Settembre (2022)
- michemar

- 26 set 2022
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 11 mag 2023

Settembre
Italia 2022 commedia 1h50’
Regia: Giulia Louise Steigerwalt
Sceneggiatura: Giulia Louise Steigerwalt
Fotografia: Vladan Radovic
Montaggio: Gianni Vezzosi
Musiche: Michele Braga
Scenografia: Cristina Del Zotto
Costumi: Andrea Cavalletto
Barbara Ronchi: Francesca
Fabrizio Bentivoglio: dott. Guglielmo Gasparini
Thony: Debora
Andrea Sartoretti: Alberto
Tesa Litvan: Ana
Enrico Borello: Matteo
Margherita Rebeggiani: Maria
Luca Nozzoli: Sergio
Arianna Ascoli: Simona
TRAMA: Accade in un giorno di settembre che tre personaggi si accorgano che la vita in cui si ritrovano non è quella che sognavano. Che la felicità è un’idea lontana. Ma forse ancora possibile.
Voto 6,5

Psicologicamente, molto spesso, il ritorno dalle vacanze e in genere la fine dell’estate, che segna più o meno per tutti una svolta non solo stagionale, rappresenta il momento per riavviare la vita. Non tutti – questo è scontato – possono permettersi una vera vacanza estiva ma in ogni caso l’inizio del mese di settembre è sempre un ritorno: la scuola per gli studenti, il lavoro con un lungo periodo con meno luce e più impegno, le casalinghe che chiudono le finestre col fresco che arriva, soprattutto il ritrovarsi con le amiche e i compagni, di scuola o di strada, con cui riprendere le solite chiacchiere, i giochi, i passatempi. Dall’estate ci si aspetta tanto, poi si gira l’interruttore e ricomincia con il trantran autunnale e invernale, con le grandi speranze per la lontana primavera. Sensazioni che questo film corale, con molti personaggi però dominati dalle figure femminili, cerca di rappresentare in comportamenti personali e relazionali che porteranno a cambiamenti, per alcuni di notevole rilevanza. È un film prettamente al femminile, in cui dominano le storie di tre donne molto distanti tra di loro sia di vita che di collocazione sociale, che non si conoscono, che ignorano l’esistenza delle altre. Sono tre storie in apparenza e in sostanza lontane tra loro ma che confluiscono accomunate dal bisogno di rapporti più autentici e forti, alla ricerca della felicità. Persone comuni che arrivano, quasi senza accorgersene, al momento in cui necessita prendere decisioni importanti, soprattutto di carattere sentimentale ed esistenziale. Sicuramente un bisogno sopito di cui non si accorgevano ma che era lì, in attesa di venire svegliato e guardato. Tre donne di età differente che si confrontano con degli uomini scoperti distanti e che si consultano e si confortano necessariamente con altre donne, per trovare la sponda giusta per prendere la decisione importante.

C’è Francesca (Barbara Ronchi), una donna infelice, madre di un adolescente e moglie molto trascurata da un marito, più che egoista, cieco e distratto, in tutti i sensi, anche sessuali, un uomo indifferente a ciò che succede in casa. Con un difetto psicologico, quello di cercare disperatamente il pretesto per coltivare la sua tristezza di partenza, mai un motivo per essere felice, evidentemente da quando ha perso la fiducia nell’amore coniugale. Cerca solidarietà nell’amica intima Debora (Thony) ugualmente malmaritata: è la sua amica del cuore e lo diventerà di più, per necessità e per scelta, quella che farà rimanere di sasso i loro uomini. Poi c’è la ragazzina alla prima esperienza con il sesso, Maria, adolescente che simpatizza per un misterioso coetaneo che non si fa mai presente e manda l’intermediario Sergio per farli incontrare: la posta in gioco è la prima esperienza di sesso, che la ragazzina vuole affrontare anche se lo teme: la sua paura non è tanto la fatidica prima volta ma il timore di non essere sufficientemente preparata e di far brutta figura, per cui chiede al messaggero d’amore di istruirla. Situazione paradossale ma teneramente ingenua che fa tenerezza. La terza figura centrale è la diciottenne Ana (Tesa Litvan), ragazza dell’est europeo che ufficialmente frequenta una scuola per estetiste ma che in realtà fa la prostituta, senza avere il coraggio di confessarlo al gentile commesso del bancone del pane Matteo (Enrico Borello, la versione italiana del sorriso di John Turturro). È l’unica donna che si confida con un uomo, un suo maturo cliente affezionatissimo, il dottor Guglielmo Gasparini, ginecologo, (un impareggiabile Fabrizio Bentivoglio), uomo che, dopo essere stato lasciato dalla moglie, ha alzato un muro tra lui e il mondo circostante e vive disincantato, attratto solo dall’idea di incontrare di sera la bella rossa e pure di chiacchierare con lei e da quella di darle un futuro, unico passatempo di interesse di una persona agiata che ha chiuso da tempo ogni relazione sociale, distratto persino nel lavoro.

Un piccolissimo mondo a sé fatto di persone normali, di due donne infelici, una ragazzina che guarda positiva al futuro, di una immigrata che non ha trovato il paradiso in Italia. Ma anche di uomini che cercano l’amore, ma quello proprio, degli altri verso loro e non viceversa. Una versione femminile in chiave antimaschilista? Beh, un po’ sì, tanto che le due mogli penseranno bene di farsi una casa per conto proprio, visto che almeno tra loro si capiscono così bene da aver trovato un affetto che ha il sapore dell’amore. Per realizzare un film del genere era necessaria una regista donna e se ne è occupata Giulia Louise Steigerwalt, compagna di Matteo Rovere, già sceneggiatrice di scuola americana e già notata per aver scritto Il campione, Croce e delizia, Marilyn ha gli occhi neri, che compie così l’esordio alla regia con un film a cavallo tra la commedia e il serioso, tra qualche sorriso e una lacrima di depressione. Mano garbata con una regia facile e attenta, da meritare il premio quale miglior regista esordiente ai Nastri d’Argento 2022 ma a cui non risparmio qualche critica per alcune semplicistiche scorciatoie di scrittura (a volte fatta di dialoghi banali e aggiustamenti di comodo) e più di una inquadratura fissa fin troppo semplice. Un appassionato della geometria prospettica perfetta di Sua Maestà Stanley Kubrick come me non può fare a meno di notare, per esempio, quella in cui si vedono Francesca e Debora ferme sul pianerottolo dell’ospedale, aldilà della porta a vetri, posizionate precisamente con il legno della porta al centro; oppure quando il ragazzino si allontana e sta per uscire dall’inquadratura quando la mamma lo chiama e si gira in tempo per non uscire dal campo; ed infine il panino di Ana che chiacchiera con Guglielmo che, tra campo e controcampo, adesso è nelle sue mani, ora è sul tavolino, a volte pare svanito. Quisquilie, che però si notano. Tutto per dire che non ci sono guizzi di regia, che risulta ordinaria come la gente filmata. Il premio è comunque arrivato, adesso aspettiamo Giulia Louise Steigerwalt al varco, alla seconda opera.

Attori senz’altro buoni, a cominciare da Barbara Ronchi, ultimamente spesso presente nel cinema italiano, morbida e gommosa interprete capace di ruoli molto differenti e sincera protagonista; Thony trascurabile per un ruolo da contorno, i giovanissimi sono apprezzabili e da rivedere. Attenti piuttosto a Tesa Litvan, radiosa ragazza croata che non sbaglia un gesto, un movimento dello sguardo, un sospiro d’impazienza. Mattatore assoluto, infine, in un film di donne, è Fabrizio Bentivoglio, attore mai sufficientemente apprezzato per la sua enorme bravura e simpatia, ora, nella maturità non solo artistica, ancor più bravo del solito, dalle pause d’oro, una garanzia. Uno di quegli attori, come succede a pochissimi (vedi Roberto Herlitzka, Luca Marinelli, Toni Servillo, Elio Germano) per cui vale il prezzo del biglietto. Il suo Guglielmo è un personaggio magari scontato ma che lui rende formidabile, simpatico, filosoficamente saggio e dispensatore di consigli esistenziali che però si fa analizzare dalla inesperta Ana.
Francesca: Dopo che si sposano le donne sono infelici e gli uomini felici. Poi, dopo che si separano, gli uomini diventano miserabili e le donne rinascono.
Guglielmo: Signora, forse lei di questo scossone aveva bisogno, ma non ha per forza bisogno del dramma. Mi sembra che basti e avanzi quello che prova lei, quello che sente. Non trova?
David di Donatello 2023
Miglior regista esordiente
Migliore attrice protagonista a Barbara Ronchi






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