The Truman Show (1998)
- michemar
- 2 mar 2019
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 30 nov 2023

The Truman Show
USA 1998 dramma 1h43'
Regia: Peter Weir
Sceneggiatura: Andrew Niccol
Fotografia: Peter Biziou
Montaggio: William M. Anderson, Lee Smith
Musiche: Burkhard von Dallwitz
Scenografia: Dennis Gassner
Costumi: Marilyn Matthews
Jim Carrey: Truman Burbank
Ed Harris: Christof
Laura Linney: Hanna Gill/Meryl Burbank
Noah Emmerich: Marlon
Natascha McElhone: Lauren/Sylvia
Holland Taylor: Angela Burbank, madre di Truman
Brian Delate: Kirk Burbank, padre di Truman
Peter Krause: Lawrence
Paul Giamatti: direttore della sala di controllo
Philip Baker Hall: direttore del network
TRAMA: Ogni secondo di ogni giorno che passa Truman è, a sua insaputa, il protagonista della soap opera documentaristica più lunga e seguita della televisione. Seaheaven, la cittadina dove Truman abita è in realtà un gigantesco teatro di posa dove amici e parenti sono tutti attori pagati che recitano la loro parte. Tutto va avanti fino al giorno in cui Truman comincia a sospettare qualcosa.
Voto 9

Truman Burbank (Jim Carrey) è, a sua insaputa, la star dello show più popolare della storia della televisione. Per 10.909 giorni, è stato in onda mediante l’utilizzo di 5000 telecamere per mostrare ogni momento in ogni giorno della vita di quest’uomo. Il pubblico lo adora: ci sono persone talmente drogate delle vicende, dei comportamenti ingenui e delle sue reazioni che vanno a dormire con la TV accesa e che l’hanno installata persino nei bagni di casa propria per non perdersi neanche un secondo. Ogni individuo, quindi ogni personaggio della trama è un attore, ma con una importante eccezione: il protagonista stesso. Perché, mentre tutti intorno a lui recitano una parte, Truman è allegramente ignorante della verità, è candidamente un burattino in mano agli artifici di questo mondo artificiale. Lui pensa che tutto ciò che lo circonda sia reale e la sua noncuranza della situazione - che è anche negligenza e indolenza, a voler essere severi - dà al programma, oltre alla particolarità assoluta che non c’è nulla di contraffatto nel personaggio, il suo fascino principale. Un giorno, però, quando un qualcuno si intrufola con l’intenzione di buttar giù l’enorme velo di ipocrisia che ammanta quel mondo finto, Truman inizia a sospettare qualcosa, come se le apparenze siano ingannevoli: la gente che lo saluta sorridendo, l’amico di una vita che lo tratta in modo strano, la pubblicità invadente. E comincia a guardarsi meglio attorno. La sua vita prende così una piega differente e si sente osservato. Ora prova l’ebbrezza della voglia di libertà e la trama si tinge quasi di thriller.

Uno dei più importanti film degli anni ‘90, oggi ingiustamente poco ricordato e meno celebrato di quanto meriterebbe, ha perso quell’aurea che pareva dovesse portarsi con sé per sempre, pur restando un cult. Eppure, resta un film notevolissimo. E chissà se non sia successo perché nei nostri giorni la cosiddetta telecrazia ci ha talmente ammorbati da non spaventarci più, ha a tal punto invaso la nostra vita con trasmissioni televisive dominate reality (che non hanno niente a che vedere con fatti reali dal momento che nella pratica vuol dire “tutto falso, tutto basato su un canovaccio già scritto”) e da dibattiti trash, che quello che pareva un film futuristico e troppo fantasioso si è poi rivelato, ahimè, perfino prudente.

La bellissima sceneggiatura è di Andrew Niccol, scartato inizialmente dalla produzione come regista, ritenendolo ancora troppo inesperto per tale compito. Autore che in seguito si è preso alcune rivincite con opere interessanti ma certamente non della portata delle avventure di Truman. È l’inizio della fine della privacy (e chi ne sapeva nulla nel 1998 se non gli esperti in materia?), è la fine dei fatti privati: telecamere dappertutto con la conseguenza che i segreti propri e familiari di Truman diventano appassionati e imperdibili episodi di un serie TV… infinita. Un vero reality, questo sì, perché se tutti gli altri ne sono al corrente – perfino la moglie! – lui è l’unico ingenuo della scena, anche se i suoi occhi spiritati mostrano ogni tanto qualche dubbio al proposito e quando i sospetti del protagonista cominciano a divenire certezze, lui giustamente comincia a non fidarsi più della gente che lo circonda, di tutti gli abitanti di Seaheaven. Già, sea = mare e heaven = paradiso, una cittadina (finta) immersa in un mare (finto) abitata da persone (comparse) supervisionati da una produzione televisiva implacabile, che non deve perdere ascolti pena la perdita della pubblicità. Ci ricorda qualcosa della nostra vita attuale???

Il grande Peter Weir guida la macchina della regia con perizia e sicurezza, mentre l’ottimo Ed Harris è il regista inflessibile dello show che non deve fermarsi mai, sempre pronto a cambiare, a seconda delle circostanze, il destino dal malcapitato Truman, un enorme Jim Carrey ignobilmente ignorato dalla Accademy in uno dei migliori ruoli di tutta la carriera d’attore. Ancora un caso di un attore comico che indossa la maschera tragica della vita in maniera strabiliante: difficile dire se un altro avrebbe fatto così bene come lui, almeno in quella maniera.

La popolazione della cittadina, tutta linda e perfettamente funzionante come una macchina oliata, gioisce e si commuove appassionatamente a seconda degli avvenimenti che segue sui televisori di ogni locale pubblico o casa e fa il tifo per lui quando finalmente intuisce la vera realtà e prova prima a vincere la fobia dell’acqua e poi ad aprire la porta che lo condurrà verso il vero mondo. E tiriamo un sospiro di sollievo anche noi spettatori: in quel momento lo spingiamo a salire la scala, a non guardare indietro, ad abbassare la maniglia della porta di quel cielo finto, così da guardare davvero il sole.
Vai, Truman, vai! Liberati, liberaci!
Un film che purtroppo non insegna più nulla, dal momento che oggi forse la realtà ha superato ogni immaginazione ma che segna una pietra miliare nel cinema (non più) fantasioso e surreale.

Riconoscimenti
1999 - Premio Oscar
Candidatura come migliore regia
Candidatura come miglior attore non protagonista a Ed Harris
Candidatura come migliore sceneggiatura originale
1999 - Golden Globe
Miglior attore in un film drammatico a Jim Carrey
Miglior attore non protagonista a Ed Harris
Migliore colonna sonora
Candidatura come miglior film drammatico
Candidatura come migliore regia
Candidatura come migliore sceneggiatura
1999 - Premio BAFTA
Migliore regia
Migliore sceneggiatura originale
Migliore scenografia
Candidatura come miglior film
Candidatura come miglior attore non protagonista a Ed Harris
Candidatura come migliore fotografia
Candidatura come migliori effetti speciali
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