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Prima pagina (1974)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 18 nov 2023
  • Tempo di lettura: 4 min

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Prima pagina

(The Front Page) USA 1974 commedia drammatica 1h45’


Regia: Billy Wilder

Soggetto: Ben Hecht, Charles MacArthur (opera teatrale)

Sceneggiatura: I.A.L. Diamond, Billy Wilder

Fotografia: Jordan Cronenweth

Montaggio: Ralph E. Winters

Musiche: Sammy Fain, Lou Handman, Ray Henderson

Scenografia: Henry Bumstead

Costumi: Burton Miller


Jack Lemmon: Hildebrand “Hildy” Johnson

Walter Matthau: Walter Burns

Susan Sarandon: Peggy Grant

Vincent Gardenia: sceriffo Pete Hartman

David Wayne: Roy Bensinger

Carol Burnett: Molly Malloy

Allen Garfield: Kruger

Austin Pendleton: Earl Williams

Charles Durning: Murphy

Herb Edelman: Schwartz

Martin Gabel: dr. Max J. Eggelhofer

Harold Gould: sindaco di Chicago

Cliff Osmond: agente Jacobi

Jon Korkes: Rudy Keppler

Paul Benedict: Plunkett

John Furlong: Duffy


TRAMA: Tribunale di Chicago, 1929. I giornalisti aspettano l'esecuzione dell'anarco-marxista Earl Williams, condannato con la falsa accusa di omicidio. Il reporter Hildy Johnson, che ha deciso di sposarsi e lasciare la vita del cronista per quella di pubblicitario, resiste al suo cinico direttore, che tenta di trattenerlo. Ma il condannato fugge e casca in braccio proprio a Johnson.


Voto 7

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Il rumore dei macchinari per la stampa del giornale si fonde senza soluzione di continuità con il martellamento dei dipendenti della prigione che erigono la forca nel cortile per l’esecuzione prevista del condannato per omicidio. La stampa e la procedura vanno di pari passo ed è per questo che c'è una stanza nel palazzo di giustizia solo per i giornalisti. In questa stanza, i colleghi di Hildy si riuniscono per svolgere il loro lavoro, i quali, per ingannare l’attesa, giocano a carte, bevono e di tanto in tanto alzano la cornetta del telefono per abbaiare notizie (inventate?) alla propria redazione. Insomma, qualsiasi idealismo che possa essere esistito un tempo ha da tempo ceduto il passo alla completa indifferenza e gli articoli da scrivere sono puramente fini a se stessi. Come si può percepire (qui il cinismo del regista), nessuno è interessato al destino del condannato Earl Williams (Austin Pendleton), uomo che ha solo la colpa di appartenere a Friends of American Liberty, una associazione anarchica e comunista. La cosa principale è che intanto patibolo, che fa tanto notizia, è quasi pronto. Ma la stampa non è l'unico bersaglio delle critiche di Billy Wilder, perché anche l'apparato statale, incarnato dallo sceriffo Hartman (Vincent Gardenia) e dal sindaco (Harold Gould), sono nel suo mirino sarcastico. Come spesso accade, gli interessi politici sono legati all’esecuzione di un condannato, per fare bella figura di persona perfetta e farsi rieleggere: una pubblicità perfetta per il sindaco. Così, il rinvio richiesto dall'organo ufficiale viene ignorato e si va avanti.

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Se in L’asso nella manica (1951) il regista si era scagliato con una feroce critica alla rapacità della stampa, denunciandone il cinismo e la mancanza di morale, in questo film lo stesso giornalismo viene parodiato dal suo aspetto più ironico e sprezzante, ma senza sminuire la critica della sua insensibilità alla sofferenza umana e alla morte.

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Mentre Walter Burns (Walter Matthau), il direttore del giornale serale The Chicago Examiner, cerca di capire come differenziarsi dalla concorrenza nel coprire l’esecuzione di un povero diavolo accusato ingiustamente di aver ucciso un poliziotto che cercava di arrestarlo per propaganda comunista (!), Hildy Johnson (Jack Lemmon), il suo corrispondente più famoso, ha preso la decisione di lasciare la professione di giornalista per sposare la sua fidanzata. Peggy (Susan Sarandon), una giovane vedova che si guadagna da vivere suonando il pianoforte prima delle proiezioni cinematografiche e di trasferirsi a Filadelfia per lavorare come pubblicitario presso il suocero. Dopo averlo appreso, Walter organizza una serie di stratagemmi per sabotare i piani di Hildy e costringerlo a coprire l’esecuzione prevista. A causa della stupidità di uno psicologo viennese, il dottor Eggelhoffer (Martin Gabel), e dell'incompetenza dello sceriffo, Williams fugge e inizia così una caccia all’uomo in tutta la città di Chicago mentre i giornalisti se la spassano indifferenti con Hildy, per festeggiare nella sala stampa della stazione di polizia l’addio del giornalista. Alla notizia della fuga tutti i giornalisti scappano per andare a scriverne in redazione e lui resta solo scoprendo che Williams non è scappato ma si è nascosto proprio lì. Inevitabile a questo punto che il giornalista si senta costretto a rimettersi al lavoro, sempre pressato dal suo capo.

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Con la sceneggiatura dello stesso Wilder e del solito I.A.L. Diamond, il film si affida alla bravura dei due attori collaudati, in un vertiginoso scambio di arguzia retorica tipica delle commedie del regista, con dialoghi pungenti e perfetti che mettono a nudo la stupidità e l’avidità dei potenti e dei loro alleati mediatici in tutte le sue dimensioni, comprese le intenzioni di uno psicologo di testare le sue assurde teorie senza nemmeno aver incontrato prima l'imputato o sapere nulla della questione, lasciando anche la polizia esposta nella sua ridicola caccia ai comunisti attraverso la città di Chicago.

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Siamo alla terza versione per il grande schermo dell’omonima commedia teatrale di Ben Hecht e Charles MacArthur, dopo l’adattamento, sotto forma di slapstick, di La ragazza del venerdì di Howard Hawks del 1940 (con Cary Grant e Rosalind Russell), che trova in Billy Wilder un direttore d’orchestra in grado di confezionare un perfetto ensemble tra perfidia e divertimento. Come sempre, d’altronde. Con la particolarità che quasi tutto il film si svolge in una stanza, in cui convergono e si condensano i diversi fili della trama.

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Altro aspetto da notare: a differenza delle precedenti versioni cinematografiche in cui non ha mai indicato la location, Wilder sottolinea che l'azione si svolge nella città di Chicago e utilizza i nomi dei giornali originali, poiché il lavoro teatrale di Ben Hecht e Charles MacArthur è basato su eventi reali e personaggi esistiti per davvero. Infatti, Johnson si basa sulla giornalista Hilding Johnson e Burns su Walter Howey, entrambi protagonisti della vita del Chicago Herald-Examiner. Il fatto che l’azione si svolga a Chicago non è nemmeno un caso, dal momento che la città è stata una delle più colpite dal periodo di massimo splendore di mafiosi e gangster, che consolidarono il loro potere con il proibizionismo e il proliferare di attività illegali basate sul traffico di bevande alcoliche, mafie che avevano buoni rapporti sotterranei con le forze dell’ordine con i politici dell'epoca. che nei loro discorsi difendevano il proibizionismo per mantenere i voti dei puritani ma poi andavano a bere qualcosa in qualche bisca illegale.


Ecco spiegati a gonfie vele il sarcasmo del regista e gli intenti della sua opera, divertente e pungente, con due attori su cui era facile scommettere, sempre in perfetto equilibrio e collaudata sintonia.

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Riconoscimenti

1975 - Golden Globe

Candidatura miglior film commedia o musicale

Candidatura miglior attore in un film commedia o musicale a Jack Lemmon

Candidatura miglior attore in un film commedia o musicale a Walter Matthau

1975 - David di Donatello

Miglior regista straniero a Billy Wilder

Miglior attore straniero a Walter Matthau e Jack Lemmon


 
 
 

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