The Forty-Year-Old Version (2020)
- michemar

- 25 feb 2021
- Tempo di lettura: 5 min

The Forty-Year-Old Version
USA 2020 dramma 2h3’
Regia: Radha Blank
Sceneggiatura: Radha Blank
Fotografia: Eric Branco
Montaggio: Robert Grigsby Wilson
Scenografia: Valeria De Felice
Costumi: Sarah Williams
Radha Blank: Radha
Peter Kim: Archie
Oswin Benjamin: D
Imani Lewis: Elaine
Haskiri Velazquez: Rosa
Antonio Ortiz: Waldo
TJ Atoms: Kamal
Jacob Ming-Trent: Lamont
Stacey Sargeant: Stacey
William Oliver Watkins: Marcus
Meghan O'Neill: Jaime
André Ward: Forrest
Welker White: Julie
Reed Birney: J. Whitman
TRAMA: Radha è una donna di grande talento che, nonostante anni prima abbia vinto un rinomato premio Under 30, si ritrova ora bloccata e alla disperata ricerca di una svolta. Ha 40 anni, fa l’insegnante di scrittura a un gruppo di turbolenti giovani che non la apprezzano e con quello che guadagna paga l’affitto del suo appartamento nel quartiere di Harlem. Il suo agente nonché amico, Archie, cerca di tenere alta la memoria del suo talento, purtroppo non riuscendoci spesso quanto vorrebbe. Stanca di aspettare che la fortuna bossi alla sua porta, Radha decide di reinventarsi, utilizzando la sua esperienza per scrivere e incidere dei brani hip-hop sotto lo pseudonimo di RadhaMUSPrime, nella speranza di essere ascoltata e di crearsi da sola la svolta tanto attesa.
Voto 7,5

Le opere autobiografiche nel cinema sono frequenti, spesso come valvola di sfogo, una sorta di autoanalisi liberatoria, ma ciò che è riuscita a fare questa eccezionale Radha Blank è qualcosa di più, va oltre. Principalmente perché ha raccontato di sé apertamente, spalancando mente e cuore, esponendosi all’obiettivo della macchina da presa in maniera totale e completando l’operazione scrivendo, interpretando, producendo e dirigendo un film che è più di una narrazione di una trama: è un autodocumentario in cui svela ogni minimo particolare di sé e del suo travaglio in una fase della vita importante.
La seguiamo passo passo, frase dopo frase, in un ininterrotto colloquio con se stessa e con i vari interlocutori che incontra, con cui si scontra a volte, anzi spesso, combattiva e ribelle ad ogni conformismo. È in piena crisi artistica ed esistenziale, duramente provata dai tanti fallimenti con cui deve fare i conti tutti i giorni. Molte delle sue numerose scritture non sono approdate come sognava nei teatri minori di Broadway e in TV, si sente frustrata dopo essersi illusa di una carriera di autrice drammaturgica a seguito del premio prestigioso vinto una decina di anni prima. Quel trofeo, vanto del suo talento, lo ha vinto in qualità di migliore promessa al di sotto dei 30 anni e oggi, che sta arrivando al traguardo dei suoi 40 anni di età, vede svanire le possibilità di successo che credeva stessero premiando il suo talento. Ed invece no, tutto va storto e prefigura il fallimento.

È un difficile momento della sua vita, è indecisa su quale strada prendere, allorquando invece scopre una inaspettata passione e, perché no, una discreta inclinazione, per il rap, fino al punto che ormai parla, si esprime, esterna continuamente anche con le altre persone con lo stile e il linguaggio del hip-hop. Questo slang, se mi si passa il termine, e il conseguente e inevitabile ritmo ossessivo e ripetitivo del genere musicale diventano il suo modo di rapportarsi agli altri e caratterizza l’intera durata del film, che acquista così un ritmo sincopato che accompagna lo spettatore per tutta la durata. È come una colonna sonora che affianca tutte le ore del giorno e della notte, un commento musicale che diventa protagonista assieme a lei, Radha, che per l’occasione e per darsi un tono da vera rapper sceglie in nome d’arte di RadhaMUSprime.

Le due facce, teatrale e musicale, della sua espressività si alternano continuamente dal momento che intanto riceve qualche offerta di scrittura o regia di opere di altri e nel frattempo prova ad affermarsi come rapper dopo aver conosciuto D, un produttore musicale e creatore di basi musicali – caratteristici ritmi essenziali di quella musica – per i tanti giovani che cercano di sfondare. Lei non è più giovanissima e quel giovanotto, che prima la rifiuta ritenendola fuori età (quasi le fa pena) e poi la cerca scoprendo le buonissime qualità di Radha, la aiuta ad entrare in quel mondo e la inserisce in una vetrina di debuttanti. Scoprendosi meglio l’un l’altro nasce anche un rapporto più stretto che li porta prima ad una notte d’amore ed infine ad una unione che sarà tutta mettere alla prova. Di certo, dopo l’iniziale indifferenza, la loro relazione ha subito un cambiamento nonostante la differenza d’età. Nel frattempo, Radha non ha mai abbandonato una antica passione, quella di insegnante di recitazione, compito che svolge con dedizione e pazienza infinite, tanto è l’amore che sente nei confronti del teatro. Malgrado la sua notevole corporatura, è instancabile e gira tutto il giorno e parte della notte combattendo contro tutta quella umanità che non la asseconda. Litiga con il suo agente omosessuale e di origine coreana Archie (anche ferocemente), con il celebre autore J. Whitman che le affida la regia e la parziale modifica del testo e dei personaggi (ma gli mette le mani al collo) che le chiede solo di rendere il tutto più “universale” e “autentico” (cioè più “bianco” e più “porno della povertà”), insomma la personalità e il forte carattere di cui è dotata non la fa stare in pace col mondo. La causa di tutto è che sente sfuggirle l’occasione di diventare qualcuno e sfondare con i suoi drammi, ripensando sempre alla madre defunta che aveva le medesime passioni e che lei ricorda come sfiduciata e depressa. Per fortuna sarà il fratello, incontrato in occasione dello sgombro della casa materna, che le farà presente che la loro mamma è nelle sue rievocazioni come una donna rinascimentale di talento piuttosto che come un fallimento.


Radha odia i compromessi: è questo il motivo principale per cui è in guerra con tutti e che le provoca attriti con il mondo restante, con l’ambiente in cui vuole riuscire. Sarà il rap che le permetterà di liberare la personalità tanto coltivata e accudita? La scelta di tenere la macchina da presa continuamente addosso non solo su se stessa ma anche sugli altri attori, pur se in maniera meno invadente, il bianco e nero che esalta la sua opera total black, le strade illuminate di Harlem che anche di giorno danno un’idea notturna, i variegati personaggi che abitano la storia, il montaggio che ci aiuta a seguirla nel continuo peregrinare per le strade a qualsiasi ora della giornata, l’andamento ondivago della camminata da vera rapper, quel modo particolare della recitazione che pare continuamente improvvisata (sicuramente non avrà seguito alla lettera la sua sceneggiatura scritta sulla carta), insomma un insieme di trovate originali e ben applicate fanno sì che il film, una volta lasciatisi trascinare nel vortice di questo donnone che spesso mi è risultato affascinante, conquista l’intelletto e la pancia. Tifando per lei, sperando di vederla acquietata, di ritrovarla un giorno felice e appagata, che quel largo corpo non le sia stato di impedimento al successo anche affettivo. E forse, il messaggio di cambiamento in meglio arriva all’ultima sequenza che inquadra lei e D che si allontanano girando l’angolo della strada (chissà perché mi ha ricordato il finale di Tempi moderni in cui Charlot si incammina con Paulette Goddard per sparire all’orizzonte) e a sorpresa lo schermo si riempie di colori. Un particolare però è assodato al termine: Radha Blank è una forza della natura, è un’artista originale e talentuosa, è una donna capace di realizzare un’opera come questa.
Non è da tutti!
(da vedere obbligatoriamente in originale, altrimenti non si apprezza la bravura dell’attrice)
- Premio per la regia al Sundance Film Festival 2020 e altri 12 riconoscimenti –






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