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The Forgiven (2021)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 7 mag 2023
  • Tempo di lettura: 6 min

Aggiornamento: 17 dic 2023


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The Forgiven

UK/USA/Canada 2021 dramma 1h57’


Regia: John Michael McDonagh

Soggetto: Lawrence Osborne (romanzo ‘Nella polvere’)

Sceneggiatura: John Michael McDonagh

Fotografia: Larry Smith

Montaggio: Elizabeth Eves, Chris Gill

Musiche: Lorne Balfe

Scenografia: Willem Smit

Costumi: Keith Madden


Ralph Fiennes: David Henninger

Jessica Chastain: Jo Henninger

Matt Smith: Richard Galloway

Caleb Landry Jones: Dally Margolis

Christopher Abbott: Tom Day

Saïd Taghmaoui: Anouar

Ismael Kanater: Abdellah Taheri

Mourad Zaoui: Hamid

Abbey Lee: Cody

Alex Jennings: Lord Swanthorne

Marie-Josée Croze: Isabelle Péret

Omar Ghazaoui: Driss


TRAMA: David e Jo Henniger, una coppia in cerca di una fuga dalla propria vita tutt'altro che felice a Londra, accettano l'invito degli amici Richard e Dally di prendere parte a una festa nella loro lussuosa casa nel deserto marocchino. Mentre percorre ubriaco le strade buie del deserto, David finisce per investire un giovane proprio durante lo svolgimento della serata. Durante il fine settimana che verrà, David e Jo saranno chiamati a fare i conti con quanto accaduto e con le conseguenze che ne verranno.


Voto 6

L’occasione è un lungo weekend di alcuni facoltosi occidentali da trascorrere in una prevedibile festa senza inibizioni, tra alcol e stupefacenti e, perché no, sesso, nella lussuosa villa della coppia gay Richard (Matt Smith) e Dally (Caleb Landry Jones) sita nel deserto nella regione dell'Alto Atlante del Marocco. Un gruppo di stranieri in una terra, per loro, straniera, dove il colonialismo ha storicamente approfittato per aumentare i possedimenti e lo sfruttamento degli abitanti, qui evidenziato dalla schiera di servitù (“schiavi” come vengono definiti in una scena) che li osservano in silenzio e li giudicano, mentre “loro” si comportano come se fossero soli.

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David Henninger (Ralph Fiennes) e sua moglie, Jo (Jessica Chastain), sanno grosso modo in cosa consisterà il party e vi si stanno recando con un non eccessivo entusiasmo, ma almeno per dare una tregua ai loro disaccordi. Lui è un egocentrico alcolizzato permanente, lei lo sopporta a malapena. Si adatteranno comunque al clima, consci di ciò che li attende. Ora sono in viaggio di notte con la loro auto sulla incerta strada polverosa che attraversa il deserto e che li condurrà nel lusso del ritrovo. Un po’ l’alcol che è nel corpo dell’uomo, un po’ l’ennesimo litigio e la conseguente distrazione, fatto sta che l’attenzione al monotono e buio percorso è scarsa e quando un paio di adolescenti marocchini, male intenzionati e con il falso pretesto di vendere uno dei tanti fossili preistorici della zona, molto richiesti dai ricchi turisti, li attendono per fermarli, David non li vede ed investe il giovane Driss, uccidendolo sul colpo. Riprendendosi dallo stupore e dalla sorpresa, egli decide di sotterrare il documento del ragazzo e di caricare il corpo sull’auto e portarlo nella villa dove sono attesi.

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David porta quindi il corpo a casa di Richard, consegnandogli anche l’enorme contrarietà di quest’ultimo, infastidito dall’inconveniente che sta facendo iniziare molto male la festa, ma siccome la preoccupazione non va oltre il fastidio, consiglia l’ospite di non tacitare la situazione: basterà chiamare la polizia, spiegare l’accaduto accidentale e offrire un buon compenso di denaro. Come al solito, l’occidentale è convinto, in quelle terre, di mettere a posto gli inconvenienti pagando, anche le forze dell’ordine. La decisione sembra presa e accettata, ma tutto si ribalta perché di lì a poche ore, una volta avvertito, si presenta Abdellah Taheri (il bravissimo Ismael Kanater) il padre del ragazzo morto, accompagnato dal fidato interprete Anouar (Saïd Taghmaoui): panico e insicurezza all’improvviso si sparge nel gruppo chiassoso e già mezzo ubriaco, specialmente in David, il quale riceve dal fiero ed imperioso indigeno la richiesta riparatrice di accompagnarlo nel suo lontano villaggio per assistere alla sepoltura. E se fosse un terrorista dell’ISIS, si chiede David? Ma non ci sono alternative, nonostante ripeta che è stato uno sfortunato incidente stradale. Deve abbandonare la moglie e gli altri invitati e salire sul fuoristrada dell’uomo per adempiere a ciò che pare sia diventato un suo dovere, almeno per chiudere la faccenda amichevolmente, perché di certo Abdellah non ha chiesto soldi come risarcimento di quella perdita familiare che lo ha sconvolto.

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Più infastidito che addolorato e per il momento mai pentito, ma volendo comunque lasciarsi l'evento alle spalle, David accetta il compromesso ma le cose non andranno come previsto e la sua coscienza comincerà a scavare in superficie dopo anni di insensibilità. Mentre gli ospiti e i padroni di casa, tornati nella villa, riprendono le gozzoviglie e le cose procedono come programmato, con liquori che scorrono a fiumi, polvere bianca sui tavolini e scambi di letti. Jo, sollevata dalla presenza del marito, inizia a flirtare con il broker americano Tom Day (Christopher Abbott), utilizzandolo come antidoto alle preoccupazioni su e del coniuge, anche con lo scopo di sconfiggere quel senso di colpevolezza che condivide mentalmente con lui. Intanto i timori di David di violenza potenziale da parte del berbero, almeno come vendetta personale, cominciano a scemare e l’isolamento trascorso durante la notte in una casa del deserto, lo inducono alla riflessione e ad una inaspettata meditazione sul suo comportamento in occasione dell’incidente. Iniziano così una maturazione e una consapevolezza dell’accaduto che assume le vesti della colpa e delle responsabilità, addirittura del bisogno di sentirsi perdonato. Forgiven. A maggior ragione quando, l’indomani, mentre nella villa sta succedendo di tutto e anche di più, tra alcol, droghe e sesso, Abdellah lo licenzia e lo rispedisce indietro con il fuoristrada guidato dal sempre gentile Anouar, l’unico che, anche in forza della conoscenza della lingua inglese, dimostra maggiore disponibilità verso quegli stranieri, l’unico dallo sguardo umano e ospitale. Tornato in sede, David si rilassa momentaneamente, anche perché oramai il weekend è terminato, ma, ignorando volutamente ogni tipo di confidenze della moglie, prova uno strano senso che non lo lascia tranquillo, come se nonostante l’apparente perdono ricevuto dall’antagonista la storia non sia finita. Un perdono non può mai cancellare l’atto commesso e soprattutto il senso di colpa. Il destino lo attende.

Per trasmettere dalla sceneggiatura al pubblico, dallo schermo alla platea l’evoluzione psicologica di David Henninger c’era bisogno di un attore capace, di un interprete che riuscisse a decodificare gli stati d’animo diversi che viveva nell’intimo dell’anima e della mente, una maturazione che egli stesso, sempre cinico e disinteressato del destino degli altri, si meraviglia di provare: una progressione che poteva restare insoluta e indimostrabile. Ci voleva un attore di grandi proprietà recitative e John Michael McDonagh ha pescato quello giusto: Ralph Fiennes è magnifico, anche nell’essere insopportabilmente antipatico e asociale, assolutamente il migliore del cast in questa esibizione, pur contando su una delle attrici più brillanti e flessibile del panorama mondiale, Jessica Chastain. Adeguato alle richieste si rivela anche il mellifluo Christopher Abbott, il broker Tom Day, ruolo pienamente nelle sue corde. Come altrettanto si manifesta la coppia fuori dalle regole costituita da Matt Smith e Caleb Landry Jones, i padroni di casa. Ma oltre al grande protagonista, due altri si segnalano per l’efficienza della loro prestazione, i due attori marocchini (o quasi) Saïd Taghmaoui e Ismael Kanater, davvero eccellenti, il primo – a cui giustamente il regista regala primi piani efficacissimi – perfettamente nei panni, tra l’iroso e il minaccioso, del padre del ragazzo implicato nella faccenda; il secondo che emana dallo sguardo tutto quello che gli era richiesto. Due carte vincenti per la conduzione dei sentimenti che serpeggiano nell’arsura sabbiosa di panorami rossi del Paese africano. Indubbiamente un cast variegato e internazionale che riesce a dare l’idea della mescolanza della provenienza e delle etnie che si ritrovano una notte a navigare tra le dune e nel lusso sfrenato della vacanza senza divieti.

Un thriller mentale che poteva sconquassare anche lo stato d’animo dello spettatore ma che non ci riesce. John Michael McDonagh è, rispetto al ben più noto e premiato fratello Martin, quello che corrisponde al rapporto che ci è sempre stato tra Ridley e Tony Scott: uno troppo bravo e l’altro qualche gradino inferiore, oltretutto con pellicole di non notevole qualità. Succede ancora in questa occasione. Pur avendo alle spalle un bellissimo film come Calvario, qui non si ripete nella costruzione di un meccanismo solido e di una sceneggiatura da supporto adeguata. Perfino il finale pare prevedibile, un pathos già tante volte vissuto e visto e se il film resta appena godibile il merito va ad un plot di base che poteva e doveva essere più potente e alla maiuscola interpretazione del magnifico Ralph Fiennes.

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Rimarchevole la meravigliosa scenografia della terra marocchina, che con la giusta rappresentanza etnica ci porta dentro un’atmosfera che pare fatalistica – caratteristica tutta mediorientale - sin dal primo istante, alimentata dal colonialismo difficile da mettere da parte, specialmente da parte dei locali, dall’estremo classismo strafottente della ricchezza occidentale, dalla supponenza dell’impunibilità del ricco in terre povere (o meglio, impoverite), dai pregiudizi dovuti alla diffidenza verso un popolo che non si conosce, dalla mentalità scaturita dopo l’11 settembre americano che ha lasciato una dura eredità psicologica che durerà nei decenni. Non pochi, quindi, gli ingredienti di una ricca ricetta che però non è stata cucinata a dovere, non per gravi errori ma per insipienza del piatto. Non basta scandalizzare con scene di dissolutezza e di eccessi, di sesso e di cocaina, per mettere del pepe nel servizio, ci vogliono sempre basi solide dell’ossatura principale. Nonostante la buona prova di alcuni attori.


Non tutto da buttare, in definitiva, ma poteva andare meglio, e ciò succede solo con i migliori autori.


 
 
 

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