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Richard Jewell (2019)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 21 gen 2020
  • Tempo di lettura: 9 min

Aggiornamento: 28 mar

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Richard Jewell

USA 2019 dramma biografico 2h11’


Regia: Clint Eastwood

Soggetto: Marie Brenner (articolo)

Sceneggiatura: Billy Ray

Fotografia: Yves Bélanger

Montaggio: Joel Cox

Musiche: Arturo Sandoval

Scenografia: Kevin Ishioka

Costumi: Deborah Hopper


Paul Walter Hauser: Richard Jewell

Sam Rockwell: Watson Bryant

Kathy Bates: Barbara "Bobi" Jewell

Jon Hamm: Tom Shaw

Olivia Wilde: Kathy Scruggs

Nina Arianda: Nadya Light


TRAMA: Durante le Olimpiadi di Atlanta del 1996 una guardia di sicurezza riuscì a evitare una strage dando l'allarme bomba. Eroe per due giorni, venne accusato di essere il vero colpevole dell’attentato, finendo al centro delle indagini dell’FBI e di una vera e propria ossessione mediatica.


Voto 8

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I REALI FATTI DI CRONACA

Il 27 luglio 1996, una bomba rudimentale fatta in casa e lasciata in uno zaino esplose tra la folla di spettatori di un concerto musicale nel Centennial Olympic Park come evento collaterale alle Olimpiadi di Atlanta. L'esplosione causata dal dispositivo uccise due persone (di cui una in modo indiretto, per un infarto) e ferì altre 111. I funzionari delle forze dell'ordine che indagarono sull'attacco inizialmente considerarono i gruppi estremisti di destra americani come i sospetti più probabili, piuttosto che gruppi terroristici internazionali. Il Federal Bureau of Investigation (FBI), esaminato il caso, rivolse subito la sua attenzione verso Richard Jewell, la guardia di sicurezza che aveva originariamente avvisato la polizia della presenza dello zaino prima che esplodesse. Sebbene l'FBI non avesse prove che collegassero Jewell al crimine, lo sospettò anche perché lui si adattava a uno dei potenziali profili di personalità che aveva redatto. Il Bureau sottopose Jewell a ore di intense domande, che non portarono a nulla. Frustrato dalla mancanza di progressi, l'FBI tentò di fare pressione su giovanotto facendo trapelare alla stampa il fatto che fosse un sospettato e molto presto si sviluppò un circo mediatico attorno al povero Jewell. Egli si rifiutò sempre di aver commesso l’attentato e col tempo l'FBI si rese conto di fosse innocente.

Infatti, nel 1998, Eric Rudolph, un ardente oppositore dell'aborto, fu identificato come sospetto nel bombardamento di una clinica per aborti a Birmingham, in Alabama, e più tardi fu accusato dell’attentato del Centennial Olympic Park e di quello 1997 di una discoteca gay e una clinica per aborti ad Atlanta. Il 31 maggio 2003, dopo una caccia all'uomo durata più di cinque anni, Rudolph, che era scomparso sui monti Appalachi, fu arrestato dalla polizia nella Carolina del Nord. L’uomo confessò tutti e quattro i bombardamenti e fu condannato a diversi termini di ergastolo nel 2005.

(Fonte: Enciclopedia Britannica)

Nel decimo anniversario dell'attacco, fu nuovamente annunciato come un eroe dal governatore della Georgia, Sonny Perdue.


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IL FILM

No, non sono d’accordo con la quasi totalità della critica ufficiale e dei cinefili quando scrivono che Clint Eastwood torna ancora una volta a parlare del suo personaggio preferito negli ultimi anni, “l’eroe”, cioè di una persona comune che assurge alla figura epica e coraggiosa che compie un atto memorabile. In realtà Richard Jewell era un uomo insignificante e ciò che gli capitò fu che, nell’ambito delle funzioni che gli toccavano in qualità di addetto alla sicurezza durante le celebrazioni delle Olimpiadi di Atlanta del 1996, scoprì casualmente uno zaino abbandonato in mezzo alla folla del parco in cui si svolgeva un concerto, si insospettì e chiamò, come suo dovere, le forze dell’ordine, evitando così una sicura strage. Un eroe per caso? Forse, ma sicuramente senza volerlo e senza pensarci, e ce ne rendiamo conto anche noi una volta conosciuto il carattere di quest’uomo candido e perfino ingenuo che certamente non era un impavido ma piuttosto una persona molto ligia ai suoi doveri, che sentiva intimamente come compito e passione della sua vita quello di far osservare pedissequamente le leggi e i regolamenti in cui credeva ciecamente, motivo per cui lo prendevano in giro e si inimicava i superiori infastiditi per la sua rigidità quasi infantile. Così come ci dimostra la eloquente ed essenziale prima sequenza che Clint ci offre come introduzione, sia al film che al personaggio. Si affacciano subito i due mondi opposti della vita di Jewell: quello interiore, fatto di applicazione delle regole e dei suoi compiti di guardiano, e quello del mondo esterno a lui, abitato da gente che ama trasgredire bellamente le regole dell’ambiente circostante, che sia un college universitario o un grande studio legale o un evento musicale. Richard Jewell è un novello Candide, un ragazzone obeso e ingenuo che guarda il mondo dal suo oblò, alla mano, affabile con tutti, che sopporta pazientemente e in silenzio gli sfottò dai tempi della scuola e che, per screditarlo ulteriormente, l’FBI accusa (come se fosse un’infamia) di essere gay. Un giovanottone tranquillo, che vive con la mamma, che fa vita riservata e ama sognare di diventare un giorno un poliziotto vero e che colleziona armi (un vero arsenale in verità) perché “qui siamo in Georgia!” Richard Jewell è un Raymond Babbitt (ricordate Rain Man?) trapiantato in quel contesto, similmente sincero e dall’animo semplice, che si trova sì appagato dalla improvvisa notorietà - sempre in funzione per diventare un vero poliziotto – ma anche suo malgrado al centro di un ciclone in cui si accorge di non trovarsi a suo agio. La dimostrazione è che non si rende neppure conto di essere diventato il principale sospettato e di rischiare la condanna a morte per l’accusa che gli viene imputata. È una conseguenza che il suo modo di vivere e pensare non riesce a concepire, simile a un brutto incubo destinato a finire, proprio come il brutale sogno che lo assale una notte e che lo fa risvegliare spaventato. È forse l’unico momento in cui riesce a realizzare la cattiveria del mondo, quello esteriore appunto.


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Eroe ci diventa davvero, ma per comodità di linguaggio, per brevità e soprattutto perché artatamente costruito dai media locali e poi nazionali: quanta audience e quanti lettori incrementa annunciare un grave attentato dinamitardo evitato per la diligenza di un oscuro e sconosciuto vigilante? Maggiormente quando a pubblicare la notizia è una “facile” e prestante giornalista, Kathy Scruggs, che, a corto da tempo di notizie utili per scrivere un articolo decente, riesce ad estorcere ad un detective dell’FBI una notizia eclatante, con il metodo più antico del mondo, quello sessuale: quindi, il maggior sospettato delle indagini è lo stesso acclamato “eroe” alla ricerca di un gesto che gli servirebbe per farsi notare e realizzare così il sogno di vestire una divisa come premio. Clint ci dice e ci dimostra come oggi, come ieri, i media sanno costruire dal nulla figure mitologiche e news per agganciare lettori e spettatori, che facciano scalpore, che aumentino share e tirature. I giornalisti dipinti come mercenari senza scrupoli, incuranti del malefico potere di distruggere la vita ordinaria di gente innocente e quella di una tranquilla famiglia che abita in periferia. I media hanno il potere di costruire in un istante l’eroe ma lo possono distruggere ancora più velocemente, aizzando per giunta l’opinione pubblica contro l’impotente malcapitato. Richard Jewell e la sua mamma Bobi sono in realtà altre due vittime che si aggiungono a quelle del Centennial Park. Ma bastano quelle poche lacrime della giornalista infamante alla conferenza stampa finale della mamma Bobi? Non credo! (a proposito, le ho trovate un po’ forzate e posticce quelle lacrime, pur comprendendo gli intenti del regista, ma troppo insincere).


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Non siamo certamente ai livelli massimi di Eastwood (Gli spietati, Gran Torino, I ponti di Madison County, Million Dollar Baby, Mystic River) ma di sicuro il film è tra i migliori degli ultimi anni. È un film costruito e girato molto bene, con la solita maestria che lo contraddistingue, senza mai trascurare alcun particolare importante. Anzi ho avuto l’impressione che lo abbiamo ritrovato più centrato del solito, con un soggetto, quello di Billy Ray, che guarda più all’uomo qualunque che si ritrova al centro dell’attenzione generale che al gesto clamoroso dell’immancabile eroe, più all’aspetto psicologico e ambientale che all’evento centrale della trama. Dando il giusto risalto a due momenti importanti quando il film sta prendendo la via della conclusione: il discorso della mamma Bobi nella conferenza in cui, nella commozione sua e generale, chiede alla stampa di fare un passo indietro e di essere più discreta e meno invasiva nella vita dei cittadini, di riabilitare il nome della famiglia e del figlio, martire innocente della corrida informativa e dar evidenza maggiore alla notizia dell’innocenza di Richard; e poi il colpo d’orgoglio di quest’ultimo in occasione dell’interrogatorio decisivo nella sede dell’FBI, quando prendendo coraggio e disubbidendo ai consigli dell’avvocato chiede in maniera determinata quali siano in realtà le prove in loro possesso, perché altrimenti vuol dire che è arrivato il momento di chiudere le indagini su di lui e di lasciarlo in pace. Un sussulto di dignità che rappresenta un momento di maturazione dell’uomo che era rimasto nascosto fin quel momento e che viene fuori nell’istante giusto, nel posto giusto e nel modo giusto. Fino a strappare l’ammirazione e il sorriso soddisfatto del suo avvocato Watson Bryant. Da aggiungere a queste due circostanze apicali soltanto la bella scena finale in cui finalmente Richard si gusta con calma un sostanzioso hamburger e mentre si rilassa, tra un boccone e l’altro, tra un sospiro di sollievo e l’altro, trattiene a fatica lacrime liberatorie: tutta la sua debolezza, che è diventata forza, si riaffaccia per un istante, ma solo perché si sente più leggero.


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Paul Walter Hauser ha un fisico particolare per un 34enne. Essendo così corpulento, lui sa sfruttare al meglio il corpo che ha avuto dalla natura ed è sicuramente cosciente che pur essendo un buonissimo attore potrà avere solo alcuni tipi di ruoli. E se la cava molto egregiamente: lo si era ben notato nel successo di Tonya (recensione), dove il personaggio dell’incapace sicario che vantava relazioni con i servizi segreti e un training nello spionaggio gli calzava a pennello e sapeva aumentare la dose di assurdità di tutta la strana storia della pattinatrice. Un personaggio così bislacco che faceva a gara con l’altro personaggio fuori regola, la mamma della protagonista impersonato da Allison Janney. Chi lo aveva notato non lo poteva sicuramente dimenticare e adesso rieccolo qui, in un ruolo congeniale in cui è perfetto, giocando non solo con il suo corpo ma anche con gli sguardi e le vaghe espressioni da finto tonto, da vero e genuino Candide. È l’Omino Michelin (come lo chiamavano a scuola) che salva la gente dell’America, accudito da una mamma troppo protettiva, sorvegliato da un avvocato di seconda categoria che va in giro in bermuda e che sposa la sua premurosa e paziente segretaria, un’immigrata latina, e per amico una sorta di dropout che viene scambiato dall’ottuso detective come il suo amante. Davvero molto bravo: un personaggio rassomigliante al vero Richard Jewell e perfettamente portato sullo schermo. E che vedremo ancora perché sarebbe uno spreco non utilizzarlo adeguatamente in altre giuste occasioni.

Esemplare come sempre la prova dell’espertissima Kathy Bates, unica candidatura agli Oscar e ai Golden Globe: lei sa distinguersi in ogni occasione e la conosciamo bene, ma per arrivare alle due nominations deve aver lavorato molto meglio di ciò che ci appare una volta doppiata e non vedo l’ora di poterla ammirare in quella lingua originale che le sarà valso l’apprezzamento dei votanti ai premi.


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Sam Rockwell è l’avvocato Watson Bryant, una falsa mezza tacca, un avvocato ottimamente preparato che preferiva navigare a vista nella vita e nella professione, ed invece quando il protagonista si affida ciecamente a lui ha l’occasione della vita per una vera svolta. Bravo, simpatico ed efficace. Dopo l’Oscar di Ebbing lo cercano tutti, eppure era bravo anche prima.


Jon Hamm è in uno dei suoi tipici ruoli da caratterista e sa bene cosa fare: risulterà, per via del suo personaggio, un po’ antipatico e ciò è fuori dai suoi schemi, essendo normalmente nei panni di persone simpatiche e affidabili. Il suo poliziotto con pochi scrupoli e per giunta con la gola profonda non è solitamente nel suo repertorio. Comunque bravissimo.


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Ed infine una parola diversa per la bella e brava Olivia Wilde, nel ruolo della giornalista senza regole deontologiche Kathy Scruggs: è un’arrivista come poche e quando si tratta di arrivare per prima alle notizie clamorose non esita a mettere a disposizione il suo corpo, usato come merce di scambio. A quanto pare il film ha ricevuto negli USA accuse proprio per come Clint abbia calcato la mano su questo aspetto e la stessa attrice, trovatasi nel bel mezzo delle polemiche, ha preso le classiche distanze dal film e si è dissociata dal regista. Uh, lo immagino io, Clint colto dall’imbarazzo! lui che, l’estate scorsa sul set del film mentre imperversavano gli incendi californiani intorno agli studios e sollecitato dai pompieri a sgombrare, ha risposto placidamente che non ci pensava minimamente dato che “c’era tanto lavoro da fare”.


Paul Walter Hauser e Clint
Paul Walter Hauser e Clint

E veniamo al quasi novantenne Clint Eastwood. La sua regia è esemplare nell’affrontare ancora una volta un personaggio comune che dopo aver compiuto ciò che crede doveroso si trova a che fare incredibilmente con la (in)giustizia americana, dando la giusta attenzione sua e stimolando la nostra alla umanità comune che gira per le strade, gente che non noteremmo mai. Ce la racconta - sempre con un sottofondo musicale come lui preferisce, con dolci note di pianoforte che fanno da contrappeso alla drammaticità dei momenti - con inaspettata leggerezza in alcuni frangenti, con la sua ben conosciuta tensione in altri e con commozione nei momenti appropriati. Come nel finale, in cui le lacrime trattenute del protagonista sono anche le nostre malinconiche riflessioni sulla vita che non va sempre per il verso giusto.


Clint ormai vecchio e magro e Paul Walter Hauser rotondo e pacifico dagli occhietti furbi che ha già imparato bene il mestiere: sono una coppia perfetta, al contrario di quel mondo che lui ci racconta da decenni e con 41 regie.


Riconoscimenti

2020 - Premi Oscar

Candidatura per la migliore attrice non protagonista a Kathy Bates

2020 - Golden Globe

Candidatura per la miglior attrice non protagonista in un film a Kathy Bates



 
 
 

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