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The Boxer (1997)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 4 mar 2021
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 12 feb

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The Boxer

USA/Irlanda 1997 dramma 1h53'


Regia: Jim Sheridan

Sceneggiatura: Jim Sheridan, Terry George

Fotografia: Chris Menges

Montaggio: Clive Barrett, Gerry Hambling

Musiche: Gavin Friday, Maurice Seezer

Scenografia: Brian Morris

Costumi: Joan Bergin


Daniel Day-Lewis: Danny Flynn

Emily Watson: Maggie

Brian Cox: Joe Hamill

Daragh Donnelly: agente di custodia

Gerard McSorley: Harry

David Hayman: militante

David Hayman: Ike Wier

Kenneth Cranham: Matt MaGuire


TRAMA: Danny, ex membro dell'IRA, un pugile, è rilasciato dal carcere dopo molti anni e decide di tornare nuovamente sul ring. All'uscita dal carcere si rende conto che la moglie l'ha abbandonato ma lui trova lo stesso la forza di andare avanti e decide di metter su una palestra dove i ragazzi imparino a sfogare il loro odio combattendo sul ring.


Voto 8

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Praticamente due irlandesi, Jim Sheridan di nascita e Daniel Day-Lewis di cittadinanza, i quali assieme hanno saputo marcare grandissimi progetti, a cominciare dal meraviglioso (forse anche dimenticato?) Il mio piede sinistro(1990) che regalò all’attore il suo primo (di 3) Oscar come attore protagonista, poi il drammaticissimo Nel nome del padre (1993) ed infine questo, che tutti attendevano come una sorta di continuazione irish del precedente. E forse in un certo qual modo lo è, perché pochi, come Sheridan, hanno saputo raccontare i travagli della tremenda guerra fratricida di quella terra.

Stavolta è lui, Danny Flynn, che veste i panni del pacifista, dell’uomo che dopo la dura esperienza del carcere per motivi politici, investe il suo futuro e il suo nome per seminare non più odio ma pace, mediante un luogo dello sport attivo. La palestra che ha in mente deve essere il posto infatti in cui i giovani devono trovare sfogo e passione, per smettere di uccidere e farsi uccidere per le strade di Belfast, magari anche per mescolare fraternamente i ragazzi di entrambe le fazioni. Questo atteggiamento certamente non piace all’organizzazione in cui ha militato, l’IRA, ma Danny è determinato e quei lunghi anni di carcere lo hanno fortificato nello spirito e nel carattere. Inevitabile lo scontro non solo ideologico. Troppa violenza gira per quelle strade.


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Danny soffre per la situazione e soffre anche ritrovando il suo antico amore, Maggie, che nel frattempo si è sposata con il suo miglior amico che adesso è in carcere, ma il sentimento non è mai morto. Prova dolore anche ritrovando il suo vecchio allenatore ridotto molto male, alcolizzato e senza la medesima passione che lo teneva occupato. Ike aveva nel frattempo chiuso la palestra che Danny adesso vuole riaprire e ricominciare l’attività in cui era diventato il simbolo e l’eroe dei ragazzi cattolici della città, quindi non solo per sé ma addirittura per far ritrovare e riappacificare le due fazioni nemiche: mettere assieme cattolici e protestanti è un sogno. Per la pace. Ma una chimera non facile da attuare. Maggie lo rimprovera notando che lui la evita, come se non rappresenta più nulla dimenticando il sincero amore che c’era tra loro. Invece, confidandosi, entrambi ammettono che hanno trascorso tutti i quattordici anni parlandosi, sebbene in assenza. L’amore non è mai cessato, forse anzi si è fortificato. Adesso le difficoltà sono tante. Non possono farsi scoprire quando si incontrano, troppi occhi potrebbero far scatenare polemiche pericolose: non parrebbe corretto verso il movimento il loro rapporto riacceso, mentre il marito è ancora in carcere.


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Danny mantiene la calma in questa tempesta, cerca di guadagnare tempo e nel frattempo si allena duramente per tornare sul ring con qualche incontro secondario, per poter risalire la china e affacciarsi nel panorama agonistico almeno nazionale. Nel frattempo che cerca di rilanciare la palestra tra gli appassionati che vogliono dedicarsi all’attività, prova a non scontentare Joe, il padre di Maggie, che è il responsabile locale dell’IRA, il quale ha intrapreso un’operazione pacifistica per far cessare la guerra con i protestanti, anche con lo scopo di far liberare gli ultimi prigionieri le cui mogli (come Maggie) sono sempre in attesa. Ma il vero nemico è Harry, il braccio destro di Joe, che al contrario ha posizioni moto dure e contrariamente al capo non vuole addivenire a posizioni più morbide, non ha alcuna intenzione di mettere da parte le armi. Danny è malvisto da Harry, specialmente molto indispettito dopo lo sgarbo subito dal pugile, che, scoperta una riserva consistente di esplosivo, l’ha buttata nel fiume. Il contesto prenderà una direzione parecchio pericolosa, sempre più nervosa. Nulla di buono si prospetta e l’occasione purtroppo si ripresenterà, riaccendendo le ostilità, soprattutto con la polizia locale e l’esercito inglese. Le vendette e le sentenze non tarderanno. Il gran finale si presenterà come il definitivo regolamento di conti, tra tragedia e l’amore ritrovato, degno di una drammaturgia inevitabile. Se da un lato la trama scritta da Jim Sheridan e Terry George offre la felicità ai due ex adolescenti, dall’altro lascia sull’asfalto i corpi di personaggi importanti.


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Film duro, che necessitava di interpretazioni impegnative, di corpo e mente, e quando si tratta di tirar fuori il massimo ed anche di più, Daniel Day-Lewis è insuperabile: gli basta guardare qualcuno ed è già arte. Che attore! Il suo sguardo è fiammeggiante, esprime con gran talento le sensazioni e i sentimenti repressi a lungo, senza mai eccedere, esternando con misura i segreti intimi. Accanto a lui la solita dolcissima Emily Watson, che poche volte ha saputo recitare in questa maniera. Giovane e bella, dagli occhioni chiari racconta il legame mai cancellato, rispondendo, senza paura dell’ambiente ostile, ai timori di quello che ormai è diventato un uomo, non più il ragazzo che era finito in galera, tra l’altro, senza mai tradire la persona che lo aveva messo nei guai: proprio quell’Harry che lo sta duramente ostacolando nella rinascita. I loro bellissimi incontri sono il cuore del film e non si può fare a meno di ammirare la loro interpretazione.


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Si chiude qui, per Jim Sheridan, la trilogia con il superbo attore: tre film bellissimi che non riuscirà mai più ad eguagliare con gli altri, sia per la consistenza qualitativa delle tre opere, sia per la bravura dei rispettivi cast, ribadendo anche le eccellenti sceneggiature in cui anche lui ha saputo dare il forte contributo. Solo nove film in 27 anni, ma quasi tutti lodevoli, con l’Irlanda nel cuore.


Riconoscimenti

Golden Globe 1998

Candidatura miglior film drammatico

Candidatura miglior regista a Jim Sheridan

Candidatura miglior attore in un film drammatico a Daniel Day-Lewis

Premio Goya 1999

Miglior film europeo

Festival di Berlino 1998

Premio della giuria dei lettori del Berliner Morgenpost



 
 
 

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