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Robin Hood (2010)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 4 ott
  • Tempo di lettura: 4 min
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Robin Hood

USA, UK 2010 avventura 2h20’

 

Regia: Ridley Scott

Sceneggiatura: Brian Helgeland

Fotografia: John Mathieson

Montaggio: Pietro Scalia

Musiche: Marc Streitenfeld

Scenografia: Arthur Max

Costumi: Janty Yates

 

Russell Crowe: Robin Hood / Robin Longstride

Cate Blanchett: Lady Marion

Mark Strong: Sir Godfrey

Max von Sydow: Sir Walter Locksley

William Hurt: Guglielmo il Maresciallo

Oscar Isaac: Principe Giovanni

Matthew Macfadyen: Sceriffo di Nottingham

Danny Huston: Re Riccardo Cuor di Leone

Eileen Atkins: Eleonora d’Aquitania

Mark Addy: Fra Tuck

Kevin Durand: Little John

Scott Grimes: Will Scarlet

Alan Doyle: Allan A’Dayle

Douglas Hodge: Sir Robert Locksley

Léa Seydoux: Isabella d’Angoulême

Jonathan Zaccaï: Re Filippo di Francia

Robert Pugh: Barone Baldwin

Gerard McSorley: Barone Fitzrobert

Velibor Topić: Belvedere

Simon McBurney: Fra Tancredi

Bronson Webb: Jimoen

Denis Ménochet: Adhemar

Roy Holder: mastro Tom

Jessica Raine: Isabel di Gloucester

 

TRAMA: Nell’Inghilterra del XXII secolo, Robin e la sua banda di briganti lottano contro la corruzione in villaggio e conducono una rivolta contro la corona che altererà per sempre l’equilibrio del potere.

 

VOTO 6


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In mano a Ridley Scott, anche una leggenda come il personaggio in questione diventa un blockbuster, per cui se normalmente uno pensa a Robin Hood e gli vengono in mente le frecce, la foresta di Sherwood e l’eroe che ruba ai ricchi per dare ai poveri, invece con il celebre regista, che vede Russell Crowe protagonista, tutto questo è messo da parte per raccontare una sorta di origine del mito. Con, ahimè, il risultato di un mix ambizioso e un po’ confuso.



Il film parte con Robin Longstride, arciere dell’esercito di Re Riccardo Cuor di Leone, che dopo la morte del sovrano torna in Inghilterra e si ritrova invischiato in giochi di potere, identità rubate e minacce di invasione francese. La trama cerca di essere epica, ma spesso si perde tra troppi personaggi e svolte poco convincenti. Russell Crowe interpreta un Robin Hood serio, quasi cupo, più simile a un eroe d’azione moderno che a un fuorilegge medievale mentre Cate Blanchett, nei panni di Lady Marion, è una donna forte e combattiva, ma la sua evoluzione in guerriera in armatura lascia qualche dubbio storico. Il vero cattivo è Godfrey, interpretato da Mark Strong, che ormai è una garanzia quando si tratta di ruoli da villain o personaggi non affidabili.


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Il problema principale? Il film sembra voler essere tutto: storico, epico, politico, romantico… ma finisce per non essere davvero nessuno di questi. La battaglia finale ricorda troppo Braveheart, ma senza la stessa intensità, la stessa disperazione, la stessa ferocia. E lo sceriffo di Nottingham (Matthew Macfadyen), figura iconica della leggenda, qui è relegato a un ruolo comico e marginale.



Russell Crowe ha lavorato in cinque film di Ridley Scott, iniziando con quello che lo ha reso gladiatore per sempre. Questa è l’ultima occasione della loro collaborazione, ancora in costume, dopo i tre di mezzo che sono ambientati in tempi attuali (Un’ottima annata - A Good Year, American Gangster, Nessuna verità). Stavolta, quindi, è l’eroe di Nottingham, l’arciere più raccontato al cinema e in letteratura, rivisitato appositamente con un approccio più realistico e storico. Però si possono trovare anche spunti più positivi al film, che è quasi epico, direi, vista la predisposizione del regista a rendere tutto in questa maniera. Esplorando il contesto politico e sociale dell’Inghilterra del XIII secolo, Scott mette ancora in campo la sua abilità nel creare ambientazioni storiche dettagliate e visivamente accattivanti ed il film non fa eccezione, con scenografie e costumi che trasportano lo spettatore nel Medioevo.



Russell Crowe, come ci si poteva attendere, offre una performance solida, anche se il suo Robin è, come detto, più cupo e meno eroico rispetto alle versioni precedenti. Ovviamente, le scene di battaglia sono il pane quotidiano del regista ed è evidente come siano coreografate e realistiche alla sua esperta maniera, con un’attenzione particolare ai dettagli storici delle armi e delle tattiche militari. Ma in sintesi, è chiaro che non è uno dei film di Scott che resta nella storia, lui ha saputo fare ben altro. Resta un film ambizioso, che cerca di offrire uno sguardo differente dalle versioni di altri registi, innanzitutto per il fatto che lui non ha riprodotto la classica figura leggendaria da avventura ma ha cercato di raccontare la persona.



Da osservare che per rendere il film a proprio piacimento e secondo gli standard che preferisce, il regista non si è preoccupato di anomalie storiche. Un esempio? I re inglesi parlavano francese nella loro vita quotidiana e latino in alcune transazioni diplomatiche e di solito non imparavano nemmeno l’inglese, che consideravano una lingua contadina al di sotto della loro dignità. Il fatto che parlino inglese nel film è una decisione artistica discutibile ma accettabile, coerente con il fatto che tutti i personaggi inglesi e francesi parlano secondo standard linguistici moderni, piuttosto che medievali. È il prezzo da pagare per realizzare blockbuster, che è il mio discorso iniziale.

Film dal ritmo irregolare e una trama poco lineare. Troppi personaggi da seguire ma pochi chiariti.

 


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