top of page

Titolo grande

Avenir Light una delle font preferite dai designer. Facile da leggere, viene utilizzata per titoli e paragrafi.

Pinocchio di Guillermo del Toro (2022)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 26 dic 2022
  • Tempo di lettura: 7 min

Aggiornamento: 2 giu 2023


ree

Pinocchio di Guillermo del Toro

(Guillermo del Toro's Pinocchio) USA/Messico/Francia 2022 animazione 1h57’


Regia: Guillermo del Toro, Mark Gustafson

Soggetto: Carlo Collodi

Sceneggiatura: Guillermo del Toro, Patrick McHale

Fotografia: Frank Passingham

Montaggio: Ken Schretzmann, Holly Klein

Musiche: Alexandre Desplat

Scenografia: Guy Davis, Curt Enderle


Doppiatori originali e in italiano:

Gregory Mann: Pinocchio, Carlo (Ciro Clarizio)

Ewan McGregor: Sebastian il Grillo (Massimiliano Manfredi)

David Bradley: Geppetto (Bruno Alessandro)

Ron Perlman: podestà (Mario Cordova)

Tilda Swinton: Spirito del Bosco, Morte (Franca D'Amato)

Christoph Waltz: Conte Volpe (Stefano Benassi)

Cate Blanchett: Spazzatura (Tiziana Avarista)

Tim Blake Nelson: conigli neri (Luigi Ferraro)

Finn Wolfhard: Lucignolo (Giulio Bartolomei)

John Turturro: dottore (Pasquale Anselmo)

Burn Gorman: prete (Fabrizio Vidale)

Tom Kenny: Benito Mussolini (Massimiliano Alto)


TRAMA: Geppetto, un vedovo falegname che vive nella grigia Italia fascista, costruisce una marionetta in onore del figlio perduto: Pinocchio. Pinocchio prende vita e, per rendere il padre fiero di lui, intraprende un viaggio in compagnia di Sebastian, il grillo che viveva nel tronco da cui è stato ricavato.


Voto 7,5

ree

Tra film d’animazione, cortometraggi e lungometraggi, Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino, il romanzo di Carlo Collodi pubblicato nel 1883, sono innumerevoli gli adattamenti cinematografici, alcuni poco conosciuti, altri, a cominciare dall’edizione celebre di Walt Disney, hanno conosciuto una popolarità assoluta e un gradimento massimo. Da sempre e per sempre. Ultimamente la storia è tornata di interesse per alcuni registi di fama: prima Roberto Benigni, poi la visione ottocentesca di Matteo Garrone ed infine il ritorno al classico di Robert Zemeckis. Ecco oggi la lettura più personale, una rivisitazione tanto particolare che il titolo internazionale (sicuramente adatto anche in italiano) ha assorbito la firma dell’autore: Guillermo del Toro ne ha fatto una versione così originale (lontana dall’originale) da poter assurgere a narrazione che si allontana da Collodi senza però perderne l’essenza. Il contrario, di certo, sarebbe stato un delitto artistico. Il romanzo è talmente rivisitato che il regista, che inseguiva da lustri il suo amato progetto (anche da bambino: “Mi ricollega a una connessione molto forte che avevo con mia madre. È stato il secondo o terzo film che abbiamo visto insieme al cinema. Anche a casa mia Pinocchio è venerato. Questo significa che questo è il Pinocchio di Guillermo Del Toro. Non è Disney, non è Collodi. È il mio. Quindi, partendo da questo, se vieni aspettandoti altro non ti piacerà.”), ha modificato alcuni nomi, ha unito alcuni personaggi, altri ne ha cancellati e ha cambiato i connotati a ruoli importanti. Ma soprattutto ha variato l’ambientazione: siamo nel Ventennio fascista.

ree

Che siamo di fronte ad una storia differente lo si nota sin dall’incipit: Geppetto è un anziano vedovo che piange sulla tomba dell’adorato figlio Carlo, morto sotto i bombardamenti della Prima Guerra Mondiale, quando si trovava nella chiesa del paese dove il papà falegname stava curando gli ultimi ritocchi del bellissimo Crocifisso che aveva alzato sull’altare. Una perdita inconsolabile, dimostrata dai vari minuti iniziali che il film dedica alla armoniosa e gioiosa vita vissuta dai due familiari nella accogliente casetta-laboratorio. Uomo stimato, bimbo benvoluto dai compaesani, essi erano persone felici a cui, nella modestia quotidiana, non mancava nulla, ma la guerra, concetto lontanissimo da quel borgo, si era fatta viva nel peggiore dei modi. Non si era mai visto al cinema una prima parte così copiosa a proposito di un figlio vero, umano, del falegname più celebre delle fiabe italiane.

ree

Pinocchio viene nella vita di Geppetto quasi per caso, per farsi compagnia, per riempire le sue giornate vuote che ora dedica, purtroppo, alla bottiglia. Non è più lo stimato artigiano di un tempo, ora è un ubriacone che quando si costruisce un bambino di legno - dal tronco di un albero che nel bosco fungeva da tana per il grillo Sebastian, che d’ora in poi si incaricherà di vegliare sulla vita del burattino – non riesce a sopportare la sua presenza, ritenendo un’offesa per il perenne ricordo del suo amato Carlo. Da qui si dipana la storia che ben conosciamo ma con le dovute differenze che l’hanno resa totalmente indipendente e “deltoriana”. Mangiafuoco è destituito a favore del Conte Volpe che dirige il teatrino, alla perenne ricerca di nuovi personaggi che diano nuova vitalità ad un luna park ormai al dissesto, una sorta di parallelismo a La fiera delle illusioni - Nightmare Alley dello stesso regista. Il braccio destro del circense imbroglione è una scimmia, il simpatico Spazzatura, che alla fine passerà dalla parte del burattino. Chi sorveglia severamente lo sviluppo degli eventi e soprattutto dell’educazione di Pinocchio è l’etereo Spirito del Bosco, alter ego di quello della Morte, presenze degne della Fata Turchina, che ha il potere di dare la vita al pupazzo di legno più volte, visto che, non essendo un vero bambino, non invecchia e non può morire.

ree
ree

Il terrore del paese è imposto dal Podestà: siamo in pieno periodo fascista e la figura del Duce (“Luce?” chiede incuriosito Pinocchio: che presa in giro per i nostrani fascisti!) è venerata da un popolo senz’anima, senza spirito libero, dominato dal conformismo vergognoso. Questo prepotente e arrogante rappresentante del potere centrale obbliga i bambini (severissima e satireggiante la rappresentazione della vita italica da parte del regista) non solo a frequentare la scuola ma anche e soprattutto l’addestramento militare a cui vengono sottoposti con severità e disciplina. Disciplina! Viene persino organizzato uno spettacolo dal servizievole, adulatore e viscido Conte Volpe in onore della visita di Mussolini, rappresentato da uno dei personaggi più goffi presentati da del Toro: basso, dalle cortissime gambe, tronfio, gonfio e con un grosso mento grasso che gli orna il viso sotto il classico fez. Scene, inquadrature e battute (Pinocchio è l’unico senza i fili nel teatro dei burattini e senza quelli invisibili dei cittadini sottomessi) che ridicolizzano il clima politico degli anni ’30: un contorno sociale che fa sghignazzare come il rigoletto di corte. Potentissimo! Il colmo è che il figlio ragazzino del prepotente Podestà si chiama Lucignolo (altra rilettura), che è sempre sottomesso al padre ma alla fine si accoda agli amici sinceri e ravveduti di Pinocchio.

ree

Ebbene sì, si potrebbe dire che questa è un’altra storia e che la differenza con gli altri film è che qui è stata scelta una tecnica mista tra CGI e stop motion, ma soprattutto Guillermo del Toro ne ha voluto fare una cosa personalizzata, con chiari intenti d’amore ma anche influenze politiche che non sono secondarie. Non sarà un Pinocchio ortodosso ma la storia risulta bellissima, piena di risvolti morali, di insegnamenti di vita pacifica e pacifista, di amore verso la Natura e con una dedica agli spiriti positivi che ci circondano. I personaggi sono quasi tutti sotto una forma animale e ciò li rende ancora più simpatici, mentre la natura si prende una rivincita nel momento in cui il naso di Pinocchio si allunga quando dice le bugie: non si allunga canonicamente come sempre visto, ma diventa un ramo fogliato che si protende in avanti e si dirama come un albero in pieno rigoglio. Simpaticissimo! Bellissima anche la figura del grillo Sebastian, un insetto educatissimo, garbato, intellettuale, che ama scrivere e ritenersi un vero scrittore, fino al punto da tenere, dove riposa, un ritratto nientepopodimeno che del filosofo Arthur Schopenhauer. Son tutti, in buona sostanza, personaggi non semplici come da tradizione, ma di carattere e di spiccata personalità. Una vera novità. A cominciare proprio dal protagonista Pinocchio (ammesso che non sia il buon Geppetto) che sconcerta, che ha una sua precisa logica, che se spaventa nella sua semplicità è proprio perché non pare una finzione o un burattino ma come un vero bimbo che combatte la quotidiana lotta tra l’ubbidienza e il rispetto verso quel “padre” che lo ha fabbricato e la voglia di marachelle che assale ogni bambino umano.

ree

E i mostri di Guillermo del Toro? Eccome, che vi fanno parte! E chi sono allora Mussolini? il Podestà, il prete che prima ringrazia Geppetto per il magnifico Crocifisso e poi si schiera contro di lui alla presenza del dittatorello del paese? E poi ancora il Conte Volpe che raggira la buona fede degli altri e si adegua al potere. Il mostro è anche il popolino che plaude passivo quel Mussolini che puzza (parole della canzone ribelle di Pinocchio allo spettacolo in suo onore) più della sua merda. E come tutte le creature mostruose del cineasta, se sono brutte sono cattive e se son buone non fanno paura. È la bellissima favola dell’amore di un genitore verso il figlio, che si aspetta che altrettanto venga riamato e se questa storia sembra diversa dall’originale è semplicemente l’adattamento al suo punto di vista altamente artistico. Ma la vera diversità di questa bellissima opera è che a differenza del romanzo di Collodi, questa volta Pinocchio non aspira a diventare un bambino in carne e ossa, né tanto meno è interessato a inseguire un irraggiungibile obiettivo. In fondo, chi potrebbe mai affermare che per essere amati è necessario cambiare? In una società popolata da marionette, come l’Italia fascista che fa da sfondo alla pellicola, Pinocchio con il suo comportamento affettuoso e irriverente sbertuccia il potere e i suoi abusi, la burocrazia e le sue incongruenze: senza retorica, il lungometraggio denuncia gli orrori della guerra (alla faccia della purezza della razza) e ci ricorda quanto sia difficile restare padre quando i figli crescono. Con un finale romanticamente umano, Geppetto invecchia e muore, mentre Pinocchio ha imparato come percorrere la sua vita. Oramai, una volta uscito dalla pancia della mostruosa balena (ecco un altro mostro, anche se passivo), è come se fosse veramente nato, per la prima volta: una pancia enorme come un utero materno.

ree
ree

La fotografia di Frank Passingham, esperto di animazione, è carica di colori forti che accentua l’atmosfera favolistica e le musiche di Alexandre Desplat, autore anche dei brani che allietano la visione, sono perfette. Mentre i dialoghi, sempre pungenti e all’uopo moraleggianti, intrattengono e divertono con grande efficacia. È un Pinocchio che contamina con il suo candore spontaneo, che sbaglia perché debole, che ispira simpatia e che, anche se non può essere mai il compianto e buonissimo Carlo, si farà voler bene dal falegname dal cuore d’oro e dalle mani abili.

Non facciamo paragoni con Walt Disney, questo è un altro ma è un meraviglioso Pinocchio. Quello di Guillermo del Toro, che da quando era adolescente, già esperto di stop motion ed effetti speciali, sognava di realizzarlo a modo suo. Forse è vero che è il romanzo più bello che sia mai stato scritto, forse proprio perché come lo si racconti conquista sempre. A volte meno bene, altre meglio. Qui meglio di tutti: adesso è il mio preferito.

ree

Che dire del doppiaggio originale? La distribuzione italiana ha scelta doppiatori professionisti, tra i tanti che nobilitano la professione da noi, ma vedere il film in originale vuol dire ascoltare Ewan McGregor, Ron Perlman, Tilda Swinton, Christoph Waltz, Cate Blanchett, Tim Blake Nelson, John Turturro: accipicchia!


Riconoscimenti

Premio Oscar e Golden Globe come miglior film d’animazione.



 
 
 

Commenti


Il Cinema secondo me,

michemar

cinefilo da bambino

bottom of page