Sweet Country (2017)
- michemar

- 20 ago
- Tempo di lettura: 2 min

Sweet Country
Australia 2017 thriller drammatico 1h53’
Regia: Warwick Thornton
Sceneggiatura: Steven McGregor, David Tranter
Fotografia: Warwick Thornton
Montaggio: Nick Meyers
Musiche: Michael Yezerski
Scenografia: Tony Cronin
Costumi: Heather Wallace
Hamilton Morris: Sam Kelly
Bryan Brown: sergente Fletcher
Sam Neill: Fred Smith
Thomas M. Wright: Mick Kennedy
Ewen Leslie: Harry March
Matt Day: giudice Taylor
Natassia Gorey-Furber: Lizzie Kelly
TRAMA: Sulla frontiera del Territorio del Nord nell’Australia degli anni ‘20, un anziano contadino aborigeno spara a un uomo bianco per autodifesa e fugge, mentre una banda si riunisce per dargli la caccia.
VOTO 6,5

Temi come razzismo, colonialismo e l’impatto della civiltà occidentale sulle culture indigene sono centrali in questo western australiano. Tuttavia, la riflessione morale non ostacola la trama avvincente del film ambientato nel nord dell’Australia nel 1929 e caratterizzato da forti richiami al mito del vecchio West, fino a una scena sorprendente che rompe l’illusione.


Come nel caso di questo film, che narra le vicende di un personaggio storico realmente esistito, anche la trama su cui si fonda trae ispirazione da fatti accaduti. Il protagonista, Sam Kelly (Hamilton Morris), è un indigeno australiano che, insieme alla moglie Lizzie (Natassia Gorey-Furber), viene temporaneamente affidato dal predicatore egualitario Fred Smith (Sam Neill), presso cui lavora in una remota stazione di frontiera, a un uomo bianco dal carattere irascibile, Harry March (Ewen Leslie), per svolgere alcune mansioni in un avamposto vicino.
Un susseguirsi di eventi porta l’aborigeno a sparare per legittima difesa al proprietario dell’avamposto, dopo di che lui e Lizzie fuggono, accusati di un crimine che non può essere giustificato legalmente e tollerato in quel luogo: l’aver sparato a un uomo bianco! Il sergente Fletcher (Bryan Brown) si mette sulle loro tracce, convinto di dover fare giustizia, ma resta progressivamente assillato dal dubbio che la vera giustizia si stia effettivamente realizzando oppure no. I personaggi secondari sono delineati in modo da evidenziare le complesse dinamiche di divisione razziale e conflitto.
Il bel film colpisce per il suo paesaggio arido, integrato nella narrazione dal regista Warwick Thornton (aborigeno, quindi consapevole di ciò di cui parla) e il viaggio nel deserto è tanto centrale nel film che diventa quasi un personaggio. La sceneggiatura è intelligente, ma arricchita da simbolismi eccessivi e i tanti flashforward e flashback risultano poco utili. Ma soprattutto il film conferma come il western possa essere trasportato come concetto di società e vita anche altrove, se del caso. Come appunto anche nell’Australia settentrionale. Perché, a tutti gli affetti, pare di assistere ad un western classico, come i tanti che conosciamo.
Bel film sui misfatti di coloni razzisti e stupratori, ottima fotografia e begli scenari, con una figura protagonista di forte impatto. Peccato per il pessimo doppiaggio (sempre meglio in originale, lo sapete come la penso) ed un finale che si trascina un po’ troppo.
Tra 22 premi e 29 candidature totali in tutto il mondo:
Venezia 2017
Premio Speciale della giuria






















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