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Sedotta e abbandonata (1964)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 5 ott 2024
  • Tempo di lettura: 3 min
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Sedotta e abbandonata

Italia/Francia 1964 commedia 1h58’

 

Regia: Pietro Germi

Sceneggiatura: Age & Scarpelli, Luciano Vincenzoni, Pietro Germi

Fotografia: Aiace Parolin

Montaggio: Roberto Cinquini

Musiche: Carlo Rustichelli

Scenografia: Carlo Egidi

Costumi: Carlo Egidi

 

Stefania Sandrelli: Agnese Ascalone

Aldo Puglisi: Peppino Califano

Saro Urzì: don Vincenzo Ascalone

Lando Buzzanca: Antonio Ascalone

Lola Braccini: Amalia Califano

Leopoldo Trieste: barone Rizieri

Umberto Spadaro: cugino di Ascalone

Paola Biggio: Matilde Ascalone

Rocco D'Assunta: Orlando Califano

Salvatore Fazio: don Mariano

Oreste Palella: Polenza, maresciallo dei Carabinieri

 

TRAMA: Agnese, sedici anni, viene sedotta dal fidanzato della sorella Matilde. Il babbo pretende le nozze riparatrici, ma il seduttore nicchia. Costretto con le maniere forti, quando l'uomo accetta è Agnese a rifiutare. Il genitore non demorde e la giovane minaccia di rinchiudersi in convento.

 

Voto 7


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Dopo i bellissimi drammi amari con cui si affermò definitivamente nel cinema, Pietro Germi trovò nuova linfa con la commedia all’italiana, ma non quella facile e ridanciana, bensì quella sarcastica, con uno sguardo pungente sulla società del periodo, magari caratterizzando le storie a seconda delle regioni (dopo arriverà Signore & signore).


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Quindi, in questa trilogia, dopo la Sicilia di Divorzio all’italiana, ecco gli affari matrimoniali di una ragazza, Agnese, studentessa sedicenne che viene molestata dal fidanzato di sua sorella Matilde e il padre, scoperto il fatto, tenta di imporre con la minaccia nozze riparatrici. Rispetto al passato non c’è più l’amore del soggetto, ma il prurito sessuale e il giusto cinismo per rendere la situazione più paradossale, con interpreti adattissimi.


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Una commedia grottesca che affronta temi come l’onore, il matrimonio riparatore e le ipocrisie sociali, ma sotto la superficie comica si cela una profonda critica sociale e una parabola esistenziale. Germi utilizza il grottesco per esplorare e denunciare le contraddizioni di un sistema di valori arcaico, ancora radicato nel Sud Italia dell’epoca. Memorabile resta la sequenza del rapimento, da antologia.


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La pellicola fu molto apprezzata per la sua capacità di mescolare satira e dramma, rivelando le complessità emotive e morali dei suoi personaggi. Germi, con il suo stile inconfondibile, invita lo spettatore a riflettere sulle convenzioni sociali, spingendolo a interrogarsi sulla legittimità e sull’attualità di tali norme.


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La giovane Stefania Sandrelli era nel fiore della bellezza e della gioventù, reduce dal primo film della trilogia e si stava costruendo quella carriera che ben conosciamo e che le ha concesso con merito tanta fortuna. Difatti, l’anno seguente arriverà Io la conoscevo bene di Antonio Pietrangeli e a quel punto l’affermazione definitiva. Tra i vari attori che hanno caratterizzato il film e l’epoca, oltre alla presenza di Leopoldo Trieste, che ha avuto un percorso lungo e variegato, avendo recitato per i più importanti autori del nostro cinema, vanno segnalate ancora una volta le presenze importanti e incisive di Aldo Puglisi (immancabile) e il grande Lando Buzzanca, vera maschera siciliana per la commedia italiana.  E come dimenticare Saro Urzì, addirittura premiato a Cannes? Che cast!



A proposito del film, Pietro Germi diceva: “Se voi sapeste quante vite sacrificate ci sono, ma non solo in Sicilia… Io prendo così la Sicilia anzitutto perché mi piace, perché mi eccita come paesaggio, ma io credo che intanto mezza Italia sia pressappoco nelle stesse condizioni psicologiche. Mi piacerebbe che un critico dicesse che da questa storia che fa ridere si esce con un senso agghiacciato di paura, come dopo aver assistito a una galleria di cose, di facce, di mostri.”

Non è così?


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Riconoscimenti:

Festival di Cannes 1964

Migliore interpretazione maschile a Saro Urzì

David di Donatello 1964

Miglior regista a Pietro Germi

Miglior produttore

Nastro d’argento 1965

Migliore attore protagonista a Saro Urzì

Migliore attore non protagonista a Leopoldo Trieste

Miglior produttore

Migliore sceneggiatura

Candidatura al regista del miglior film

Candidatura al miglior soggetto

Candidatura alla migliore fotografia in bianco e nero

Candidatura ai migliori costumi

 

Il film completo:


 
 
 

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