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The Sessions - Gli incontri (2012)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 8 feb 2019
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 27 ott 2021


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The Sessions - Gli incontri

(The Sessions) USA 2012 dramma 1h35'


Regia: Ben Lewin

Soggetto: Mark O'Brien (articolo)

Sceneggiatura: Ben Lewin

Fotografia: Geoffrey Simpson

Montaggio: Lisa Bromwell

Musiche: Marco Beltrami

Scenografia: John Mott

Costumi: Justine Seymour


John Hawkes: Mark O'Brien

Helen Hunt: Cheryl Cohen-Greene

William H. Macy: padre Brendan

Moon Bloodgood: Vera

Annika Marks: Amanda

Adam Arkin: Josh

Rhea Perlman: Mikvah Lady

W. Earl Brown: Rod

Robin Weigert: Susan

Blake Lindsley: dr. Laura White

Ming Lo: Clerk

Rusty Schwimmer: Joan

Jennifer Kumiyama: Carmen


TRAMA: Berkeley, California, anni '80. Il giornalista Mark O'Brien è costretto a vivere in un polmone d'acciaio, paralizzato dalla poliomielite. Quando il suo corpo inizia a trasmettergli desideri sessuali sempre più espliciti, l'uomo decide di ricorrere a una terapista specializzata, Cheryl. Nelle sei sessioni con la donna, Mark scoprirà la gioia del sesso e la scoperta del proprio corpo. Ma quando anche i sentimenti entrano in gioco, oltre alla mera questione fisica, la faccenda si complica per tutti. Ad ascoltare la confessione del protagonista c'è poi padre Brendan, prete diviso tra la propria religione e la comprensione delle effettive necessità del suo parrocchiano.


Voto 7,5



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Mark O’Brien è un poeta e giornalista che, per una poliomielite presa da bambino, è rimasto tetraplegico e vive in un polmone d’acciaio. Ha 38 anni e non ha mai avuto ovviamente alcuna esperienza sessuale. Ha bisogno continuamente di assistenza in quanto deve essere pulito e accudito, ma il suo spirito è fortissimo, è molto brillante e il suo ottimo umore lo aiuta a sopravvivere anche in quelle condizioni. È un credente cattolico e, per quello che può, osservante. Specialmente per quello che riguarda la sfera sessuale. La sua fortuna è avere un gran bel confidente ed è il parroco della chiesa che frequenta. A lui racconta tutto: i suoi pensieri, le sue riflessioni, i suoi bisogni mai esauditi. Parlando a lui, racconta a noi spettatori la sua magra e monotona vita. Chi lo accudisce sono belle ragazze e naturalmente è a loro che rivolge le sue brame. Le confidenze al parroco sono sotto forma di confessioni ma non hanno affatto la ritualità del sacramento, diciamo che sono confessioni anomale e irrituali.

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Il prete gli risponde, lo esorta e fa anche lui lo spiritoso, ma non è la coscienza, come verrebbe spontaneo pensare, piuttosto un angioletto, un putto amoroso che dà consigli umani più che divini, più pragmatici che spirituali. Fenomenale la battuta che fa padre Brendan quando lo sente continuamente parlare di Dio e sesso: “Mi meraviglia quanto spesso Dio venga nominato durante il sesso. In fondo anche tra i non credenti l’espressione più comune dell’estasi sessuale è ‘Oh Dio!’”. Il prete è solo un pretesto, sembra stia confessandosi invece il prete siamo noi, racconta a noi la sua storia.

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Si rende così necessario contattare una terapista che fa al caso: una terapista sessuale. Che lo possa istruire, fargli fare le prime esperienze. Ma l’evoluzione del rapporto con questa signora Cheryl porterà ad una situazione prima imprevedibile, fino a rendere difficile il proseguimento delle “lezioni”. Per la buona pace di tutti, la terapia finisce ma finalmente Mark non è più vergine e avrà modo di conoscere, anche se in una situazione drammatica, la donna che vivrà con lui, fino a quando la vita glielo permetterà.

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La sceneggiatura è talmente spiritosa che sembra una commedia brillante sì da poter passare una serata a teatro. Invece è un racconto divertente di una storia drammatica e commovente. Si sorride con gli occhi umidi per le battute, per la storia e per la bontà d’animo del povero Mark. Il personaggio di Helen Hunt, la terapista Cheryl, non parrebbe un terapista sessuale, piuttosto una psicologa che capirà tutto il suo dramma interiore e i problemi che erano nati nella sua adolescenza, quando la sorellina morì perché trascurata dalla mamma troppo occupata dalla sua malattia. Lui è come un bambino, non solo perché bisognoso di coccole ma anche perché le sue reazioni sono fanciullesche per i fallimenti e i successi che gli accadono. Che poi tutte, più o meno, si innamorino di lui è la dimostrazione che non ci si invaghisce sempre dei belli, ma dei simpatici: questa leggenda sembra veritiera!

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La bravura di Helen Hunt è tale che è un errore di noi appassionati di meravigliarci tutte le volte che lei si esibisce. La sua bravura è la cosa più normale nei suoi film. Indubbiamente stavolta John Hawkes e William H. Macy aiutano alla riuscita della pellicola, perché sono veramente meravigliosi.

Come meravigliosa è la poesia che il poeta Mark lascia come eredità alle donne che hanno avuto la pazienza (e la fortuna) di amarlo: Amanda, una delle ragazze che lo accudivano, Cheryl la terapista e Susan, la volontaria dell’ospedale che vivrà con lui i pochi e ultimi anni.

Ma è un film che parla d’amore, non di sesso, sia chiaro.


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Poesia d’amore per nessuna in particolare Lascia che io ti tocchi con le mie parole Perché le mie mani giacciono flosce come guanti vuoti Lascia che le mie parole accarezzino i tuoi capelli Scendano lunga la tua schiena e ti solletichino il ventre Perché le mie mani, leggere, che volano libere come mattoni Ignorano la mia volontà E rifiutano caparbiamente di realizzare i miei più segreti desideri Lascia che le mie parole entrino nella tua mente recando fiaccole Accoglile di buon grado nel tuo essere Così che ti possano accarezzare gentilmente l’anima. Mark O’Brien



 
 
 

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