Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa? (1968)
- michemar

- 3 lug
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 16 ago

Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa?
Italia 1968 commedia 2h10’
Regia: Ettore Scola
Sceneggiatura: Age & Scarpelli, Ettore Scola
Fotografia: Claudio Cirillo
Montaggio: Franco Arcalli
Musiche: Armando Trovajoli
Scenografia: Gianni Polidori
Costumi: Bruna Parmesan
Alberto Sordi: Fausto Di Salvio
Bernard Blier: Ubaldo Palmarini
Nino Manfredi: Oreste Sabatini
Giuliana Lojodice: Marisa Sabatini
Franca Bettoja: Rita Di Salvio
Manuel Zarzo: Pedro Tomeo
Erika Blanc: Geneviève
José Maria Mendoza: il Leopardo
Ivo Sebastianelli: Benedetto Campi
Domingo Figueras: Durabal
Francesca Romana Coluzzi: ospite della villa
TRAMA: L’editore Di Salvio e un suo collaboratore, il fedele ragionier Palmarini, vanno in Angola alla ricerca del cognato del primo che da molto tempo non dà più notizie di sé. Fra avventurose peripezie e depistaggi, finiranno col ritrovarlo e col convincerlo a tornarsene a casa, dove l’aspettano sua moglie, la civiltà, il benessere, ecc. Ma ne vale la pena?
VOTO 7

Ettore Scola, in quei tempi sceneggiatore già attivo nella commedia all’italiana e collaboratore di Dino Risi, passò alla regia con un film ad episodi su proposta di Vittorio Gassman. Questo lavoro segnò il suo esordio come regista e presentava già elementi comici. Il primo grande successo di Scola fu proprio questo film, rimasto nella storia anche per il lungo titolo che suggerisce un tono avventuroso e satirico sui temi colonialisti.
Il protagonista Fausto Di Salvio (Alberto Sordi) è un editore che, insoddisfatto della propria vita personale e professionale, decide di recarsi in Africa per cercare il cognato scomparso da tre anni. Viene accompagnato dal ragioniere Ubaldo (Bernard Blier). Il film presenta elementi sia di parodia del genere d’avventura sia una riflessione sul tema della fuga dalla realtà. L’opera si apre con scene che richiamano l’immaginario colonialista e le rappresentazioni dell’Africa e, durante il viaggio, la sceneggiatura, scritta da Scola insieme ad Age e Scarpelli, mostra le reazioni del protagonista alle situazioni incontrate, facendo riferimento all’influenza della letteratura d’esplorazione e al modo in cui questo immaginario condiziona il suo comportamento.
Fausto, sinceramente entusiasta ma anche disilluso, cerca di emulare i grandi viaggiatori, ma si scontra con la realtà grazie alle osservazioni pragmatiche di Ubaldo (un Bernard Blier brillante come raramente) e alla vera Africa che gli si presenta. Scola sceglie l’Angola portoghese come sfondo, illustrando un colonialismo senza tempo: dalla crudeltà del viaggiatore portoghese che sfrutta un villaggio per attraversare un fiume, al pathos di una donna tedesca sola nella sua tenuta. La presenza di mercenari in un continente privo di guerre accentua il senso di spaesamento. Fausto passa dal sognare l’Africa all’osservarla realmente, mentre Scola alterna parodia e sincerità nei suoi riferimenti.
Gli sceneggiatori non mancano di mostrare europei spesso ridicoli o spregevoli e provano perfino a farsi influenzare dai mitici film d’avventura che scavano nella psicologia dei personaggi come Cuore di tenebra: Oreste non ricorda forse ricorda Kurtz? E il viaggio di Fausto è forse anche una ricerca interiore? Le citazioni di Conrad risultano ironiche, ma il percorso di Fausto porta a un reale cambiamento nel suo atteggiamento verso gli africani. Inizialmente mostra paternalismo, che poi supera con gesti silenziosi di rispetto. Anche il rapporto tra Sordi e Blier si evolve, diventando più paritario grazie alle difficoltà condivise e alla reciproca difesa.
Il personaggio di Oreste, interpretato da Nino Manfredi, è inizialmente visto come un ciarlatano approfittatore a causa delle sue molteplici vite in Africa. Invece si rivela genuino e sinceramente legato al continente, come mostra l’ultima indimenticabile scena. Alberto Sordi offre una delle sue interpretazioni più positive, mostrando un personaggio che migliora durante la storia, mentre Scola mantiene un tono benevolo anche in contesti cupi, distinguendosi da registi più pessimisti come Dino Risi.
Le interpretazioni dei tre attori sono memorabili, difficile scegliere il personaggio più caratteristico anche per la bravura eccelsa degli interpreti, senza dimenticare il doppiaggio di Blier con il forte accento marchigiano che fa ridere ogni volta che parla.
E le frasi rimaste nella storia del nostro cinema? “Aridanga rompa coyota!” oppure quella esortazione finale: “Titì nun ce lassà, Titì nun ce lassà, Titì nun ce lassà!”
Ah, la commedia italiana, quella vera! Insuperabile.


























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