The Shift (2020)
- michemar

- 29 mag 2022
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 17 mag 2023

The Shift
Italia/Belgio 2020 thriller 1h23’
Regia: Alessandro Tonda
Sceneggiatura: Davide Orsini, Alessandro Tonda, Federico Sperindei
Musiche: Mokadelic
Scenografia: Paul Rouschop
Costumi: Christophe Pidre
Clotilde Hesme: Isabelle
Adamo Dionisi: Adamo
Adam Amara: Eden
Mostafa Benkerroum: Youssef
Djemel Barek: Edrissa
Jan Hammenecker: Thierry Meunier
Philippe Beyls: ispettore di polizia
TRAMA: Bruxelles. I diciassettenni Eden e Abdel compiono un attentato terroristico nella loro scuola. Isabelle e Adamo, due paramedici accorsi sul posto dopo l'esplosione, trovano Eden ferito e privo di sensi, e lo caricano sull'ambulanza senza immaginare che sia uno dei terroristi. Quando Isabelle si accorge che indossa una cintura esplosiva, è ormai troppo tardi: Eden si è svegliato.
Voto 6,5

Alessandro Tonda, già aiuto regista sui set della nostra serialità (da Romanzo criminale a Gomorra) prova, a distanza di qualche anno dai terribili atti terroristici commessi in Belgio dalla jihad islamica, a ricostruire il clima infernale e invivibile di quel periodo. Ragazzi adolescenti che frequentano le scuole di Bruxelles, che hanno amici e amiche tra i banchi delle aule ma che frequentano ambienti avvelenati, per giunta convertiti alla violenza delle stragi sui canali telematici segreti dell’estremismo.

Il film inizia con il ritmo quotidiano della gente che viaggia sui bus cittadini per recarsi al lavoro e a scuola ma subito ci proietta all’ingresso della scuola di Eden e Abdel: sembra l’introduzione di Elephant di Gus Van Sant. Ragazzi vivaci che scherzano, che si danno appuntamento per il dopo lezioni, zaini in spalla. Gli zaini, contenitori di libri ma anche di armi, mentre sotto i giubbotti jeans si possono trasportare anche cinture esplosive. Proprio così. Nel Belgio pieno di gente indigena e immigrati integrati e onesti lavoratori, può un genitore, anche se scrupoloso, prevedere le devianze del loro figlio? Impossibile, soprattutto se, come capita a tutte le famiglie, lo si reputa un adolescente sufficientemente a posto, che ha qualche sbandata di crescita che prima o poi passerà e, dopo il titolo di studio, si metterà a lavorare. Ed invece i due giovanottini sono stati radicalizzati e poi convinti ad immolarsi per la causa. Si guardano in giro per darsi il solito contegno ma prima che suoni la campanella per la prima ora comincia la mattanza: armi automatiche dei due che esplodono colpi a ripetizione sugli studenti, fuga precipitosa per chi può, corpi a terra sanguinanti e morenti. Esplosione forse anticipata di un corpetto e immolazione di uno dei due, mentre l’altro, Eden, resta gravemente ferito a terra, privo di sensi. Quando scattano i soccorsi arrivano le autombulanze e il superstite, come tanti altri giovani, viene caricato su un mezzo da due infermieri, ovviamente ignari del suo ruolo nell’attentato.

Dall’aria aperta dell’atrio della scuola, il regista ci proietta nello stretto abitacolo dell’autombulanza, dove Isabelle, madre belga di un ragazzo per metà tunisino, gli presta le prime cure e Adamo, immigrato italiano, guida spericolatamente nel traffico della città per arrivare in tempo in ospedale, ma prima che ciò possa avvenire Eden si sveglia e rivela il carico abbottonato sul suo corpo. È in questo momento che il film trova la sua strada e ci fa vivere minuti e minuti di altissima tensione, in cui dalla centrale dei soccorsi voglio avere notizie del percorso, senza potersi spiegare sul ritardo e sugli strani giri che il mezzo sta compiendo, mentre alla centrale di polizia cominciano a farsi domande sullo strano comportamento degli infermieri. Perché non vanno in ospedale? Perché non danno un eventuale allarme su ciò che sta accadendo? Perché non chiedono aiuto? Nessuno può immaginare la reale situazione a bordo di quella ambulanza che sta andando a tutta velocità verso il covo del maestro e addestratore islamico su pressione del giovane terrorista, che altrimenti premerebbe il fatidico pulsante che farebbe morire tutti e tre, coinvolgendo sicuramente le auto vicine e altre presumibili vittime. Isabelle e Adamo attraverseranno la città senza sapere se usciranno vivi dalla loro ambulanza.

Quasi l’intero film si gioca in quel claustrofobico spazio, mentre i genitori di Eden non sanno dare spiegazioni alla polizia che comincia ad intuire la vera situazione. La camera da presa è fluida, dinamica, portata a spalla filmando l'azione il più vicino possibile ai corpi e ai visi dei tre protagonisti, mentre la messa in scena rafforza l'urgenza e massimizza l'impatto di questo tremendo scenario, continuando ad alternare l’interno con l’esterno, l’ambulanza e i movimenti dei poliziotti, la paura scolpita sui due infermieri e l’apprensione dei genitori, tra la campagna belga in cui abita il capo terrorista e la febbrile attività della polizia per intuire la tappa di arrivo dei fuggitivi, volontari e involontari.


Alessandro Tonda gestisce bene la tensione che provoca il film e sceglie bene anche gli attori, in primis la eccellente Clotilde Hesme, che è Eden, sul cui viso è fotografabile la paura che deve dominare ma anche la lucidità che deve avere per non commettere errori, dando a credere di assecondare Eden ma cercando soluzioni che portino in salvo tutti e tre. Parla al ragazzo, gli cura le ferite, cerca di avvicinarlo, ma ogni mossa incauta può far precipitare tutto. Ed intanto l’ambulanza si avvicina al nascondiglio della cellula estremista.
Buon film, un buon esordio nel lungo per questo regista classe 1982, staremo a vedere nel futuro.






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