Split (2016)
- michemar

- 24 set 2019
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 15 mag 2023

Split Giappone/USA 2016, horror, 1h57’
Regia: M. Night Shyamalan Sceneggiatura: M. Night Shyamalan Fotografia: Mike Gioulakis Montaggio: Luke Ciarrocchi Musiche: West Dylan Thordson Scenografia: Mara LePere-Schloop, Jesse Rosenthal Costumi: Paco Delgado
James McAvoy: Kevin Wendell Crumb Anya Taylor-Joy: Casey Cook Betty Buckley: dr.ssa Karen Fletcher Haley Lu Richardson: Claire Benoit Jessica Sula: Marcia Brad William Henke: zio John Sebastian Arcelus: padre di Casey Neal Huff: padre di Claire Morgan Spector: Derek
TRAMA: Sebbene Kevin abbia manifestato 23 diverse personalità alla sua psichiatra, la dottoressa Fletcher, solo una è quella dominante. Costretto a rapire tre adolescenti guidate dall'attenta Casey, Kevin mette in atto una guerra per la sopravvivenza tra tutti i Kevin che vivono in lui mentre intorno tutto il suo mondo cade a pezzi.
Voto 7

Diciamoci la verità. Quando M. Night Shyamalan si mette a studiare le sue storie così particolari, indubbiamente di alta tensione, una volta realizzate la critica ufficiale, i siti specializzati, le raccolte di cinema, tutto l’ambiente insomma le cataloga in ogni caso e senza far distinzione nel genere horror. Che è, ammettiamolo, una parola grossa. È il termine che utilizziamo per John Carpenter, Dario Argento, George A. Romero, Wes Craven, per non parlare di Mario Bava, cioè per quegli autori che ci fanno stare scomodi sulla poltroncina della sala. Forse il culmine poi si è raggiunto con il capolavoro assoluto di William Friedkin, L’esorcista, il massimo, almeno secondo me, del vero horror. Ma io con tutta sincerità M. Night Shyamalan non ce lo metterei insieme a quei nomi. Il perché è presto detto: se ci facciamo caso, quante volte vediamo il sangue scorrere nei suoi film? quali cadaveri rimangono putrefatti ai nostri occhi? La violenza è più immaginata che mostrata, la crudeltà dei protagonisti è più raccontata e creata che ripresa dall’obiettivo della sua camera da presa, ma soprattutto c’è quasi sempre un significato insito che accompagna il film, che rappresenta quindi un messaggio criptato e codificato per lo spettatore.

D’altronde, il maestro del brivido Alfred Hitchcock non si sarebbe mai sognato di mostrarci di più di quello che ci ha fatto vedere in tantissimi film e questo più o meno succede con Shyamalan: il suo mitico The Village isolato dal mondo non è una metafora adatti ai nostri tempi? E venne il giorno non è la terra che stiamo inquinando fino alla morte di tutti noi? Lady in the Water non è la solita storia del diverso(a) che arriva in un condominio chiuso come il villaggio suddetto? Signs non è ciò che potrebbe succederci, prima o poi? beh, Il sesto senso… in un certo senso può essere contraddittorio con queste mie riflessioni. Ma rimane certo il fatto che questo regista lavora più sulla nostra fantasia che sulla violenza fisica. Tirando le somme, è un regista di horror o di veri e propri thriller, pur se di alta palpitazione cardiaca?

Qui cosa abbiamo? Un individuo malato, un soggetto che assume diversi aspetti, con un disturbo associativo che lo rende un pericolo assassino, ok. Ma il lavoro che sanno espletare lui e l’attore che ha scelto (che bravo James McAvoy!) è quello del pazzo spiritato dalle mille espressioni per nulla rassicuranti, aspetto che invece assume nelle ore di vita normale, con tanto di gente che lo rispetta. Solo la sua psichiatra sa del problema e difatti, sapientemente, Shyamalan, come previsto dal canovaccio tipico di questi film, questa diventa facile obiettivo delle mire assassine del giovanotto.

Il soggetto prende ispirazione da una storia vera: alla fine degli anni Settanta in America, il criminale Billy Milligan fu accusato di aver rapito, violentato e ucciso tre studentesse, ma fu assolto per infermità mentale: in lui convivevano ventiquattro personalità diverse. Poteva trascurare un argomento così complesso e intenso di terrore uno specialista come M. Night Shyamalan? Il regista indiano accetta una vera e propria sfida e confeziona un ottimo thriller molto congeniale alle sue qualità di narratore di storie paurose, tornando dopo qualche passo (quasi) falso ai fasti dei suoi migliori film. Il disturbo associativo è stato spesso frequentato dal cinema e stavolta trova ancora un buonissimo risultato, anche per la bravura del regista, che si serve delle molteplici personalità del protagonista Kevin per cambiare molte volte registro, tra il grottesco e l’inquietante, passando ovviamente nel campo inevitabile del thriller pesante, quasi orrorifico (quasi).

Per il ruolo del protagonista, Shyamalan, che ha definito questo film come la più grande scommessa della sua carriera, ha scelto appunto James McAvoy, veramente bravo con un ruolo che sembra perfetto per il suo istrionismo, anche elogiato dalla critica per l’ottima interpretazione e che riesce a regalare perfette sfumature ed emozioni con i suoi con i vari personaggi che lo abitano.






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