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Survival Family (2016)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 9 mar 2022
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 13 mag 2023


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Survival Family

(Sabaibaru famirî) Giappone 2016 commedia 1h57’


Regia: Shinobu Yaguchi

Sceneggiatura: Shinobu Yaguchi

Fotografia: Yoshihito Kasai

Montaggio: Ryuji Miyajima

Musiche: Takushi Nomura


Fumiyo Kohinata: Yoshiyuki Suzuki

Eri Fukatsu: Mitsue

Yuki Izumisawa: Kenji

Wakana Aoi: Yui


TRAMA: ‎Quando si verifica un blackout, una famiglia normale di Tokyo crede che l'energia elettrica sarà ripristinata a breve. Poiché la mancanza persiste e tutte le fonti di energia non mostrano alcun segno di ritorno alla funzionalità, la famiglia si dirige verso il sud per riunirsi con i nonni.


Voto 7

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I quartieri residenziali delle città moderne, in fondo, sono tutti uguali, almeno nella sostanza. Palazzoni condominiali con tanti appartamenti abitati da famiglie borghesi, nuclei familiari tipici, ascensori, scale, servizi comuni, schema fisso insomma. Le famiglie? Solitamente simili, almeno apparentemente. A Tokyo è come altrove. Magari, sicuramente più popolosi, ma la vita quotidiana è quella che si vede dappertutto. Prendiamo per esempio la famiglia Suzuki. Lui impiegato, lei casalinga (che schifo tagliare il pesce!), i figli adolescenti studenti. Non manca nulla in casa, piccoli elettrodomestici sparsi nelle stanze come succede in tutte le famiglie. A cominciare dallo smartphone, quello dei ragazzi perennemente acceso, notte e giorno. Come potrebbero fare altrimenti a meno per comunicare costantemente con le amiche e i compagni? E i computer, essenziali per trasmettersi i compiti? Senza trascurare che il lavoro in ufficio è tutto svolto tramite terminali e server. Tutto ormai naturale. Come se fossero sempre esistiti nella vita, e noi dimentichi di quando era tutto manuale.

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Talmente tutto automatizzato che oggi non si è capaci di compiere nulla senza l’aiuto della tecnologia. Dal cucinare allo studiare, dal lavoro all’hobby. Perfino per guidare, dato che le auto sono totalmente controllate dall’informatica. Immaginiamo se tutto ciò venisse meno! saremmo perduti? Chi sarebbe in grado di rimediare alla totale mancanza di elettricità? Dalla energia elettrica dipende ogni cosa: la luce in casa e nelle strade di sera, gli elettrodomestici (il frigo prima di tutto), i computer in ufficio, l’informazione tramite la TV. Ma soprattutto… il cellulare! Come si fa a ricaricarlo quando la batteria è morta e i ripetitori sono spenti? Beh, uno stop di qualche ora è sopportabile. Di più diventa un problema.

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Quando una mattina la sveglia a pile del papà Yoshiyuki Suzuki non suona e lui si sveglia in ritardo è già strano (va a batterie!) ma quando poi scopre che non c’è luce nell’appartamento dove abitano al 10° piano la situazione peggiora. Eppure, non siamo ancora alla débâcle completa: a quanto pare non funziona più nulla. Zero. Neanche i cellulari, carichi o scarichi che siano. A cascata si scopre che non vanno gli ascensori, i treni della metro, le batterie delle auto, tutte ferme come paralizzate, taxi inerti. Che succede? È un vero blackout, ma non come succede normalmente ma per fortuna raramente: riguarda ogni apparecchio, persino gli orologi da polso a pile. Zero.

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L’uomo moderno è così abituato alle comodità che si sente perso. In ufficio dicono a Yoshiyuki di tornare a casa, gli studenti non hanno i professori che non sono mai partiti dalle loro case e quindi fanno uscire i figli Kenji e Yui, la mamma Mitsue prepara da mangiare come può, dato che il frigo è spento ed il cibo sta deteriorandosi. Vabbe’, che vuoi che sia? Presto tornerà la corrente, come è sempre successo. No? ma certo! Ed invece le ore passano e il panico prende il sopravvento, gli scaffali del supermercato si svuotano, le biciclette vanno a ruba, i bancomat sono stati svuotati nel giro di poche ore. E l’acqua, il bene più prezioso non scorre più. Il panico, l’isteria. Dopo più di due giorni, quando le strade sembrano quelle dei film postapocalittici, Yoshiyuki, ormai in apprensione, decide e comunica alla famiglia di fare i bagagli per prendere un aereo e correre al villaggio del suocero pescatore che vive nel sud del Giappone, nella prefettura di Kagoshima, dove sicuramente staranno meglio e avranno la natura dalla loro.

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Ma che sciocchi! E gli aerei come decollano? Niente, l’unica soluzione è mettersi tutti in bici e raggiungere pazientemente, con opportune tappe, la lontanissima destinazione. No, non è un disaster movie, è una disaster family, una famiglia a cui, d’ora in poi, succederà non di tutto, molto ma molto di più, ma così tanto che la storia invece di restare sui binari del drammatico si invola bellamente su quelli comici. Sono tante le vicissitudini e gli eventi sfortunati che inevitabilmente vien da ridere. E non per cattiveria, ma solo perché sono quattro persone davvero sfortunate e specialmente il papà, che incappa in tutti gli infortuni che gli dei possano mandare in terra. E ogni volta che i quattro pare crollino, hanno sempre la forza di rialzarsi e riprovarci: ostaggi di un contadino severo che alleva maiali, fiumi da attraversare perché sbagliano strada, pioggia, fango, ladri bisognosi, bottigliette d’acqua che trovano in vendita a prezzo triplo (ormai è una rarità), cadute rovinose, fratture, cani randagi affamati come lupi. Il destino si accanisce contro come una vendetta della natura verso l’umanità che non è più capace della manualità, di vivere senza le comodità moderne, senza la tecnologia.

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Lontani da tutti e dal mondo civilizzato attraversano mezzo Paese per giungere dal nonno che li osserva stranito: l’uomo con la canna da pesca si sta chiedendo cosa mai sarà successo a quelle persone che avevano tutto e adesso paiono i sopravvissuti di un cataclisma infernale. Peggio stanno più fanno ridere. Insomma, il film è un dramma o una commedia? Ma sicuro che è una commedia, perché quando la famiglia Suzuchi si sta abituando alla vita da pescatori, respirando la bella aria di mare e mangiando pomodori dell’orto grandi come mele e pieni di sapore… una sveglia suona, gli altoparlanti del villaggio tornano a funzionare. Il blackout è cessato.

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Si torna indietro (o avanti, chi lo sa?) a casa, a riprendere la vita di sempre. Tutto funziona, a dimostrazione di come l’homo sapiens sia diventato un automa, perché non sa fare nulla senza la tecnologia e si sente smarrito in un mondo che lui ritiene ostile. Che invece è ospitale, basta adeguarvisi. Però, quante cose ha imparato la famiglia Suzuki (e speriamo anche tutti gli altri), che lezione di natura e umanità hanno ricevuto: bastava aiutarsi invece di guardarsi in cagnesco per non dividere quel poco che ognuno aveva. E i cellulari? Oh, adesso sì, si può tornare alla vita di prima!



 
 
 

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