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Riders of Justice (2020)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 28 dic 2021
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 12 mag 2023


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Riders of Justice

(Retfærdighedens ryttere) Danimarca/Svezia/Finlandia 2020 commedia/thriller 1h56’


Regia: Anders Thomas Jensen

Sceneggiatura: Anders Thomas Jensen

Fotografia: Kasper Tuxen

Montaggio: Anders Albjerg Kristiansen, Nicolaj Monberg

Musiche: Jeppe Kaas

Scenografia: Nikolaj Danielsen

Costumi: Vibe Knoblauch Hededam


Mads Mikkelsen: Markus

Nikolaj Lie Kaas: Otto

Andrea Heick Gadeberg: Mathilde

Lars Brygmann: Lennart

Nicolas Bro: Emmenthaler

Gustav Lindh: Bodashka

Roland Møller: Kurt

Albert Rudbeck Lindhardt: Sirius

Anne Birgitte Lind: Emma

Omar Shargawi: Palle Olesen / AharonNahas Shadid

Jacob Lohmann: Kenneth

Henrik Noël Olesens: Noah

Gustav Dyekjær Giese: Adrian


TRAMA: Markus, militare in prima linea, è costretto a far ritorno a casa dalla figlia adolescente Mathilde quando sua moglie muore in un tragico incidente ferroviario. Tutto sembra andare per il verso sbagliato fino a quando in casa dell'uomo non si presenta Otto, un genio della matematica, con i suoi due eccentrici colleghi Lennart ed Emmenthaler. Otto era uno dei passeggeri del treno ed è convinto che dietro all'incidente vi sia qualcosa di poco chiaro.


Voto 7

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Siamo ad un crocevia. Una confluenza di generi diversi: c’è il thriller, il revenge, il dramma (umano, quello di una famiglia che perde la mamma), c’è il demenziale, il grottesco, il comico, c’è persino l’azione, perché quando un militare che è di stanza nel deserto mediorientale, a casa, quando si muove con una mitragliatrice in mano ma anche a mani nude, è un’arma letale e colpisce prima di rendersene conto. E questo non basta. Vediamo inoltre, a prescindere dal militare scattante come una molla, evidentemente scosso sia dal lavoro che svolge che dalla ferale notizia che lo raggiunge al fronte, un matematico condizionato dalle statistiche che secondo lui spiegano tutti gli accadimenti umani in ogni angolo della terra (dagli incidenti alle azioni delle persone, compresa la perdita dell’uso del suo braccio destro), un hacker capace di entrare digitalmente in ogni dove, incuriosito dai fienili per via di un passato disagiato a causa di abusi proprio in quel tipo di locali, un grassone che suonava il corno nella banda giovanile ma ne fu escluso e rimase solitario, dedicandosi a entrare nella vita degli uomini tramite le intromissioni informatiche (telecamere delle strade, smartphone con relativi messaggi e chat, database di tutti i tipi), e anche un ragazzo, un migrante ucraino messo sulla strada della prostituzione. Escluso il primo, Markus, ammesso che lo si possa ritenere normale, gli unici due personaggi che possiamo giudicare umanamente accettabili sono sua figlia Mathilde, rimasta orfana della madre, e il suo ragazzo, un giovanotto intelligente e molto bravo in cucina, tanto da postare sui social le sue ricette.

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A questo quadro quasi complessivo manca solo la gang della criminalità della zona che non conosce il perdono e quando si scatena sono dolori per tutti, dato che sono armati fino ai denti e sono feroci. Nel panorama del film il cast, a questo punto, ha tutti i tasselli, manca solo la logicità del pensiero e dell’azione, sebbene paia che i personaggi di cui sopra si muovano spinti da dati incontrovertibili, almeno secondo i calcoli dello statistico e dell’hacker, convinti di essere sulla pista giusta: perché l’incidente ferroviario in cui ha perso la vita la signora non è ritenuto casuale ma organizzato e causato da personaggi loschi che dovevano far fuori un testimone scomodo ed il suo avvocato. Tutto sembra far combaciare i tasselli del puzzle che i due hanno costruito a tavolino e con qualche ricerca al computer ai limiti del lecito, a cavallo tra il legale e l’illegale. Difficile da dimostrare, ma secondo la loro logica molto sicuro. E siccome la polizia li ha ascoltati scetticamente e li ha ignorati, essi si sono rivolti all’interessato, l’esterrefatto militare Markus che è dovuto tornare di corsa dalla guerra. Da qui una serie di azioni punitive, fallimenti, morti e soprattutto la drammatica scoperta di un errore madornale: la statistica non si è rivelata esatta.

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Ed ora? Come si rimedia? No, ma non c’è tempo per rimediare perché la vendetta della vendetta arriva presto e fa molti danni, è lo scontro finale, come nel regolamento di conti in un western. Ma siccome questo è un film che vuole anche divertire, non è detto che muoia l’eroe (per giunta di guerra) e l’amicizia e la felicità devono per forza trionfare, dopo che sembrava che tutto il mondo crollasse addosso ai protagonisti. I personaggi sono tanti, gli attori non solo bravi ma anche molto simpatici: su tutti c’è Mads Mikkelsen, che sa entrare sempre nei suoi ruoli, poi è ammirevole la figlia Mathilde, la carinissima Andrea Heick Gadeberg, e come in tutti i film danesi che riscuotono successo ci sono due vecchie conoscenze affermatissime, come Nikolaj Lie Kaas e Roland Møller, il primo praticamente nascosto da un barbone nero e fluente, oltre agli occhiali da studioso.

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In buona sostanza, è un film drammatico? Certo! È anche un film comico? Di sicuro! Ha una bella dose di grottesco? Per forza! Ha anche i toni di un revenge-movie? Inevitabile! Se si mescolano, quindi, questi generi va a finire che non si riesce a inquadrare facilmente e spiegare in poche righe e con chiarezza il contenuto del film. E questo non vuol dire che il regista Anders Thomas Jensen non abbia le idee chiare, anzi lui ha volutamente creato una situazione ibrida per lasciarci sconcertati e interessati fino alla fine. Perché se non si giunge quasi ai titoli di coda, non si è certi di come vanno a finire le cose. Tanto che per presentare questo film, il bravo ideatore e regista ha dichiarato che i personaggi principali del film “sono quasi realistici a livello sociale (da notare il “quasi”): potresti immaginarteli in qualche spettacolo televisivo di una domenica sera. Gli altri, diciamo che sono normali, per me. Mi piacciono gli emarginati che sono violenti e in qualche modo brillanti e in un altro modo, non brillanti affatto. Poi, nel mezzo troviamo qualcuno che fa da collante. Se questo non funzionasse, il film cadrebbe a pezzi. Ti fanno credere appunto che tutti questi personaggi appartengano allo stesso film.

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Il film è un’opera che spiazza e disorienta, che presenta momenti per cui non si sa se bisogna ridere o piangere, ma solo al termine si capisce perché è stato campione di incassi in Danimarca, superando perfino l’interessantissimo e premiato Un altro giro, sempre con quell’attore formidabile che è Mads Mikkelsen.



 
 
 

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