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The Iron Lady (2011)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 19 feb 2021
  • Tempo di lettura: 3 min

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The Iron Lady

UK/Francia 2011 biografico 1h40'


Regia: Phyllida Lloyd

Sceneggiatura: Abi Morgan

Fotografia: Elliot Davis

Montaggio: Justine Wright

Musiche: Thomas Newman

Scenografia: Simon Elliott

Costumi: Consolata Boyle

Trucco: Mark Coulier, J. Roy Helland


Meryl Streep: Margaret Thatcher

Jim Broadbent: Denis Thatcher

Alexandra Roach: Margareth da giovane

Olivia Colman: Carol Thatcher

Anthony Head: Geoffrey Howe

Richard E. Grant: Michael Heseltine

Roger Allam: Gordon Reece

Michael Pennington: Michael Foot

Angus Wright: John Nott

Julian Wadham: Francis Pym


TRAMA: Oggi ottantenne, Margareth Thatcher, già primo ministro britannico dal 1979 al 1990, fa colazione nella sua casa londinese a Chester Square. Il marito Denis è morto ormai da molti anni ma la decisione di sgombrare finalmente il suo guardaroba la mette in forte stato di agitazione. Mentre si accinge a dare inizio alla giornata, l'uomo le appare: vero, amorevole e rispettoso come quando era in vita. Dalla nascita della passione politica agli studi universitari a Oxford, dal sessismo subito all'interno del Partito Conservatore britannico alle sue prime lotte alla Camera, dal suo arrivo trionfale al n.10 di Downing Street alle dimissioni.


Voto 6,5


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"Con tutto il rispetto generale, ho dovuto combattere sempre, ogni santo giorno della mia vita e sono stata sottovalutata da molti uomini in passato." In poche (sue) parole, è ben riassunta la vita di Margaret Thatcher, una donna di ferro (così soprannominata) nella politica e nel governo del suo Paese, passata alla Storia e ricordata per sempre tra antipatia e tracce di politiche economiche che non pochi hanno raccolto come eredità da conservare e imitare. Un personaggio così complesso e non facile da raccontare che forse solo una attrice di grande tempra come Meryl Streep poteva rendere efficacemente sullo schermo o su un palcoscenico teatrale, l’ennesimo ruolo che l’ha condotta fino al premio più ambito, cioè vincendo un altro Oscar. Un'altra statuetta dorata andò per il trucco necessario ed inevitabile a Mark Coulier e J. Roy Helland.


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Noi italiani non siamo impazziti per questo film, ma devo ancora tornare su un argomento a cui tengo molto e che ripeto frequentemente ma che ancora una volta risulta d’obbligo per essere veramente obiettivi: il doppiaggio. Anche questa volta una voce altrui, pur se valente, ha danneggiato il film originale perché la forza del film è tutta nell'impostazione vocale della Streep (è insuperabile in questo, in ogni occasione, mai la stessa voce) non per imitare ma per rendersi il più fedele possibile all’originale. Un atto di eccelsa bravura, disperso in un’altra voce. Insomma, un vero peccato perdere la versione originale per dare un giudizio obiettivo, perché è lì almeno il 70% del valore del film. Date uno sguardo, please, al trailer originale in calce.


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Odiata in patria dalla working class, la signora della politica britannica, importante esponente conservatrice, è qui rappresentata come un’eroina per la tenacia e la innegabile resilienza in un mondo maschilista che la osteggiò non poco durante la sua ascesa, sempre convinta delle proprie idee. A prescindere dal giudizio personale soprattutto politico, fu ammirevole almeno per queste doti. La narrazione scelta dalla regista è divisa su due piani temporali: il presente rappresentato dagli ultimi anni di vita della donna, sola e piena di ricordi, con i dialoghi con il marito defunto, le tristi cene solitarie, il rapporto con i figli; e la collezione dei lampi fulgidi e impetuosi del passato, potente periodo che vide una donna al comando di una nazione in crisi economica, in cui ritenne necessario prendere misure scomode e intransigenti. Più che però parlare della sua carriera, la regista preferisce mettere in mostra il lato più intimistico della persona donna, moglie e madre, un ritratto celebrativo, senza giustamente interferire con il giudizio storico e politico, che qui sarebbe fuori luogo. Indubbiamente salta evidente anche il carattere pubblico della protagonista, la sua voglia di emergere, l’ambizione senza la quale è difficile far carriera soprattutto in mezzo a tanti e soli uomini che la guardavano come una marziana. Margaret Thatcher è in primo piano, sullo sfondo gli avvenimenti.


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Lo script è di Abi Morgan, una drammaturga già nota per molte sceneggiature di successo come ad esempio Shame, mentre la regista Phyllida Lloyd, rivelatasi idonea al compito di raffigurarla (sempre in armonia con l’attrice con cui ha girato più di un film), si è documentata consultando una gran quantità di materiali scritti e visivi e incontrando numerosi colleghi, politici e funzionari pubblici della Thatcher. Ad addolcire il suo carattere fu l’uomo che la accompagnò fin quando visse, il marito Denis, il cui sorriso benevolente è quello del buon Jim Broadbent.



 
 
 

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