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Ritorno alla vita (2015)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 26 mar 2021
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 15 giu

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Ritorno alla vita

(Every Thing Will Be Fine) Germania, Canada, Francia, Svezia, Norvegia 2015 dramma 1h58’


Regia: Wim Wenders

Sceneggiatura: Bjørn Olaf Johannessen

Fotografia: Benoît Debie

Montaggio: Toni Froschhammer

Musiche: Alexandre Desplat

Scenografia: Emmanuel Frechette

Costumi: Sophie Lefebvre


James Franco: Tomas Eldan

Charlotte Gainsbourg: Kate

Marie-Josée Croze: Ann

Rachel McAdams: Sara

Peter Stormare: editore

Patrick Bauchau: il padre

Robert Naylor: Christopher

Philippe Vanasse-Paquet: Christopher a 12 anni

Julia Sarah Stone: Mina

Lilah Fitzgerald: Mina da piccola


TRAMA: Tomas è uno scrittore in piena crisi creativa. La sua relazione con Sara, innamorata ma con aspettative diverse, gli crea dei problemi. Tutti i suoi rapporti sono problematici: quello con l'editrice Ann con cui va a vivere e sua figlia Mina; con il padre, scienziato in pensione; il tormento della scrittura, il successo critico e il riconoscimento intellettuale; il legame misterioso e indissolubile con l'illustratrice Kate, giovane madre di due bambini che vive negli spazi sconfinati del lago Ontario.


Voto 6

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Wim Wenders è uno dei più apprezzati registi in circolazione ma, e mi duole dirlo, ho amato solo pochissimi film della lunga filmografia (L’amico americano e quello che ritengo il suo migliore, per me un capolavoro: Paris, Texas), ricca di molti documentari di grande livello. Si è molto occupato delle distorsioni della vita e dei sentimenti tra persone complicate e appena dopo il meraviglioso documentario realizzato con la collaborazione di Juliano Ribeiro Salgado, figlio del grande fotografo Sebastião e a lui dedicato (Il sale della terra), realizza questo film per indagare nell’intimo di alcune persone coinvolte e stravolte da un avvenimento tragico, i rapporti che ne conseguono, il lascito negli anni seguenti al triste evento.


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L’incipit è memorabile e lascia immediatamente l’impressione di assistere ad un film che lascerà il segno, ma andando avanti ci si accorge come il regista sprechi la ricchezza iniziale e si disperda in un dramma che si riempie di momenti inutili e raggelanti. Sono forse i dettagli che lo tradiscono, sono una sceneggiatura inetta e un lungo trascinarsi senza puntare duramente al cuore della situazione creatasi. Fortunatamente i buchi sono colmati da una straordinaria fotografia, profonda e analitica, che guarda al microscopio i piccoli elementi che la macchina da presa inquadra con lentezza, cercando risposte nei particolari e ciò che circonda i dimessi personaggi. E tutto in 3D!


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Fa impressione vedere un attore come James Franco (abitualmente brillante ed esuberante, un contrappasso) nei panni di un giovane scrittore in netta difficoltà, che scrive delle proprie vicissitudini e che resta sconvolto, coinvolgendo gli altri che conoscerà, in seguito al tremendo episodio iniziale. La speranza è che pian piano le cose si sistemino nel futuro, come dice il titolo originale (con la prima parola stranamente divisa in due).

Ambientato sui pendii innevati del Canada e nelle splendide case e alcuni caffè di Montreal, immortalando la natura e il paesaggio urbano in scatti di fiamme arancioni, riscaldato da un fuoco "interiore", Wenders crea un mondo fiabesco, che sa di sogno.


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Wim Wenders spiega così il suo film e ci illumina su quello che intendeva esporci, provocandoci anche mille dubbi sulle tante domande che si pone: “Il film è incentrato sul senso di colpa ma non riguarda esplicitamente il protagonista Tomas ma in generale tutti coloro che svolgono un lavoro creativo, dagli scrittori ai registi. L'incidente iniziale dà lo spunto per soffermarsi a riflettere su varie questioni: è possibile usare un evento a cui si è assistito o di cui si è vittima per trasformarlo in un'opera d'arte, una storia, un film o un'immagine? Si possono integrare l'esperienza e la sofferenza degli altri nella propria arte? Il nostro Tomas diventa uno scrittore migliore dopo l'esperienza traumatica dell'incidente. L'evento segna la sua crescita personale ed egli lo sfrutta per il suo lavoro. Quali sono le nostre responsabilità quando sfruttiamo le esperienze altrui in questo modo? Si tratta di una domanda che raramente ci si pone nel mondo del cinema, nonostante sia fondamentale. Di chi è la colpa e la responsabilità di quanto accaduto? Nel caso dell'incidente, è solo di chi l'ha provocato? E quali sono le relazioni tra gli estranei che vengono connessi dal trauma? In che misura si influenzano a vicenda? Non si tratta di questioni che riguardano solo Tomas ma tutti noi. Si tratta della misura in cui si accetta la realtà non solo nostra ma anche degli altri. Cosa ci rende responsabili?


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Il cast è come le altre opere del regista tedesco sempre notevole, Rachel McAdams, Charlotte Gainsbourg e Marie-Josée Croze in primis, ma ciò non basta ad evitare le cadute della narrazione, appena compensata e forse anche danneggiata dallo stile troppo formalistico che Wenders ha voluto adottare. Come un esercizio di cinema. Ma freddo come il clima che lo avvolge, gelido come un thriller mentale. La musica di Alexandre Desplat l’accompagna perfettamente, cioè lenta e sinuosa tra gli oggetti.

Giudizio nel complesso scarsamente positivo, ma lo vidi a suo tempo con interesse.



 
 
 

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Il Cinema secondo me,

michemar

cinefilo da bambino

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