propria carriera in collaborazione armoniosa e fortunata, dirigendo e scrivendo film procedurali, polizieschi e drammi giudiziari di grande successo, stavolta – evidentemente il regista era attratto da una storia di questo tipo – hanno materiale non eccelso e si vede quanto si siano trovati in posizione scomoda a realizzarlo.

Forse il soggetto non era adatto a loro, forse l’ambientazione nella città di Chicago non era l’ideale, fatto sta che il film non ha entusiasmato molto, ed è un peccato perché resta uno dei film minori nella carriera del mitico Lumet. In ogni caso, anche se non all’altezza della sua luminosa collezione, il regista aveva tanta di quella esperienza che sapeva bene come trattare il genere e l’argomento del thriller legale. E lo si nota bene.


















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