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Stoker (2013)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 16 ago 2021
  • Tempo di lettura: 3 min

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Stoker

USA/UK 2013 thriller drammatico 1h39’


Regia: Park Chan-wook

Sceneggiatura: Wentworth Miller

Fotografia: Chung Chung-hoon

Montaggio: Nicolas De Toth

Musiche: Clint Mansell

Scenografia: Thérèse DePrez

Costumi: Kurt and Bart


Mia Wasikowska: India Stoker

Nicole Kidman: Evelyn Stoker

Matthew Goode: zio Charlie Stoker

Dermot Mulroney: Richard Stoker

Jacki Weaver: zia Gwendolyn "Gin" Stoker


TRAMA: Dopo la morte del padre Richard, il rapporto tra l'adolescente India e la madre Evie, donna emotivamente instabile e dalla fragile personalità, diventa ancora più chiuso in una dolorosa incomunicabilità, fino a quando le due ricevono, inaspettatamente, la visita dell'enigmatico zio Charlie, che si trasferisce senza alcun preavviso nella loro abitazione. Nonostante i forti indizi che la inducono a sospettare che le reali motivazioni che spingono lo zio a rimanere lì siano ben altre, India comincia a sentirsi pericolosamente attratta dall'uomo e dalle sue maniere.


Voto 7,5

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Park Chan-wook, reduce dalla trionfale e riuscita trilogia della vendetta (Mr. Vendetta, Old boy, Lady Vendetta), arriva sul mercato americano e per la prima volta gira un film in inglese, portandolo con successo al Sundance Festival. Forse perde qualcosa del suo smalto e della purezza del suo stile (che pur sempre resta evidente), ma scegliendo con cura i suoi attori, che sembrano pura emanazione della concezione del suo cinema, egli riesce ancora una volta a realizzare un’opera che affascina, ambientata in un microcosmo isolato pieno di mistero, claustrofobico, gelido, rarefatto e denso allo stesso tempo.

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Il titolo non deve trarre in inganno, perché non ha nulla a che fare con il Bram scrittore di Dracula, ma qualcosa di vampiresco, una goccia proprio, sembra aggirarsi tra le stanze della casa in cui girano i tre protagonisti. Piuttosto, se qualcuno ispira il regista è sicuramente lo spirito di Hitchcock con vaghe citazioni di alcuni film del Maestro. Impossibile non notare la contrapposizione tra una madre bionda e una figlia bruna, l’attrazione/respingimento tra nipote e zio, la doccia, eterno luogo dei peggiori misfatti cinematografici. E le scale salite con lo sguardo rivolto all’insù, facendoci trattenere il fiato. E le sessualità emanate da ognuno dei tre comprimari. Chi meglio dei visi contratti e perplessi di Mia Wasikowska e Nicole Kidman, con un sorprendente Matthew Goode, potevano meglio esprimere tutta questa atmosfera?

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La bravissima Wasikowska sembra la migliore attrice per queste ambientazioni che hanno il sapore del mistero e dell’angoscia, la Kidman affluisce con tutto il suo fascino del cristallo che pare infrangibile ma che può incrinarsi in mille crepe, pronto a frantumarsi completamente, tra una figlia che non capisce più e non riesce a tenere a bada e l’attrazione che prova per quel cognato sempre sorridente ed equivoco. Goode è la chicca della regia, che lo plasma in un personaggio dalle sfaccettature impensabili, da cui in ogni sequenza ti aspetti di tutto e pone continui interrogativi allo spettatore impietrito.

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Il film ha il passo lento e costante che percorre una strada polverosa da cui si alza una polvere che pare nebbia, che offusca le intuizioni continuamente smentite e riaffermate. In fondo a quella strada c’è il baratro: Park Chan-wook, mescolando la sua arte orientale con il senso occidentale dell’ansia, costruisce un piccolo capolavoro fatto di personalità complesse, di dubbi, di certezze frantumate, di colpi di scena fotografati con il sorriso beffardo di uno zio venuto da chissà dove. Un film basato su ossessioni e suggestioni, dove la seduzione del male arriva serpeggiante come una vipera velenosa che attende il momento giusto per attaccare, in un’atmosfera luminosa che sa di buio, morbosa, classica e moderna.


 
 
 

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