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The Rental (2020)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 7 apr 2021
  • Tempo di lettura: 5 min

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The Rental

USA 2020 thriller/horror 1h28’


Regia: Dave Franco

Sceneggiatura: Dave Franco, Joe Swanberg

Fotografia: Christian Sprenger

Montaggio: Kyle Reiter

Musiche: Danny Bensi, Saunder Jurriaans

Scenografia: Meredith Lippincott

Costumi: Kameron Lennox


Dan Stevens: Charlie

Alison Brie: Michelle

Sheila Vand: Mina

Jeremy Allen White: Josh

Toby Huss: Taylor


TRAMA: Due coppie affittano su Airbnb una casa per le vacanze per quello che dovrebbe essere un fine settimana di evasione e svago. Inizieranno però a sospettare di essere spiati dal padrone di casa.


Voto 6

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Chi ama il thriller, che sconfini nel soft-horror o meno poco importa, sa bene che gli ingredienti essenziali sono grosso modo sempre gli stessi e un regista che si accinge a girarne uno non li fa mai mancare. Dunque, come nei casi classici, sono sempre utili una casa isolata nel bosco, l’arrivo di estranei all’ambiente che devono abitarla per qualche giorno e anche di più, stanze o capanni chiusi ermeticamente in modo da dare un segnale di mistero e custode di segreti, l’arrivo del buio notturno, la nebbia, l’affaccio sul mare tramite una scogliera alta e pericolosa… Il film di Dave Franco – il fratello minore del più noto James, uno che non vuole essere da meno del congiunto sul piano dell’originalità e della stramberia (ha il medesimo sorriso, ma con quel tanto di inquietante che basta) – ha tutti gli elementi succitati e ha pensato bene di aggiungerne uno nuovo, moderno, alla moda: l’affitto delle case seguendo l’iter on line, che amano in tanti. Il più celebre dei quali, soprattutto negli USA, è la piattaforma di AirBnB, dove in pratica si accetta di andare in un appartamento, villa o casa che sia, “al buio”, senza cioè averla mai visitata prima tranne le foto e i video che i proprietari postano sul sito, fidandosi quindi essenzialmente delle recensioni di altri (ipotetici? reali? virtuali? finti?) clienti e al proprio intuito.

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Così, ci si organizza e si parte, come per un’avventura, dato che a volte non si conosce bene neanche la zona e soprattutto i proprietari e l’oggetto della transazione. Proprio come succede ai nostri quattro protagonisti Charlie, Michelle, Josh e Mina. Costoro sono due fratelli con le loro due partner: il primo e l’ultima sono soci di una non ben specificata impresa che, deduciamo subito, in ottime condizioni di bilancio e fatturato, dal momento che si possono concedere un fine settimana sicuramente costoso, in una villa lussuosa e che (da notare) partono con l’auto dell’uomo che in America non è proprio alla portata di tutti: una BMW serie X3 o qualcosa di simile. Charlie è quello che prende sempre le redini della situazione, ha una certa predisposizione a guidare le scelte e la sua amicizia con la socia appare subito più forte e complice di una normale amicizia, una sintonia forte e affettuosa, anche troppo. Ma non ci sono problemi di sorta perché Mina è la donna di suo fratello, che ha nonostante tutto piena fiducia nei due, considerando quel rapporto normale e conseguente agli anni passati assieme nella loro attività.

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Josh ha, da quello che traspare, un lavoro meno redditizio e non ha fatto importanti titoli di studio alle spalle, per cui avverte anche una certa inferiorità soprattutto nei riguardi della sua donna, persona molto intelligente, attiva, colta e di gran carattere. Michelle invece è una ragazza matura e riflessiva, molto innamorata di Charlie: con il suo buonissimo carattere tiene il gruppo in armonia ed è piena di iniziative, tanto da aver tracciato una camminata da percorrere tra i sentieri del bosco dove passeranno il weekend.

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L’inizio del soggiorno non è però confortante come i quattro si attendevano. Prima di tutto ad attenderli non c’è nessuno e dopo che si stanno affacciando all’interno arriva un uomo scostante e burbero – presentatosi come fratello del vero proprietario - che dà immediatamente l’impressione di essere un provocatore razzista: al rimprovero di essere entrati senza il suo permesso si aggiunge un diverbio con Mina che è di origini mediorientali, calcando la pronuncia quando, riferendosi a Michelle, la chiama “donna bianca” per evidenziare le differenze con l’altra. È il primo accenno del crepuscolo dell’idillio delle prime sequenze, dell’armonia con cui la trama era iniziata, caratterizzata dal bel rapporto tra le due coppie.

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Lentamente, come da prassi horror, le varie situazioni che si verificano causano un disagio sempre maggiore. Sale la tensione, succedono strane cose, lo spettatore si accorge di movimenti sospetti e ode rumori che sfuggono agli ospiti della villa (uno dei principî basilari della tecnica di Sir Alfred Hitchcock era quello di mostrare al pubblico quello che il personaggio non vedeva o non udiva), sin quando i quattro si accorgono che c’è una microtelecamera nel soffione della doccia, che sicuramente riprende e registra (tra l’altro anche una scena che i due soci vogliono tenere segreta) trasmettendo a chissà quale centralina nascosta nell’edificio. La sconcertante scoperta causa un violento litigio con l’uomo che li aveva accolti. È semplicemente l’inizio della fine: la situazione precipita e comincia la carneficina. Ne sopravviveranno? Oppure solo tre, due, nessuno? Reagiranno? Ma contro chi, chi è, dove si nasconde? Ecco allora arrivare, come un mantra inevitabile, gli ingredienti immancabili: il buio della notte, la nebbia marina dell’oceano, l’agitazione, i litigi, l’ossessione, i tentativi maldestri di fuga. Il padrone di casa sta attuando l’ultima parte del suo piano.

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Alison Brie, Dan Stevens, SheilaVand e Jeremy Allen White se la cavano discretamente, in particolar modo la prima, attrice più che affermata assieme al secondo, mentre mi ha attratto il modo di recitare di Sheila Vand, un viso molto interessante e una interpretazione vigorosa e incisiva. Da DaveFranco non mi attendevo molto, essendo al suo esordio da regista, piuttosto mi incuriosisce il fatto che ha iniziato con un horror di stampo classico, che, sia chiaro, non è nulla di eclatante: è un soggetto semplice, uno slasher visto in varie salse, tutte cucinate con le medesime dosi, ma nel complesso si lascia vedere come ogni discreto intrattenimento.

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Al proposito, il regista ammette: “Il film è stato ispirato dalla mia paranoia sul concetto di home-sharing e credo che il modo migliore per contestualizzare il film sia una citazione del fondatore di AirBNB: -Vogliamo costruire un sito web in cui le persone pubblicano le loro foto sui loro spazi più intimi: le loro camere da letto, i loro bagni e tutti quegli altri ambienti che solitamente tengono chiusi quando ricevono visite. E poi, su internet, grazie alle immagini inviteranno dei perfetti sconosciuti a dormire nelle loro abitazioni. Sarà fantastico! - Gli Stati Uniti sono divisi come non lo sono mai stati prima e nessuno si fida più dell'altro, eppure crediamo nella possibilità di andare a soggiornare in casa di uno sconosciuto fidandoci semplicemente di alcune recensioni positive online. Mi è sembrato un buon punto di partenza per un thriller fondato su una paura reale. Niente è più spaventoso di qualcosa che possa effettivamente accadere. Volevo infondere paura sin dal primo fotogramma, costruire e creare tensione anche quando sullo schermo non sta accadendo nulla di chiaramente spaventoso. Volevo che si creasse una sensazione di paura in grado di attanagliare lo spettatore anche a film finito, facendogli ripensare a ogni casa in affitto in cui è stato.


 
 
 

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