The French Dispatch (2021)
- michemar

- 2 mar 2022
- Tempo di lettura: 5 min

The French Dispatch
(The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun) USA/Germania 2021 commedia 1h47’
Regia: Wes Anderson
Sceneggiatura: Wes Anderson
Fotografia: Robert D. Yeoman
Montaggio: Andrew Weisblum
Musiche: Alexandre Desplat
Scenografia: Adam Stockhausen
Costumi: Milena Canonero
Bill Murray: Arthur HowitzerJr.
Owen Wilson: Herbsaint Salzerac
Elisabeth Moss: Alumna
Jason Schwartzman: Hermes Jones
Fisher Stevens: story editor
Griffin Dunne: consulente legale
Bruno Delbonnel: Tip-Top
Benicio del Toro: Moses Rosenthaler
Tony Revolori: Moses da giovane
Adrien Brody: Julien Cadazio
Tilda Swinton: J. K. L. Berensen
Léa Seydoux: Simone
Lois Smith: Upshur "Maw" Clampette
Henry Winkler: zio Joe
Bob Balaban: zio Nick
Denis Ménochet: guardia carceraria
Larry Pine: magistrato
Frances McDormand: Lucinda Krementz
Timothée Chalamet: Zeffirelli
Lyna Khoudri: Juliette
Alex Lawther: Morisot
Mohamed Belhadjine: Mitch-Mitch
Nicolas Avinée: Vittel
Toheeb Jimoh: cadetto #1
Guillaume Gallienne: Mr. B
Cécile de France: Mrs. B
Christoph Waltz: Paul Duval
Pablo Pauly: cameriere
Rupert Friend: sergente
Jeffrey Wright: Roebuck Wright
Mathieu Amalric: commissario
Stephen Park: ten. Nescaffier
Liev Schreiber: conduttore del Talk-Show
Edward Norton: chauffeur
Willem Dafoe: Albert
Saoirse Ronan: showgirl
Hippolyte Girardot: Chou-fleur
Damien Bonnard: poliziotto
Winsen Ait Hellal: Gigi
Anjelica Huston (Ludovica Modugno): narratrice
TRAMA: Alla morte del loro amato editore e fondatore della rivista per cui lavorano, quattro giornalisti danno vita a quattro differenti e complicate storie, ambientate sullo sfondo di una cittadina francese del XX secolo.
Voto 6

Benvenuti a Ennui-sur-Blasé, la cittadina più francese che si può immaginare in cui Wes Anderson ha ambientato il suo ultimo film, una sorta di dedica al giornalismo di strada, con una variopinta redazione modellata su quella del New Yorker, la cui scritta luminosa ogni tanto campeggia sullo sfondo della scena. Siamo a Ennui-sur-Blasé, cittadina fittizia tra il pittorico e la plastica, come fosse (e lo è) il luogo di una fiaba. Talmente inventata da Wes Anderson che necessitava di una storia non solo inventata come sempre succede nella fiction ma totalmente impregnata di fantasia sfrenata, con mille personaggi e tante vicende che passano veloci come una pioggia di primavera.

Il cinema, come sappiamo, è fatto di trame con diversi personaggi ma quasi sempre con un paio di loro che vestono il ruolo dei protagonisti; altre volte, con registi che amano guardare il mondo nella globalità della più varia umanità, non si riesce a distinguere la figura principale essendo una trama che coinvolge alla pari tanti individui, il cosiddetto cinema “corale”. In fondo a questa galleria c’è però un regista tutto particolare, che agisce con uno stuolo infiniti di personaggi, una specie di album delle figurine, tra l’altro molto colorate nei caratteri, ognuno con una sua storia personale. Ma tutti assieme ben mescolati. E siccome Anderson non gira serie TV (anzi, all’incontrario: al massimo si era spinto nel campo degli shorts) non può regalare a questi personaggi più di tanto come tempo, per cui passano quasi tutti velocemente, come una rassegna di umanità variopinta, stralunata, eccentrica, spesso solitaria, felicemente infelice.

Credo che nel caso di The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun – un titolo che è già programmatico e dalla lunghezza insolita – basta elencare la lista degli interpreti e dei personaggi (come si può notare nella scheda in cima) per farsi un’idea della folla che ha chiamato alla sua corte. È noto che tanti ci tengano ad avere un ruolo, fosse anche solo una particina. Chi non manca mai sono i pochi habitué fedelissimi: Bill Murray in primis e in assoluto (sette film in collaborazione), poi Owen Wilson (con sei film), Jason Schwartzman (cinque apparizioni), Adrien Brody e Tilda Swinton (con tre). A questi affezionati, il buon Wes vi ha aggiunto un elenco di decine di attori ben noti, ognuno con un personaggio che, seppure con pochi minuti a disposizione, si riesce a capire che tipi sono e cosa fanno nella vita.

Dalla prima sequenza è chiaro che lui, anche sceneggiatore divertito, avverte lo spettatore che gli avvenimenti sono tanti e che ci potrà essere qualche sbavatura, tanto che i redattori presenti nella sala delle riunioni del giornale The French Dispatch per decidere il numero da pubblicare, sotto l’egida del direttore Arthur HowitzerJr., prima di tutto fanno presente al loro capo che hanno per le mani troppi articoli e qualche autore dovrebbe restare fuori e che hanno scoperto troppi refusi che andrebbero corretti. La risposta è di non cestinare nulla, di comprare piuttosto più carta e più inchiostro, affinché tutto vada in stampa. Sì, è un avvertimento per noi che assistiamo: le storie sono tante e le vedremo tutte e se ci sono imperfezioni, pazienza, va bene lo stesso. Quali siano le notizie che andranno sulla carta si fa presto a conoscerle, sono proprio le vicende che il film si accinge a raccontare, nello stesso ordine in cui verranno impaginate. Vicende che vedono, come detto, moltissimi personaggi e sono di conseguenza raggruppate in quattro capitoli: Il reporter ciclista, Un capolavoro nel cemento, Revisioni di un manifesto, La sala da pranzo del commissario di polizia e terminano con un Epilogo.

Il primo vede l’inviato Herbsaint Sazerac (Owen Wilson) che fa un giro in bicicletta per la cittadina, mettendo a confronto le zone tipiche come erano e come sono oggi.

Il secondo (il più simpatico e sorprendente?) si svolge in una prigione dove Moses Rosenthaler (Benicio del Toro), artista, disturbato mentale e condannato per omicidio, sfoga la sua vena artistica come pittore prima dipingendo il nudo di Simone (Léa Seydoux), una agente penitenziaria (l’attrice si offre in tutta la sua carnalità all’obiettivo del regista, totalmente!) che posa per lui, soggetto che poi replica sul muro del carcere, facendo disperare il magnate Julien Cadazio (Adrien Brody), in cella anche lui per evasione fiscale, che vorrebbe comprare tutta la produzione. Ma che è dipinta come affreschi sul muro.

Nel terzo avvenimento si narra di una giornalista, Lucinda Krementz (Frances McDormand), che riferisce su una protesta studentesca che scoppia nelle strade di Ennui-sur-Blasé e che presto sfocia nella "rivoluzione della scacchiera". Il leader della rivolta è un giovane, Zeffirelli (Timothée Chalamet) che prima ha una relazione con la donna e poi si innamora della compagna di lotta Juliette (Lyna Khoudri).

Infine, nel quarto Roebuck Wright (Jeffrey Wright) racconta della sua partecipazione a una cena privata in casa del commissario della polizia di Ennui (Mathieu Amalric) preparata dal leggendario poliziotto-chef tenente Nescaffier, cena che viene interrotta dal rapimento di Gigi, figlio del commissario.


La conclusione è affidata all’epilogo quando, per un attacco cardiaco, muore il direttore Howitzer, motivo per il quale va purtroppo in stampa l’ultimo numero del dispaccio francese.

Se i nomi delle attrici e degli attori sembrano tanti non è la giusta percezione, perché quelli che girano nel film, tutti divi famosissimi, sono molti ma molti di più, dai più celebri, anche se compaiono per solo alcuni istanti, ai meno famosi. Una marea, tutti vestiti da Milena Canonero come in una favola grottesca che si muovono in una scenografia irreale, un paesaggio e una scenografia dai forti colori pastello fotografati in maniera marcata da Robert D. Yeoman. Come piace a Wes Anderson. Ha importanza in questo scenario una trama attendibile? No, anche perché se fosse davvero attendibile non sarebbe un soggetto degno del regista texano, il quale diverte i suoi fans e se stesso con questa idea di cinema che è tutta sua. Per quanto riguarda il mio personale giudizio sono, come al solito, perplesso. Non sono un cultore dell’Anderson chiamato Wes, piuttosto dell’altro, Paul Thomas, anzi un profondo estimatore di quest’ultimo e quindi di tutt’altro cinema e contenuto. È fuori da ogni dubbio che questo è un cinema differente e divertente ma chi non lo apprezza per quello che è prima o poi, durante la proiezione, si annoia. Le vivaci e surreali storie di Wes sono in ogni caso dilettevoli e soprattutto davvero originali, con personaggi così astratti e colorati che risultano per forza simpatici.

La riuscita, comunque, sta sicuramente nel fatto che gli attori, primari e secondari, sono onorati di far parte del cast e vi partecipano con l’adesione più totale, stando al gioco che l’autore chiede loro, pur per brevi apparizioni. E che cast, accipicchia!
A prescindere dal mio voto (che è pur sempre un numero relativo, necessita sempre spiegarlo) è senza dubbio l’opera di un cinema unico. E piacevolissimo, soprattutto per chi lo apprezza.






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