The Way Back (2010)
- michemar

- 10 dic 2023
- Tempo di lettura: 4 min

The Way Back
USA/Em.Arabi/Polonia/India 2010 dramma 2h13’
Regia: Peter Weir
Soggetto: Sławomir Rawicz (memorie)
Sceneggiatura: Peter Weir, Keith R. Clarke
Fotografia: Russell Boyd
Montaggio: Lee Smith
Musiche: Burkhard von Dallwitz
Scenografia: John Stoddart
Costumi: Wendy Stites
Jim Sturgess: Janusz
Ed Harris: Mr. Smith
Dragoş Bucur: Zoran
Saoirse Ronan: Irena
Mark Strong: Khabarov
Alexandru Potocean: Tomasz
Colin Farrell: Valka
Gustaf Skarsgård: Voss
Sebastian Urzendowsky: Kazik
TRAMA: La storia di tre uomini che nel 1941 realizzarono un'impresa epica, raggiungendo l'India dopo essere scappati da un gulag siberiano e dopo aver percorso a piedi ben 6500 chilometri, in condizioni estreme.
Voto 6,5

Se la sinossi breve esalta e mette in primo piano le figure di due uomini e una donna, in realtà il gruppo che si avventura nell’impresa eroica, nella straordinaria ed estenuante fuga, è più numeroso. Sotto la guida di Janusz, un polacco condannato sulla base di confessioni estorte alla moglie sotto tortura, sono in tutto sette gli uomini fuggiti da un campo di prigionia in Siberia per criminali e altri accusati di spionaggio e sabotaggio, russi, polacchi e stranieri, ai quali si aggiunge una ragazza nel corso del lunghissimo viaggio. Ma il caldo dei deserti, la mancanza di cibo e di acqua, l'attraversamento della catena himalayana e asperità di ogni tipo fanno sì che il gruppo venga decimato, portando anche alla necessità di confrontarsi con decisioni durissime.
Ispirandosi al romanzo delle memorie di Slavomir Rawicz, The Long Walk: The True Story of a Trek to Freedom (Tra noi e la libertà, in italiano), Peter Weir, da sempre attirato dalle vicende dei prodigi fisici dei suoi protagonisti, affronta una storia in cui si intrecciano due differenti percorsi narrativi: da un lato il racconto carcerario, durissima esposizione di una detenzione disumana, e, dall’altro, l’odissea per la sopravvivenza di un gruppo di personaggi che, per 12 mesi e in un viaggio di quasi 6500 chilometri, si ritrovano a rivedere i propri comportamenti e le loro scelte in base alle rigide circostanze affrontate. Oltre ai confronti dei vari caratteri, essendo persone, come è facile attendersi, di differente cultura, estrazione ed emotività.
Succede che quel giovane tenente polacco riesce a organizzare la fuga dal gulag assieme ad altri detenuti percorrendo migliaia di chilometri e affrontando il gelo dell’inverno. E non solo un durissimo inverno ma anche i vari climi che sono costretti a superare, dal gelo al caldo irrespirabile, dalla fame alla sete. Fino alla estrema stanchezza che porta al totale sfinimento, pur essendo uomini abituati a sopportare di tutto: dalle angherie del carcere alla malnutrizione, sopportate per tanto tempo nelle maleodoranti camerate.
Tra tanti personaggi tosti e rudi, abituati ai rudi trattamenti, anche tra di loro stessi, chi emerge e organizza l’idea iniziale è quindi il giovane tenente Janusz (Jim Sturgess), un prigioniero polacco che cerca disperatamente di tornare a casa dalla moglie che lo aveva tradito sotto tortura. La vita faticosa e insopportabile nell’oscuro e gelido campo di lavoro è resa in modo così scrupolosa che si intuisce presto quanta voglia abbiano i prigionieri di evadere, anche se lì fuori urla la bufera di neve. Il giovanotto diventa il reale leader dell’organizzazione avendo la necessaria abilità per la sopravvivenza e l’esperienza orientativa che aiuta gli altri fuggitivi. Tra cui spicca Mister Smith (un superbo Ed Harris), un misterioso ingegnere americano, Valka (Colin Farrell), un delinquente russo con un dente d’oro e un temperamento irascibile, che non risparmia mezzi termini per entrare nell’audace fuga, puntando, in un frangente, il coltello alla gola di Janusz affinché accetti di portarlo con sé. Anzi, va detto che l’interpretazione selvaggia di Farrell dà una spinta di energia e cattiveria che altrimenti sarebbe mancata al film. Mentre gli uomini percorrono 4.000 miglia attraverso un terreno più che accidentato, diciamo pure umanamente invalicabile, per giunta evitando aree abitate e pericolose, ad un certo punto del percorso incrociano sul loro cammino Irena (la sempre ottima Saoirse Ronan), una rifugiata polacca di soli 14 anni che si unisce al gruppo e che, con il passare dei giorni, denuda psicologicamente gli uomini, facendoli aprire e svelarle dettagli personali del carattere e della vita vissuta precedentemente. Le donne - sempre le donne! - che nelle situazioni più ardue si rivelano semplici, testarde e resilienti, scardinando le sicurezze degli uomini, che invece tra loro non si confidavano. È Irena, infatti, che fa da trait d'union facendoli avvicinare, e prende il sopravvento specialmente nel rapporto iniziato male ma maturato in un affetto sincero, degno di padre-figlia, tra lei e Mr. Smith, per tutti semplicemente Mister.
In cosa consista il racconto ed il film, così com’è organizzato dal regista diventa, come si capisce man mano, è quanti ne sopravviveranno e chi ce la farà, perché che sia una spietata gara ad eliminazione è evidente. Tutti sono spinti dallo spirito che li ha convinti a provare, la smania di libertà, una delle aspirazioni più nobili dell’uomo, ma Peter Weir punta anche e soprattutto a far paragonare la piccolezza degli individui con la grandezza della forza del loro sogno, affinché si realizzi.
Ancora una volta il buon Weir, coadiuvato dalla eccellente fotografia di Russell Boyd (fedele collaboratore in tanti film del regista australiano), data la scontata bellezza dei vari paesaggi, ci conduce in una lunga storia avventurosa dagli esiti incerti, mettendo al centro dell’obiettivo l’azione pur se costellata dalle emozioni che attraversano le sensazioni dei vari personaggi. Azione che suscita angoscia e partecipazione, e che di conseguenza produce un film palpitante che appassiona.
La sofferenza, le disavventure che paiono mai finite, la pericolosità del percorso che pare infinito lo rendono sicuramente un film epico. D’altronde come sempre con questo regista, con i suoi eroi nel mare, nelle trincee, nei paesaggi virtuali, nelle aule, nella comunità amish.
Riconoscimenti
2011 – Premio Oscar
Candidatura miglior trucco




























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