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Qui rido io (2021)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 28 dic 2021
  • Tempo di lettura: 7 min

Aggiornamento: 21 mag 2023


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Qui rido io

Italia/Spagna 2021 biografico 2h13’


Regia: Mario Martone

Sceneggiatura: Mario Martone, Ippolita Di Majo

Fotografia: Renato Berta

Montaggio: Jacopo Quadri

Musiche: Sergio Bruni

Scenografia: Giancarlo Muselli, Carlo Rescigno

Costumi: Ursula Patzak


Toni Servillo: Eduardo Scarpetta

Maria Nazionale: Rosa De Filippo

Cristiana Dell'Anna: Luisa De Filippo

Antonia Truppo: Adelina De Renzis

Eduardo Scarpetta: Vincenzo Scarpetta

Gianfelice Imparato: Gennaro Pantalena

Roberto De Francesco: Salvatore Di Giacomo

Lino Musella: Benedetto Croce

Paolo Pierobon: Gabriele D'Annunzio

Giovanni Mauriello: Mirone

Chiara Baffi: "Nennella" De Filippo

Roberto Caccioppoli: "Mimì" Scarpetta

Lucrezia Guidone: Irma Gramatica

Elena Ghiaurov: Lyda Borelli

Iaia Forte: Rosa Gagliardi

Greta Esposito: Maria Scarpetta

Alessandro Manna: Eduardo De Filippo

Marzia Onorato: Titina De Filippo

Salvatore Battista: Peppino De Filippo

Paolo Aguzzi: Ernesto Murolo

Tommaso Bianco: zio Pasqualino

Benedetto Casillo: Luca

Giuseppe Brunetti: Libero Bovio

Nello Mascia: giudice istruttore

Gigio Morra: presidente deltribunale


TRAMA: Agli inizi del Novecento, l'attore e commediografo Eduardo Scarpetta è considerato il re dei comici napoletani. Padre naturale di Titina, Eduardo e Peppino De Filippo, dedicando tutta la sua vita al teatro, realizzò opere che diventarono dei classici intramontabili. Ottenne straordinari successi e fu anche protagonista di una celebre disputa con Gabriele D'Annunzio per ‘Il figlio di Iorio’, parodia dell'opera del Vate, che sarà oggetto di un memorabile processo.


Voto 8

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Siamo da poco nel XX secolo, quando, nella Napoli della Belle Époque, splendono i teatri e il cinematografo. Il grande attore comico Eduardo Scarpetta è il re del botteghino. Il successo lo ha reso un uomo ricchissimo: di umili origini si è affermato grazie alle sue commedie e alla maschera di Felice Sciosciammocca che nel cuore del pubblico napoletano ha soppiantato addirittura perfino quella di Pulcinella, immagine intoccabile e intramontabile della tradizione partenopea. Il teatro è la sua vita e attorno al teatro gravita anche tutto il suo complesso nucleo familiare, composto da mogli, compagne, amanti, figli legittimi e illegittimi, tra cui Titina, Eduardo e Peppino De Filippo. Al culmine del successo Scarpetta si concede quello che si rivelerà un pericoloso azzardo. Decide di realizzare la parodia de La figlia di Iorio, tragedia del più grande poeta italiano di quel tempo, Gabriele D’Annunzio. La sera del debutto in teatro si scatena un putiferio: la commedia viene interrotta tra urla, fischi e improperi sollevati dai poeti e drammaturghi della nuova generazione che gridano allo scandalo e Scarpetta finisce con l’essere denunciato per plagio dallo stesso D’Annunzio. Inizia, così, la prima storica causa sul diritto d’autore in Italia. Gli anni del processo saranno logoranti per lui e per tutta la famiglia tanto che il delicato equilibrio che la teneva insieme pare sul punto di dissolversi. Tutto nella vita di Scarpetta sembra andare in frantumi, ma con un numero da grande attore saprà sfidare il destino che lo voleva perduto e vincerà la sua ultima partita.

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In effetti, gli avvenimenti che riguardano la travagliata storia del procedimento giudiziario a carico dell’attore potrebbero sembrare, ad un primo acchito, un fatto secondario ma invece, dato che impegnò notevolmente le energie mentali e costò anche in termini di distrazione dalla sua attività, gli portò molte preoccupazioni e, perché no, qualche preoccupazione, anche se non lo dette mai a vedere, dimostrando sicurezza e poco timore delle eventuali conseguenze negative dovute ad una possibile condanna. Quindi non semplicemente un film biografico sulla sua vita artistica e privata, perché la seconda metà del racconto quella denuncia e il relativo processo, percorso che durò parecchio tempo, condizionano pesantemente il fluire della trama e diventa anche il grande e trionfale finale.

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Questo bellissimo film rientra nel filone del bravissimo Mario Martone che parla di paternità e “filialità” come in altre sue importanti opere: L’amore molesto, Il giovane favoloso e, nell’ambito di quelle del grande Eduardo, Il sindaco del rione Sanità, segno, quest’ultimo, di quanto il regista sia vicino al drammaturgo. In ognuno di questi film, predomina un rapporto tra genitori e figli alquanto non facile in cui sembra che i secondi siano fortemente condizionati dai primi, quasi succubi, ma nello stesso tempo quanto ne siano anche dipendenti e innamorati. Un padre, soprattutto in questo caso, di fortissima personalità, un capostipite ferocemente padrone della famiglia e del destino di ognuno dei componenti: è uno scorrere di ragazze, giovanotti e bimbi di ogni età avuti dalla moglie Rosa De Filippo e dalla nipote di questa, la coinquilina Luisa, da cui ebbe i discendenti più famosi. Titina, Eduardo e Peppino però non ebbero mai il riconoscimento di Scarpetta e sui loro documenti risultarono sempre figli di NN. Lo chiamavano “zio” anche se ben presto intuirono il vero tipo di rapporto che esisteva con quell’uomo così presente nella loro casa. Tutti sapevano e tutti accettavano lo stato delle cose, guardando quell’uomo alla pari di sudditi che rispettano tutte le volontà del re della famiglia e della casa. Una grande personalità, si diceva, un Padre-Caos (come definito dallo stesso regista), un fortissimo carattere indomabile e caratterizzato dalla piena consapevolezza del suo talento e del successo della sua arte su tutta la popolazione circostante, compreso le grandi affermazioni nei maggiori teatri anche di Roma. Il suo personaggio, forse più celebre, FeliceSciosciammocca, protagonista dell’irresistibile Miseria e nobiltà, era la più famosa e celebrata figura creata dal suo ingegno di grande comico e scrittore di commedie popolari, applaudito in ogni teatro e in ogni città dove la numerosa compagnia metteva piede. Era un continuo movimento di gente che preparava il palcoscenico, di sarte, di familiari tutti impegnati a recitare e a imparare sin dalla più tenera età l’arte del teatro, sotto lo sguardo severo e a tratti feroce del capocomico, che pretendeva sempre il massimo da tutti. Ma quando decise di alzare la mira su un’opera del Vate, del poeta del periodo fascista, Gabriele D’Annunzio, per farne una parodia – termine che lui ebbe modo di far continuamente presente affinché non ci fossero dubbi a proposito di un eventuale fraintendimento a scopo di plagio – del celebre La figlia di Iorio, tanto da denominarla Il figlio di Iorio, adattandola con personaggi e ambientazione prettamente popolar-napoletana, si trovò in difficoltà. Ma il beneplacito del poeta non gli valse la salvaguardia, dopo che questi, adottando un comportamento alquanto dubbio durante il loro incontro, lo denunciò ugualmente per plagio. L’indignazione e la sorpresa di EduardoScarpetta furono enormi anche perché nel debutto di quell’opera la claque preparata dai fidi di D’Annunzio fece clamorosamente fallire l’esibizione. Solo l’aiuto di Benedetto Croce servì a prepararlo per un monologo prima della sentenza del tribunale, in cui si esibì in un discorso-esposizione a mo’ di arringa con la sua mostruosa bravura, convincendo giudice e pubblico delirante della genuinità della sua ultima opera. Un vero e proprio coup de théâtre.

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Monologo che è anche per il superlativo Toni Servillo il pezzo forte del film (straordinario in tutto il film, del resto), una esibizione che serve da culmine dell’intera opera in cui l’attore dà una ulteriore prova delle affinità elettive tra lui e il regista. L’ennesima collaborazione che qui sfocia in un film potente e senza sosta, tra il brulicare di personaggi, di figli, di parti, di pranzi meridionali con tanto di sfogliatelle e babà, di preparativi frenetici in teatro, di litigi e di imposizioni ai figli di quello che riguardava il loro futuro di attori. Sino al doloroso tradimento del suo braccio destro sul palcoscenico, quando Gennaro Pantalena lo abbandona, nel periodo più difficile, per andare a recitare con un’altra compagnia. Un film possente, girato con grande cura in ambientazioni e costumi, curato in ogni particolare in maniera maniacale e recitato da ottimi attori e attrici, con una regia esemplare che, essendo di Mario Martone, non meraviglia più di tanto. Toni Servillo è magnifico ed è praticamente un credibile Scarpetta in ogni momento e atteggiamento, coadiuvato da attrici bravissime, con un commento musicale che sarebbe riduttivo chiamarlo così: un continuo e mai invadente tappeto di note costituito da un trio insuperabile: le più belle canzoni tradizionali napoletane, la voce straordinaria di Sergio Bruni (che dedicò i suoi ultimi anni di vita a questo genere di musica) e la sua chitarra. Sublime, come un ulteriore magniloquente protagonista, come un altro significativo componente della scenografia. E sin dall’inizio, tra le quinte dei palchi, dietro qualche porta ad ascoltare, seminascosto tra i familiari, si affaccia sempre il viso di un bambino che ha le future fattezze del grande Eduardo. Che ascolta tutto, assimila ogni cosa, assorbe i segreti della vita e del teatro, ricopia con estrema diligenza – come da ordini ricevuti dallo zio-padre – tutti i copioni, imparando a scrivere meglio ma soprattutto a scrivere quelle commedie che lui porterà a livelli assoluti con le sue opere che restano un repertorio tra i più importanti del Novecento non solo italiano.

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Come detto all’inizio, non è un film isolato, fa parte di un discorso iniziato con altri film diversi anni fa, come un arcipelago (parole di Mario Martone) che comprende le sue opere simili. Come egli specifica, “In Capri-Revolution, che è ambientato negli stessi anni, a separare la comunità di Seybu a Capri e la tribù di Scarpetta a Napoli è solo una striscia di mare. In questo arcipelago, che è il complesso del mio lavoro, si può immaginare quest’ultimo film come un’isola che si collega naturalmente alle altre.” Risulta evidente anche come il regista ci parli di problematiche e tensioni che hanno a che fare con la nostra contemporaneità. Tutto è rapportabile ai giorni nostri e alla vita di oggi. Nel frattempo, si può anche osservare come la bella sceneggiatura (scritta a quattro mani con Ippolita Di Majo) è sicuramente stata pensata come un copione teatrale e viene da pensare che alla base c’è una forma di commedia sulla falsariga dei testi di Eduardo De Filippo, con tutti gli elementi di dolore e di sofferenza che innervano il tessuto brillante. Non dimentichiamo che Eduardo è da considerare un drammaturgo che scriveva sotto forma di commedie brillanti. L’idea della messa in scena parte proprio da questo: lo stile e il ritmo impresso alla recitazione, l’impostazione scenografica, i costumi, tutti gli aspetti del film sono finalizzati a questa fusione tra vita e arte. Persino nel film ci sono momenti in cui si potrebbe far confusione tra scene di palcoscenico e di vita reale. Inoltre, da notare l’origine del titolo del film perché Qui rido io è la scritta che compare sulla bella casa grande che Scarpetta comprò per ospitare tutti i suoi familiari diretti e indiretti e che riappare al termine del film quando i titoli di coda mostrano anche la foto di Titina, Eduardo e Peppino, dandone forse un significato di continuità, ma è anche l’emblema dell’esibizione del monologo in tribunale, come per dire che ride bene chi ride ultimo. Adesso, qui, proprio ora, rido io, solo io.

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2021 - Festival di Venezia

Premio Pasinetti al miglior attore per Toni Servillo

2022 - David di Donatello

Miglior attore non protagonista per Eduardo Scarpetta

Miglior costumista

Candidatura miglior film

Candidatura miglior regista

Candidatura migliore sceneggiatura originale

Candidatura miglior produttore

Candidatura migliore attrice protagonista per Maria Nazionale

Candidatura miglior attore protagonista per Toni Servillo

Candidatura migliore attrice non protagonista per Cristiana Dell'Anna

Candidatura migliore fotografia

Candidatura miglior montaggio

Candidatura migliore scenografia

Candidatura miglior trucco

Candidatura miglior suono


 
 
 

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