The History Boys (2006)
- michemar

- 8 feb 2019
- Tempo di lettura: 3 min
The History Boys
UK 2006, commedia, 1h49'
di Nicholas Hytner
con Richard Griffiths, Frances de la Tour, Clive Merrison
TRAMA: Yorkshire, Inghilterra, 1983. Otto studenti di una scuola pubblica maschile stanno preparando gli esami di ammissione alle due prestigiose università di Oxford e Cambridge. Ad aiutarli nella difficile preparazione ci sono due attenti insegnanti dall'indole opposta: Irwin, brillante neolaureato a Oxford, e Hector, insegnante di letteratura, anticonformista e poco convenzionale. I due professori, oltre a forgiare le menti dei ragazzi, avranno anche il duro compito di distoglierli dalle numerose distrazioni extrascolastiche.
Voto 7,5

Tutti lo definiscono un romanzo di formazione, un testo teatrale di formazione, ci manca solo che sia un film di formazione. Ma questo è parlare solo di un lato dell’opera, di una faccia della medaglia. Indubbiamente si parla di una classe di ottimi studenti e della loro crescita, che deve culminare nell’esame e quindi nella loro ammissione ai colleges di Oxford e Cambridge. Quindi tutto gira intorno alle ultime settimane di scuola e di lezione. Ogni studente viene ben disegnato dalla sceneggiatura e dal regista, pare pian piano di imparare a conoscerli, con le loro debolezze, le loro preferenze, le loro tendenze, perfino sessuali. Ma si sa, è l’età in cui tutto è vago e le insicurezze sono tante. Il particolare più evidente rimane il fatto che comunque questi giovanotti sono tutti intelligenti, svegli e molto disponibili e anche se si comportano come ragazzi normali il loro Q/I è notevolmente alto.

Invece per me le figure più belle, meglio dettagliate, di cui si riesce a scoprire tutto il carattere e le peculiarità sono i tre docenti, che forse ognuno di noi sognerebbe di avere o di aver avuto. Hector – uno straordinario Richard Griffiths – è uno spettacolo di professore: insegna e parla della poesia come via maestra di vita, spiegando quanto sia importante il congiuntivo e quanto sia determinante nelle ipotesi della realtà. I suoi metodi di insegnamento così rivoluzionari non sono ovviamente ben visti dal preside tradizionalista e conservatore. Irwin invece è un supplente che arriva e rivolta la maniera di affrontare le discussioni sulla storia antica e recente; ha un metodo che all’inizia spiazza gli studenti ma che poi risulta interessante e stimolante. I ragazzi lo seguono e gli si affezionano quasi quanto verso il loro beniamino Hector. Spettacolo parte è la meravigliosa professoressa Dorothy, interpretata dalla sbalorditiva Frances de la Tour. Femminista e contestatrice, è la persona più di altre capisce e comprende ogni singolo studente e con i suoi commenti diventa la coscienza critica della scuola e dell’ambiente: contro il sessismo della educazione anglosassone, come contro il maschilismo della storia, vista da lei come un corteo di uomini in testa, con le donne a seguire, con un secchio in mano. Le “sentenze” che pronuncia sono accompagnate da espressioni e occhiate che lasciano il segno e i premi per la sua straordinaria interpretazione sono arrivati puntualmente e meritatamente.

Queste tre figure di insegnanti sono come tre cancri nel seno della scuola tradizionale: scardinano le abitudini e le convenzioni, sono cancri che non portano malattia e morte, ma vitalità e stimolo all’interesse verso le materie studiate, alla partecipazione e al coinvolgimento.
I dialoghi di questa sceneggiatura fantastica hanno due registri: uno è quello degli studenti, caratterizzato dall’alto ritmo e dai normali sfottò della loro età; l’altro è quello sofisticato e brillante, pieno di humour tagliente, diretta derivazione della pièce teatrale da cui scaturisce.
La classe poi si disperderà come tutte le classi della nostra vita: chi seguirà la via universitaria del college, chi intraprenderà i mestieri consoni alle sue tendenze. Ognuno porterà con sé però la grande esperienza vissuta in quella scuola, così eterogenea e multirazziale. Cosa che mi fa rabbia: con i britannici convivono tranquillamente giovanotti di origine indiana, africana, di religione cristiana, musulmana ed ebrea. Nessuna distinzione in una nazione all’avanguardia, dove ogni persona è un uomo e basta (o una donna e basta, come piacerebbe alla prof Dorothy).






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