Tra due mondi – Ouistreham (2021)
- michemar

- 22 giu 2022
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 15 mag 2023

Tra due mondi – Ouistreham
(Ouistreham) Francia 2021 dramma 1h46’
Regia: Emmanuel Carrère
Soggetto: Florence Aubenas (libro)
Sceneggiatura: Emmanuel Carrère, Hélène Devynck
Fotografia: Patrick Blossier
Montaggio: Albertine Lastera
Musiche: Mathieu Lamboley
Scenografia: Sébastien Gondek, Julia Lemaire
Costumi: Isabelle Pannetier
Juliette Binoche: Marianne Winckler
Hélène Lambert: Christèle Thomassin
Léa Carne: Marilou
Émily Madeleine: Justine Leroy
Patricia Prieur: Michèle
Évelyne Porée: Nadège Porteur
Didier Pupin: Cédric
Aude Ruyter: Lucie
Alicia Alonso: Alicia
Louis-Do de Lencquesaing: se stesso
TRAMA: Marianne Winckler, una nota scrittrice, va a vivere nel nord della Francia per fare delle ricerche utili alla stesura del nuovo libro sul tema della precarietà. Senza rivelare la sua identità, viene assunta come addetta alle pulizie, lavorando con un gruppo di altre donne. Nel suo nuovo ruolo, sperimenta l'instabilità economica e l'invisibilità sociale in prima persona. Ma scopre anche cosa significano il sostegno reciproco, la solidarietà e la forza dei legami tra le lavoratrici.
Voto 7

È probabile che in Francia il cinema si cimenti più frequentemente di quello italiano e del resto d’Europa sullo spinoso argomento dell’occupazione e della precarietà lavorativa in particolare. Tolto il fulgido e irripetibile esempio del grandissimo e unico Ken Loach, gli autori transalpini si occupano spesso di questi temi, più accentuati che mai con la crisi che è tornata a mordere ultimamente, specialmente a causa del Covid19 e della guerra in Ucraina. Se già prima i problemi erano seri, con la prevalenza della finanza rispetto alla reale economia nazionale degli ultimi anni, il mercato del lavoro ha subìto l’ennesimo scossone ferale e a passarla peggio di tutti sono appunto i precari, i lavoratori a tempo determinato che spesso non sono neanche protetti da leggi adeguate.
Ogni volta che un film si occupa di storie – grosso modo persino tanto simili tra loro da poter annoiare – di disoccupati alla disperata ricerca di un lavoro che ridia loro dignità sociale e familiare (bisogna pur dar da mangiare ai figli, e mandarli a scuola) si resta basiti davanti alla inefficienza dello Stato che pare assistere inerme davanti alla quotidiana tragedia di queste persone. Umanamente svilite e offese. Emmanuel Carrère qui è solo alla sua terza regia ma è anche scrittore e quindi attento osservatore della società reale e firma un film che è una libera trasposizione del libro-inchiesta di Florence Aubenas Le Quai de Ouistreham. Nel film, la protagonista si chiama Marianne Winckler, che è una nota scrittrice che decide di iniziare a lavorare a un romanzo che tratti il lavoro precario nella società francese. Per documentarsi bene sull'argomento, la donna decide di vivere lei stessa questa realtà e inizia a lavorare come "infiltrata" per alcuni mesi, come addetta alle pulizie sui traghetti che solcano la Manica. Non è una novità, perché moltissime volte giornalisti e scrittori si son decisi ad entrare nella pancia delle zone sociali e lavorative più in difficoltà, oppure delle truppe militari in guerra, o peggio ancora tra le fila di bande criminali, per capire da dentro l’esistenza che conducono e cosa succede veramente. L’importante è diventare uno di loro, immedesimarsi e mimetizzarsi. E non farsi mai scoprire, pena l’azzeramento del progetto.

Ouistreham è una piccola cittadina su quel mare, praticamente il porto di Caen, da cui partono i traghetti che attraversano il mare per andare e tornare dalla Gran Bretagna e ad ogni viaggio ovviamente queste navi hanno la necessità di essere pulite: bisogna lavare i pavimenti, cambiare le lenzuola alle cuccette, rimettere in sesto le toilette delle cabine, sempre ridondanti di escrementi e quant’altro. È in pratica il lavoro delle squadre di pulizia che salgono tutte le notti sui traghetti attraccati a Ouistreham, donne (ma anche uomini) di diversa età e di diversa estrazione e colore che si mettono a disposizione negli uffici di collocamento, tutti pronti per qualsiasi lavoro pur di sbarcare il lunario familiare.

Così come fa anonimamente Marianne Winckler, la scrittrice che appunto si è messa in testa di scrivere del mondo invisibile dei lavoratori notturni e sfruttati come quelli. Lei si presenta negli uffici di collocamento come una donna sola e bisognosa di lavoro per cercare un’occupazione, facendo esaltare la sua ignoranza in materia, chiedendo consigli e dimostrandosi impacciata proprio per essere perfettamente in parte, ma soprattutto non rivelando la vera identità, fino al punto di riuscire a farsi assumere da una impresa di “manutenzione”, termine ipocrita per non dire chiaramente di pulizia che opera infatti sui traghetti in partenza dal molo di Ouistreham. È così che entra di soppiatto in quel mondo di duro lavoro e ha possibilità di conoscere altre donne, spesso con figlie e senza marito, di giovani immigrati di seconda generazione, di gente che ha cambiato sesso e di responsabili severi e pronti a licenziare chi non è puntuale o sgarra con la qualità del lavoro. Vita dura e sfiancante, che fa andare a letto con le braccia che tremano anche nel sonno, dal momento che devono pulire e mettere a posto circa 240 cabine al ritmo infernale di una ogni 4 minuti. Una vita e un lavoro disumano dove prevale il rendimento e basta.

L’unica consolazione è la sincera amicizia che nasce tra queste sconosciute, un legame che diventa affetto e che unisce, per resistere alle avversità della vita. Succede così anche alla nostra Marianne, che dopo un inizio difficoltoso, riesce a legare fortemente con Christèle, una madre di tre ragazzini che difende con le unghie e con i denti quel poco che riesce ad ottenere, che combatte contro l’inefficienza e la burocrazia, che offre volentieri l’amicizia, ricambiata, alla scrittrice sotto false spoglie. Che Marianne sia però in incognito il regista non lo dà a vedere subito, ce la presenta per come vuole essere in quel posto, ma lo si comincia a dubitare ben presto, quando si nota che dopo ogni evento lei prende appunti su un taccuino, dove si annota di tutto. E poi dal fatto che lei è un po’ restia a rivelarsi completamente: se saltasse l’anonimato potrebbe essere travisata la sua missione e verrebbe sicuramente cacciata dal lavoro (non finendo così la missione che si è imposta) e dalle amiche-colleghe deluse.

Purtroppo succederà l’imprevisto e qualcosa si romperà nella squadra delle lavoratrici, a cominciare proprio dalla più intima delle amiche. Intanto, quello che la donna scrittrice voleva raggiungere lo conquista, le cose che voleva scoprire le vede, in quel difficile mondo ci ha vissuto abbastanza per poterne ricavare un buon libro. Che quando verrà presentato alla stampa e al pubblico dei lettori avrà due risvolti: quello positivo delle ex colleghe di lavoro venute e congratularsi e a ritirare una copia autografata e quello negativo delle assenti, di chi è rimasta delusa e arrabbiata.

In ogni caso Emmanuel Carrère centra l’obiettivo e ci mostra quello che aveva in mente, facendo soffrire lo spettatore per lo spettacolo indecoroso dello sfruttamento e della precarietà a cui sono sottoposte tante persone bisognose, a cui lo Stato continua a promettere tutele che non vengono mai realizzate. Bel film e brava come sempre, immancabilmente, Juliette Binoche, volutamente con nessun abbellimento esteriore e un po’ anch’essa invecchiata dagli anni che passano. Se lei è la solita e solida attrice di sempre, molto brave anche le altre che compongono un cast corale di attrici non professioniste, ma una nota rimarchevole va fatta per forza a Hélène Lambert (che grinta!) che sarà pure alla prima esperienza, anche se non più giovane, ma ha talento da vendere e merita di certo una prossima conferma.
Buonissimo film.






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