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The Hanging Sun - Sole di mezzanotte (2022)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 11 dic 2022
  • Tempo di lettura: 5 min

Aggiornamento: 3 giu 2023


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The Hanging Sun - Sole di mezzanotte

(The Hanging Sun) Italia 2022 thriller 1h33’


Regia: Francesco Carrozzini

Soggetto: Jo Nesbø (romanzo)

Sceneggiatura: Stefano Bises

Fotografia: Nicolai Brüel

Montaggio: Francesco Panetta, Giuseppe Trepiccione

Musiche: Andrea Farri

Scenografia: Karin Myrenberg Faber, Mikael Varhelyi

Costumi: Mariano Tufano


Alessandro Borghi: John / Ray

Jessica Brown Findlay: Lea

Sam Spruell: Aaron / Nicolas

Frederick Schmidt: Michael

Raphael Vicas: Caleb

Peter Mullan: padre di John

Charles Dance: pastore Jacob


TRAMA: John è in fuga e trova riparo nel fitto della foresta, vicina a un villaggio isolato dell'estremo Nord dove il sole non tramonta mai e le persone sembrano appartenere a un'altra epoca. Tra lui e il suo destino ci sono solo Lea, una donna in difficoltà ma dalla grande forza, e suo figlio Caleb, un bambino curioso e dal cuore puro. Mentre il sole di mezzanotte confonde realtà e immaginazione, John dovrà affrontare il tragico passato che lo tormenta.


Voto 6,5

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Ancora un film tratto da un romanzo dello scrittore Jo Nesbø (il più recente è L'uomo di neve) come sempre ambientato nella sua Norvegia glaciale anche se questa volta non innevata, ma dominata nella regione più a nordeuropeo dal sole che per sei mesi non tramonta mai. Una luce, stavolta ingrigita dal cielo persistentemente nuvoloso, che avvolge facce indurite e rattristate da una vita isolata e monotona. È un villaggio di poche anime condizionate da una plumbea atmosfera di religione e pesca, da un maschilismo imperante e da poche donne sottomesse, dove è vietato persino fumare o bere alcolici, che pur si vendono per affogare una esistenza affievolita dall’assenza di un minimo di umanità. La vita ripetitiva e vuota viene scossa dall’arrivo di un forestiero che non minaccia alcuno ma che viene recepito come una minaccia alla piattezza esistente come un disturbo alla chiusura della piccola comunità. Pochi abitanti e pochissimi personaggi di una vicenda che non preannuncia nulla di buono.

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Il fotografo delle celebrità Francesco Carrozzini, dopo un documentario, esordisce nel cinema di finzione con un romanzo del celebre scrittore norvegese in una produzione italiana ma anche internazionale (tra cui Matteo Rovere, sempre al fianco di giovani promettenti, e Sky Studios) con un affermato protagonista italiano quale Alessandro Borghi. Scegliendo una narrazione che alterna la trama corrente con diverse sequenze in flashback, ha modo di spiegare il passato non facile del protagonista, quando da adolescente era stato adottato da un rude uomo (Peter Mullan) per affiancarlo all’altro figlio da cui non era mai stato ben accettato in casa. Quel padre gli dedica un sufficiente affetto ma lo obbliga a diventare un killer, attività a cui il giovane voleva porre fine con la fuga, dopo l’ennesimo violento litigio con il fratello acquisito e a un incendio per cancellare il passato.

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L’uomo si fa passare per Ray Miller, quando arriva in quello sperduto borgo freddo e inospitale ai margini della foresta e posto sul porto da cui partono barche da pesca per lavoro o per diletto. Luogo, parole del locale Pastore, i cui abitanti sono poco abituati ai forestieri, che se restano molto a lungo tendono a introdurre abitudini che trovano sgradevoli. Ray dichiara al minuscolo ufficio postale di essere in attesa di un pacco, ma contenete cosa? Ma soprattutto, da chi, dal momento che è in fuga apparentemente senza una meta precisa se non con l’intenzione di allontanarsi quanto più possibile da quella regione anche attraversando il confine? Questo è indubbiamente un lato oscuro e per nulla spiegato dalla sceneggiatura: la regia si concentra sul presente e principalmente sulle difficoltà di due persone. La prima è Lea (Jessica Brown Findlay), una bella donna che però si sta lasciando andare a causa di un marito violento e degli abusi subiti e non vedendo davanti a sé un futuro migliore e che, dopo la morte oscura e poco credibile a bordo della sua barca, si è ancor più stretta a se stessa e al suo intelligente e sensibile ragazzino Caleb. Per giunta ha come padre il severissimo pastore di anime della chiesa, Jacob (Charles Dance), un predicatore che, come da tradizione, predica la paura come principio di vita cristiana, maestra di sana condotta moderata per allontanare la tentazione di azioni disoneste: “Dobbiamo avere paura. La paura è una virtù. Allontana dai pericoli della tentazione, ci protegge dal male che portiamo dentro noi stessi.”. Un fondamentalista in una comunità chiusa.

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Il secondo è appunto il nuovo arrivato, lo sfuggente e silenzioso John, suo vero nome, che appena giunto chiede dove può soggiornare solo per qualche notte, prima di ripartire. Inevitabile che queste due anime di debbano e si possano incontrare nell’ambiente che trovano ostile, che preclude alla libertà personale e di comportamento, delle scelte private. Lui è già in fuga, l’altra comincia a desiderare di farlo, a maggior ragione dopo che il padre ha deciso di dargli come secondo marito il fratello gemello dell’ex che non esita a farsi avanti. Anche il piccolo Caleb, intanto, si sta affezionando a quell’estraneo che gli pare una ventata di novità nella monotonia quotidiana e una buona compagnia alle sue prime pulsazioni di avventura. Anche lui si è accorto delle angustie che vive la madre e non disprezzerebbe una seconda chance. John, che nel frattempo rispecchia se stesso in quel fanciullo, è in stato di apprensione perché il tanto atteso pacco è in ritardo e il fratello è sulle sue tracce in compagnia di brutti ceffi, determinati ad eliminarlo per ordine del burbero padre adottivo. L’evasione da quel mondo è l’unica ancora di salvezza per lui e per Lea e Caleb, è la possibilità della redenzione e di una nuova vita, di una nuova famiglia, dove finalmente si accenderebbe l’attrazione e il vero affetto.

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Un thriller noir ambientato tra le atmosfere rarefatte dell’estate norvegese dove il sole non tramonta mai, la vita e la morte si intrecciano, presente e passato si sovrappongono. Un giallo che si rarefà nel male di vivere e nella tossicità dei rapporti familiari in cui il buon esordio di Francesco Carrozzini sfrutta uno scenario naturale idoneo alla storia, dotato di splendidi scenari nordici, che possono sembrare cupi come i personaggi. Alessandro Borghi, perennemente nascosto dalla folta barba, dalla lunga capigliatura e dal berretto di lana, mostra tutte le sue note qualità, facendo saettare i suoi occhi sempre attenti come il lupo che sente e vede sin dall’adolescenza e nella cui tana troverà riparo: bravissimo e con un perfetto inglese che gli garantisce sicure future partecipazioni a produzioni internazionali. Notevole la presenza della bella Jessica Brown Findlay, selvaggia e imbruttita nei momenti difficoltosi, radiosa quando intravede l’opportunità della liberazione. Un cast che vede nomi eccellenti come Peter Mullan e Charles Dance significa una buona occasione per un regista esordiente, un buon viatico soprattutto se il film piacerà al pubblico, soprattutto televisivo e di piattaforma streaming, dal momento che è stato presentato in chiusura della 79.a Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia del 2022 ed è uscito nelle sale italiane per soli tre giorni.

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Francesco Carrozzini: “Quando ho letto per la prima volta il romanzo di Jo Nesbø ero in California e nulla avrebbe potuto essere più distante dagli scenari descritti: noir, infiniti ma claustrofobici e allo stesso tempo mistici. Da subito mi ha toccato la storia di amicizia tra John, la cui infanzia è stata interrotta, e Caleb, un bambino già un po’ adulto in cui John si rivede. Ho anche amato moltissimo il fatto che John e Lea si innamorino senza quasi sfiorarsi. Tutto il lavoro che ho fatto su me stesso e di riflesso sul film è stato un percorso accidentato, sorprendente e di grande catarsi, in cui sono diventato padre ed ho imparato cosa voglia dire essere figlio. La scrittura di Stefano Bises ha ovviamente dato forza a questo percorso aiutando a solidificare un dramma sentimentale con il cemento del noir. Lavorare con giganti come Charles Dance e Peter Mullan e con incredibili attori come Alessandro Borghi, Jessica Brown Findlay, Raphael Vicas, Fred Schmidt e Sam Spruell è stato non solo un onore ma una scuola incredibile e devo a loro se ho scoperto sulla mia pelle cosa voglia dire fare cinema, un sogno che avevo fin da bambino. Sono anche stato fortunato perché, grazie al coraggio dei produttori, abbiamo girato nei luoghi da cui il romanzo proviene. Passare tre mesi su un’isola in Norvegia a fare un film è stato come vivere in un mondo parallelo.



 
 
 

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