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Sound of Metal (2019)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 1 gen 2021
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 26 ott 2023


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Sound of Metal

USA 2019 dramma 2h


Regia: Darius Marder

Sceneggiatura: Darius Marder, Abraham Marder

Fotografia: Daniël Bouquet

Montaggio: Mikkel E.G. Nielsen

Musiche: Nicolas Becker, Abraham Marder

Scenografia: Jeremy Woodward

Costumi: Megan Stark Evans


Riz Ahmed: Ruben Stone

Olivia Cooke: Louise "Lou" Berger

Paul Raci: Joe

Lauren Ridloff: Diane

Mathieu Amalric: Richard Berger


TRAMA: Un batterista vede la sua vita e la sua relazione con la fidanzata compagna di band messe in discussione dopo aver cominciato inaspettatamente a perdere l'udito.


Voto 7

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Tante volte nella vita ci si trova a dover affrontare un bivio importante e determinante per il futuro ed è in quel momento che si deve scegliere cosa fare, come scegliere il proseguimento dell’esistenza, specialmente se questa opzione va adottata all’improvviso, senza preavviso, proprio quando sembra che tutto stia filando liscio e senza scossoni. Invece, ecco lì l’obbligo di dover decidere. In special modo se si è anche usciti da una situazione difficile e la vita sta sorridendo. Falsamente.


Ruben è un batterista punk-metal che suona in coppia con la sua ragazza Lou, chitarrista e cantante, girando club e piccoli concerti, chiassosi e pieni di suoni assordanti, in cui predominano ritmi ossessivi, con assoli delle percussioni di cui il giovane ha assoluta padronanza. La musica e l’amore della ragazza, andata via di casa da una famiglia borghese e benestante, lo avevano salvato da anni di eroina e con la forza di volontà e la passione musicale aveva messo nell’angolo più remoto della mente quegli anni bui. Adesso è felice e soddisfatto, si amano e viaggiano con un grande camper che rappresenta la loro casa itinerante. Durante una delle tante esibizioni all’improvviso avverte un calo repentino dell’udito che lo costringe a sospendere il concerto. Spaventato ma non ancora conscio della disgrazia che lo sta colpendo, l’otorino che lo visita non lo conforta: il problema, grave sin dall’inizio, può solo peggiorare. Ruben si ritrova come se vivesse in una campana isolante, avverte solo dei vaghi rumori di tutto ciò che avviene attorno a lui e la sua amata batteria gli fa giungere ritmi più che ovattati. Praticamente non sente quasi più nulla.

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Inizialmente il soggetto del film era nelle mani di Derek Cianfrance, il quale voleva raccontare la sua mesta vicenda personale, essendo stato anch’egli un batterista, carriera abbandonata a causa dei suoi problemi di acufene. Ma siccome era alle prese con il suo film più bello e struggente, Blue Valentine (recensione), pensò bene di trasmettere il materiale nelle mani dell’amico Darius Marder, cosceneggiatore del suo Come un tuono (recensione), collega che si è rivelato molto adatto a raccontare una storia come questa. Tanto adatto che ha saputo farci immergere abilmente nel mondo attutito del protagonista con un espediente che si è rivelato molto efficace: dopo l’avvento della malattia è un continuo e impressionante andirivieni tra il mondo esterno e quello interno di Ruben. L’alternanza tra i suoni reali e quelli sordi avvertiti ci fa sprofondare nella sua terribile situazione, aggravata dal fatto che per lui l’udito, importante come per ogni essere umano, è essenziale per la sua professione, che vede allontanarsi dal futuro. È un panorama vuoto e terribile a cui non vuole rassegnarsi.

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È qui che si rivelerà l’uomo prima che il musicista. La svolta gliela fornisce una specie di santone hippy che gestisce con garbo e umanità, ma con la fermezza necessaria, una comunità di bambini sordomuti e che lo accoglie promettendogli una vita altruista che lo terrà lontano dalla tentazione lisergica che gli si sta prospettando. L’imperativo è recuperare mentalmente se stesso e aiutare i residenti della grande casa di accoglienza, dove infatti trova comprensione e soddisfazione, almeno momentanea. Non è facile abbandonare la passione che lo aveva spinto fino a quel giorno maledetto e i sogni non sono ancora chiusi nel cassetto, nonostante che la cara Lou si stia ormai esibendo da sola altrove. È in questi momenti che ogni persona deve dimostrare la positività e il carattere di cui dispone, è in questi momenti che deve venir fuori la voglia di vivere comunque. È il famoso bivio di cui parliamo spesso, la vera scelta di vita. È quando si deve rendere conto anche a se stessi e le scelte, seppur dure, devono essere responsabili per sé e per i propri cari. Ed è nel finale che avviene il redde rationem tra Ruben e Lou, che ritroviamo molto diversa da come l’avevamo lasciata. Se la vita è una domanda noi siamo la risposta, come un mercato dove domanda e offerta si incontrano ad un certo livello chiamato prezzo. Ecco, il prezzo è quello a cui noi dobbiamo guardare, se è giusto lo accettiamo, altrimenti è necessario combattere con tutte le forze per cercare altri equilibri e punti di incontro più convenienti.

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Se per Darius Marder è un buon esordio per la regia, per Riz Ahmed è un’eccellente conferma. Quello sguardo profondamente nero che lo contraddistingue è un mare di dubbi e domande, è un pozzo di certezze perdute all’improvviso ed egli sa dare corpo – anche seminudo, attorniato dai suoi strumenti martellanti – prima ad uno scatenato musicista, poi ad uno sperduto uomo che brancola nelle nebbie del futuro incerto. Bravo anche per il duro lavoro a cui si è sottoposto, con mesi di addestramento alle percussioni, tanto da sembrare un provetto batterista, in piena forma fisica, mestiere non del tutto lontano dal suo mondo essendo anche un rapper di vecchia data. Buona anche la prova della simpatica Olivia Cooke nel ruolo della sua ragazza, giovane dalla due vite: scatenata chitarrista e figlia di buona famiglia. L’altro personaggio di spessore è il gestore filosofo della comunità, Joe, interpretato da un buon Paul Raci, facilmente calato nel ruolo con i suoi noti capelli lunghi.

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Non inganni la prima parte del film quando la musica frastorna la visione, essendo necessaria per introdurci nel mondo metallaro, perché poi prende una piega seria per portarci nel cuore della trama e delle problematiche esistenziali ben esposte. Film umanamente partecipativo, è un esordio apprezzabile per Darius Marder.


Riconoscimenti

2021 - Premio Oscar

Miglior montaggio

Miglior sonoro

Candidatura per il miglior film

Candidatura per il miglior attore a Riz Ahmed

Candidatura per il miglior attore non protagonista a Paul Raci

Candidatura per la migliore sceneggiatura originaleCianfrance

2021 - Golden Globe

Candidatura per il miglior attore in un film drammatico a Riz Ahmed


 
 
 

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