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Potere assoluto (1997)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 25 mar 2022
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 3 lug

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Potere assoluto

(Absolute Power) USA 1997 thriller 2h1’


Regia: Clint Eastwood

Soggetto: David Baldacci

Sceneggiatura: William Goldman

Fotografia: Jack N. Green

Montaggio: Joel Cox

Musiche: Lennie Niehaus

Scenografia: Henry Bumstead

Costumi: Deborah Hopper


Clint Eastwood: Luther Whitney

Laura Linney: Kate Whitney

Ed Harris: Seth Frank

Gene Hackman: presidente Alan Richmond

Judy Davis: Gloria Russell

Scott Glenn: Bill Burton

Dennis Haysbert: Tim Collin

E.G. Marshall: Walter Sullivan

Melora Hardin: Christy Sullivan

Penny Johnson Jerald: Laura Simon

Richard Jenkins: Michael McCarty


TRAMA: Un vecchio ladro, dilettante di pittura e di musica, decide di svanire con il malloppo nonostante sia l'unico testimone di un delitto eccellente, in cui è coinvolto il presidente degli Stati Uniti. Il maturo agente dei servizi segreti deve braccare il ladro ma non riesce a venire a patti con il suo senso della giustizia.


Voto 7


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Il film è tratto dal romanzo omonimo di David Baldacci, libro che vorrebbe criticare aspramente la supremazia senza limiti di cui crede di disporre una persona potente, una tra le più influenti della terra, il Presidente degli Stati Uniti. Non è roba da poco. Facendo confluire nella storia riferimenti ad eventi realmente accaduti, nomi che ricordano figure importanti uccise per farle tacere ed elementi tipici dei thriller, il soggetto e la sceneggiatura pongono al centro della scena un protagonista che di mestiere fa il ladro ma curiosamente è un gentiluomo ed anche artista.


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L’uomo, infatti, di cognome fa Whitney ma di nome è Luther, come il martire del razzismo americano. In più, ed ecco il lato politico, la persona che dispone del potere difficilmente contrastabile è addirittura il Presidente. Intorno l’opinione pubblica e i testimoni dei crimini che preferiscono restare nell’ombra per non compromettersi. Nel caso specifico, il protagonista, date le circostanze, preferisce restare nascosto dietro un falso specchio da cui osserva la scena madre e non interviene in difesa della vittima.


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Era in un appartamento di Walter Sullivan, un anziano filantropo considerato uno degli uomini più ricchi e potenti degli Stati Uniti e gran sostenitore del capo dello stato in carica per svuotargli il caveau proprio nel momento in cui si accorge della presenza della giovane moglie di Sullivan, Christy, e di Alan Richmond, il Presidente degli Stati Uniti d'America, che si trovano lì per un incontro amoroso clandestino. Un litigio violento induce gli uomini della sicurezza ad intervenire e ad uccidere improvvidamente la donna. Whitney osserva allibito e non fa nulla: “Non potevo impedire che la donna fosse uccisa, ma non ci ho neanche provato”. Più o meno è ciò che succede nei mille misteri che avvolgono la storia dell’America, dove il potere non logora e, anzi, viene esercitato con abusi e strafottenza.


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L’unico atto che Luther commette è un’imprudenza, diventando così il classico scomodo testimone che i servizi segreti devono necessariamente trovare per essere eliminato. Potrebbe essere già questo l’elemento portante di un thriller ed invece non è neanche lo spoiler, perché il film tratta principalmente dell’insabbiamento dell’affaire e della affannosa ricerca del ladro da parte dei Servizi, di un sicario e di due poliziotti. Nel frattempo, Clint Eastwood aggiunge anche il difficile rapporto che Luther ha con la figlia Kate con cui ha recentemente tentato di riconnettersi, anche se con scarso successo: è un motivo che ogni tanto si affaccia nei film del regista/attore, particolare che riguarda direttamente la sua vita privata, come notoriamente è risaputo.


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Sempre per restare nel campo dei riferimenti, compare persino un albergo dal nome che ha marchiato a fuoco la storia americana: l’Hotel Watergate lo inserisce il mitico sceneggiatore William Goldman che oltre a firmare un lungo elenco di film di grande successo è anche l’autore di Tutti gli uomini del presidente. Ora verrebbe da dire, incrociando le trame, che questa volta tutti gli uomini di quel presidente sono interessati al ladro protagonista.


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Oltre a offrire una performance colorita e certamente non senza umorismo – si riscontra anche una punta di ironia e malinconia, tipiche del nostro - nel ruolo principale di Luther Whitney, Clint Eastwood come regista tira fuori anche il meglio dai grandi nomi che sceglie come partners: Gene Hackman e Ed Harris, per esempio, che come sempre amano i ruoli tosti. Lui, appunto si riserva quello del protagonista, interpretando il maturo Luther Whitney, che stranamente ma secondo la sua passione, all'inizio del film si siede e disegna in un museo. Quella stessa notte poi si reca a commette il furto programmato.


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Il suo stile di regista è inconfondibile, mantiene un giusto ritmo e tensione alta ed il film, in conclusione, è un buon prodotto, pur rimanendo nell’ambito di un’opera minore nella sua sterminata produzione, senza pretese e abbastanza tradizionale. Diciamo che è classico ma efficace.



 
 
 

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