top of page

Titolo grande

Avenir Light una delle font preferite dai designer. Facile da leggere, viene utilizzata per titoli e paragrafi.

Ride (2018)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 20 set 2019
  • Tempo di lettura: 5 min

ree

Ride

Italia 2018, drammatico, 1h35'


Regia: Valerio Mastandrea

Sceneggiatura: Enrico Audenino, Valerio Mastandrea

Fotografia: Andrea Fastella

Montaggio: Mauro Bonanni

Scenografia: Marta Maffucci

Costumi: Olivia Bellini


Chiara Martegiani: Carolina

Renato Carpentieri: Cesare

Stefano Dionisi: Nicola

Arturo Marchetti: Bruno

Milena Vukotic: Ada

Mattia Stramazzi: Ciccio

Walter Toschi: Ictus

Giancarlo Porcacchia: Morbido

Silvia Gallerano: Sonia


TRAMA: Una domenica di maggio, a casa di Carolina si contano le ore. Ne mancano solo 24 al giorno in cui bisognerà aderire pubblicamente alla commozione collettiva che ha travolto una piccola comunità sul mare, a pochi chilometri dalla capitale. Se n'è andato Mauro Secondari, un giovane operaio caduto nella fabbrica in cui, da quelle parti, hanno transitato almeno tre generazioni. E da sette giorni Carolina è rimasta sola, con un figlio di dieci anni e con la sua fatica immensa, a sprofondare nel dolore per la perdita dell'amore della sua vita. Manca un giorno solo al funerale dove tutti si aspetteranno una giovane vedova devastata che sviene ogni due minuti. Come fare a non deludere tutta quella gente? E soprattutto come fare a non deludere se stessa?


Voto 7


ree

Ero curioso di sapere come avrebbe esordito Valerio Mastandrea dietro la macchina da presa: poteva essere una piccola opera scherzosa, così come fa venire in mente il suo modo di fare ironico e quieto, poteva essere un lavoro impegnato nel campo politico oppure una semplice commedia. È andata a finire che in fondo ha scelto bene un dramma e il risultato finale è stato, a mio parere, molto appagante. Il mondo operaio, che lascia quotidianamente cadaveri a terra; le famiglie che rimangono sole, con vedove e orfani; i drammi familiari intimi, che portano i figli ad accettare il lavoro dei padri operai, altrimenti vanno via e non si sa bene che strada prendono; il dolore che devasta gli animi e i cuori di “chi resta”, come dice la dedica finale del film.


ree

Il personaggio discusso non c’è, non si vede, è appena morto da una settimana, in fabbrica, ed è arrivato il giorno dei funerali. Mauro si vedrà solo alla fine, nella immaginazione della vedova Carolina, mentre mangia un piatto di spaghetti prima di andare via, per l’ultima volta. Lui non c’è più ma la vedova e il figlio decenne Bruno come si devono vestire il giorno delle esequie? Di nero come prevedono le consuetudini? Devono mostrarsi prostrati dal dolore? E se non ce li hanno gli abiti scuri? Per Bruno basterà una tuta nera? Tutti coloro che parteciperanno ai funerali sicuramente si aspettano una vedova distrutta ed invece… Carolina è di ghiaccio ma sorridente, non piange, non piange mai, non le scappa una, dicesi, una lacrima. Anzi è più facile che sorrida, perché le piace ripensare al suo amato Mauro ascoltando la sua musica preferita e di conseguenza va a finire che lei canti i brani prediletti e che addirittura balli, come se lui fosse presente. Ma lacrime no.


ree

Il film si dipana in tre ambienti, uniti da un filo comune: la morte sul lavoro di Mauro.

La casa, dove abitano. Amici e vicini si avvicendano, ma uno alla volta, per salutare la donna, per controllare se va tutto bene. viene la vicina che vuole truccarla e la incita a non lasciarsi andare, viene una coppia di amici ma parlano della fine del loro rapporto, viene una ragazza, da lontano, da Genova, sconosciuta, che si dichiara il primo amore di Mauro, che non poteva mancare. Lei ascolta tutti, paziente e sorridente, spesso meravigliata, con la bocca spesso socchiusa per la sorpresa che prova vedendo e ascoltando queste persone. Li guarda dritto negli occhi, per capire, per ringraziare, ma non sembra contenta, è più sconcertata che altro. Tutti hanno un ricordo, un particolare da porgere alla donna come un regalo d’affetto e lei accetta tutto da tutti. Perfino la maglia di terzino di quando Mauro giocava a calcio.

La terrazza della casa del miglior amico del bimbo Bruno, dove lui si prepara all’arrivo delle emittenti televisive che hanno annunciato il loro intervento al funerale ed è convinto che i cronisti lo intervisteranno per sapere come reagisce un ragazzino rimasto violentemente orfano. Si prepara coscienziosamente ma il suo pensiero va spesso alla mamma che non piange.

La casetta sulla spiaggia dove vive solitario il papà operaio in pensione, luogo di riunione tra vecchi lavoratori che discutono e si organizzano anch’essi per la partecipazione in massa dei dipendenti della fabbrica al funerale. Il papà Cesare è un uomo taciturno che sta soffrendo sia per il figlio morto in quel capannone dove ha duramente lavorato anche lui, sia per l’altro figlio, Nicola, che fa una vita da fuorilegge e che lui ha voluto dimenticare. È in quel luogo che avverrà il feroce “regolamento dei conti” tra padre e figlio transfuga, con rinfacci aspri sul loro rapporto, sul bene mancato, sul sano e giusto rapporto mai instaurato. Verranno fuori vecchi rancori mai sanati e si lasceranno male, così come prima.


ree

Valerio Mastandrea passa da un luogo all’altro, facendoci studiare il passare di quelle ore tremende nei tra ambienti e delle tre persone coinvolte, con passo studiato e senza sospensioni, chiudendo volta per volta i piccoli episodi, mostrando pian piano il lato psicologico dei tre familiari. Analisi che il regista sa compiere con pazienza, dedicando ad ognuno il tempo giusto per spiegarcelo, soprattutto quello della donna. È su di lei che punta molto l’obiettivo della camera da presa: spesso di fronte, il primo piano di Carolina esprime tutto ciò che le passa per la mente, specialmente la sua difficoltà a camminare tra quello che prova dentro e quello che gli altri si attendono da lei. Ma lei, viene ribadito, non arriva mai al lasciarsi andare, allo sciogliersi in lacrime. Il suo amore verso il marito non lo dimostrerà mai con il pianto ma con il ricordo piacevole di un sincero affetto. Solo la pioggia allegorica dal soffitto potrà darci l’idea della commozione fluviale che arriva soltanto nelle ultime ore della sera.


ree

È una regia tranquilla, a volte semplice e lineare, senza grandi guizzi, ma dignitosa, studiata e precisa: segue l’attrice che sembra non voler cedere alle pressioni degli altri, piazza un buonissimo commento musicale e anche alcuni brani trascinanti. Con in più un piccolissimo tocco alla Ken Loach allorquando tocca i seri problemi del lavoro che lascia i morti a terra e dove invece di morire i vecchi tocca ai figli. Toccante e proletaria, mi si passi questo termine, la sequenza dei finti funerali davanti alla fabbrica con la musica di Arthur Lee, che con il suo Everybody’s Gotta Live sembra l’apoteosi dei diritti di ogni lavoratore. Come pure è commovente lo sfilare dei titoli di coda al suono della canzone preferita dalla coppia, E sei così bella cantata dal sempre compianto Ivan Graziani. Carolina non piangerà veramente mai, lei al massimo sorride, come l’accusa il figlio, anzi ride. Ride, Carolina, ride, per sopravvivere.


Carolina? Almeno per me Chiara Martegiani, compagna di Mastandrea nella vita, è stata una bella sorpresa. Bella come un cerbiatto e cambiata nell’aspetto rispetto alla vita privata, sembra un maschietto con la dolcezza sperduta, pronta al sorriso benevolo e pulita nella interpretazione, senza alcun orpello recitativo, una ragazza che si dovrebbe valorizzare maggiormente con altri film di primo piano. E se di Renato Carpentieri è superfluo scrivere, tanto è bravo e all’apice della sua carriera lunghissima, è d’obbligo parlare invece di Stefano Dionisi e farsi una domanda: perché lo si vede così poco? È un attore di ottimo livello ma partecipa solo a film di poca visibilità e successo e questo film, che entra di diritto nella lunga lista dei film belli e invisibili, ne è una ulteriore prova.

L’esordio di Valerio Mastandrea è ottimamente riuscito, forse anche merito del fatto che lui ha scelto un argomento che sentiva suo e lo ha interpretato al meglio possibile. Buonissimo film.



 
 
 

Commenti


Il Cinema secondo me,

michemar

cinefilo da bambino

bottom of page