Tre amiche (2024)
- michemar

- 7 nov
- Tempo di lettura: 7 min

Tre amiche
(Trois amies) Francia 2024 commedia 1h57’
Regia: Emmanuel Mouret
Sceneggiatura: Emmanuel Mouret, Carmen Leroi
Fotografia: Laurent Desmet
Montaggio: Martial Salomon
Musiche: Benjamin Esdraffo
Scenografia: David Faivre
Costumi: Bénédicte Mouret
Camille Cottin: Alice
Sara Forestier: Rebecca
India Hair: Joan
Vincent Macaigne: Victor
Damien Bonnard: Thomas
Grégoire Ludig: Éric
Éric Caravaca: Stéphane
Mathieu Metral: Martin
Hugues Perrot: Antonin
TRAMA: Joan non è più innamorata di Victor e soffre all’idea di continuare a essere disonesta con lui. Alice, la sua migliore amica, la rassicura: lei stessa non prova alcuna passione per il marito Éric, eppure il loro rapporto va a meraviglia. Alice non sa che lui ha una relazione con Rebecca, l’amica comune. Quando Joan finalmente raccogliere il coraggio di lasciare Victor, succede l’irreparabile.
VOTO 6,5

La trama offrirebbe l’idea di un dramma invece è una commedia piacevole piena di intrighi tipicamente francese, cioè inondata da dialoghi fitti. Le amiche del titolo sono tre e vivono a Lion, Alice (Camille Cottin), Joan (India Hair) e Rebecca (Sara Forestier) ma sembrano sei o forse nove, tante sono le combinazioni che si intrecciano tra loro e i rispettivi compagni e gli uomini che si aggiungono e girano intorno in una giostra continua. E non è semplice descriverne gli abbinamenti, tra quelli di partenza e quelli si combinano nel corso della storia, anche a causa delle tre visioni d’amore che hanno le tre. Joan è sentimentale e ragionevole, ha una relazione ma non prova più amore. Alice preferisce la sicurezza, condivide la sua vita con un uomo di cui non è molto innamorata. Rebecca è generosa in amore e ha una relazione segreta con il marito di Alice.


Cerchiamo di fare chiarezza. Alice vive con Éric (Grégoire Ludig) ma confessa alle altre due che vuol molto bene al suo uomo sebbene non sia innamoratissima, però è felice perché la situazione le sta bene e ritiene che sia giusto andare avanti così. Joan è triste e confessa in lacrime davanti alle amiche che si è accorta, pur vivendo da anni con Victor (Vincent Macaigne) e la loro figlioletta, che non è più attratta dal compagno e non riesce a confessarglielo, vivendo male il rapporto. Rebecca, che non rivela mai il suo amante che è un uomo sposato, definito “Mister X”, si incontra segretamente proprio con Éric, il quale ovviamente non rivela ad Alice il tradimento e si inventa impegni per gli appuntamenti clandestini.


Sarebbero quindi tre donne e due uomini ma quando finalmente la professoressa Joan confessa a Victor, anche collega della stessa scuola, di non provare più amore e attrazione per lui, questi compie – voluto o non voluto – un gesto tragico, lasciando un profondo senso di colpa nella donna. Che a questo punto, venendo a conoscenza del sostituto del marito, Thomas (Damien Bonnard), già separato, ne viene attratta dalla sua gentilezza e dal suo modo di fare, ponendo le basi di una improbabile convivenza. Nel frattempo Rebecca, in segreto, continua a frequentare il compagno dell’amica.


Tutto qui? Ma neanche per idea! In un sogno, Alice sogna un uomo misterioso e sconosciuto e appena sveglia ne annota il numero di telefono e quando lo chiama è inebriata dal desiderio di chiamarlo e conoscerlo e parte con un pretesto. È Stéphane (Éric Caravaca), un pittore rinomato i cui quadri valgono una fortuna e difatti, dopo una notte trascorsa assieme, ne riceve uno in regalo e poi ancora altri. A questo punto Rebecca incoraggia l’amica al tradimento sperando di avere campo libero a sua volta. Poi giunge un nuovo professore giovane, Martin (Mathieu Metral) che fa colpo sulla indecisa Joan, deludendo l’illuso Victor. Quando poi quest’ultima si accorge che il giovane si sta dileguando, viene a conoscere Antonin (Hugues Perrot) che si occupa di edizioni artistiche in cui le eccelle, con cui si riaccende la fiamma vitale. Una situazione con porte girevoli, insomma, dove in tanti entrano ed escono a seconda delle occasioni.


Che dicevo? È un complicato intreccio di combinazioni e di girandole di relazioni sentimentali, vere o fittizie, apparentemente solide o solo illusorie, di scambio di uomini, di voglia d’amore e di delusioni quasi adolescenziali, che stanno accadendo però tra persone mature. A quarant’anni può succedere: dopo anni di convivenza, l’amore e l’attrazione calano, nelle donne cresce invece la voglia di sentirsi più amate e desiderate oppure spaventate da legami forti, negli uomini il desiderio di evasione persiste. Ma non sono solo questi motivi banali a spingere la fine di una relazione, conta di più la maniera in cui il legame si logora nella monotonia quotidiana, oppure la necessità di mettere più legna sul fuoco dell’amore. Altrimenti vale la filosofia esistenziale di Alice che invita le amiche a non dare importanza alle crepe della relazione con il proprio uomo e a stare al gioco, perché: “Sì, l’amore viene e va, dopo un po’ di tempo la passione nella coppia si affievolisce, è normale. E poi, dopo si trasforma in qualcos’altro. Non ci si separa solo perché non si è più innamorati. Se devo dirti la verità, non sono mai stato innamorata di Éric. Lo amo molto ma non lo amo come intendi tu [rivolta a Joan]. Prima di lui ho avuto altre due storie ed ero molto innamorata. Non mi è mai successo con Éric. Essere innamorata era bello, ma era un inferno. Avevo paura di non essere amata. Troppo intenso! Mio Dio, mio Dio, è stato orribile. Ero dipendente e accidenti, sempre gelosa, sempre attaccata al telefono. Per poi lasciarsi e rimettersi insieme. Era impossibile, impossibile. Con Éric ho capito che esiste un’altra forma di relazione e mi ha fatto stare meglio.” In queste frasi c’è tutto il nocciolo filosofico dei sentimenti per una quarantenne come Alice, più essenziale e pragmatica che romantica. E forse c’è tutto il senso del film.


Altro personaggio influente sulla tesi del film è Victor, uomo sensibile, buono, comprensivo, che si lascia andare solo in un’occasione, quella di restare fuori dal destino di Joan, per poi subito rientrare pentito. Il suo carattere lo porta a considerazioni lontane da quelle di Alice ma pur sempre consapevoli della fugacità dell’amore: “Tutte le coppie che si amano dovrebbero ricordarsi che un giorno forse non ci si amerà più. E concedersi questa libertà.” Oltre alla riflessione benevola e indulgente come lui: “Perché aggiungere dolore al dolore e dramma al dramma?”. Difatti, oltre ad insegnare, ha scritto un libro dal titolo contradditorio: Felice complessità, un controsenso che è lo specchio dell’argomento del film di Emmanuel Mouret (sempre dedito a commedie romantiche o pseudo-tali). Coppie sbilenche, bugie, appagamento esistenziale ai minimi sindacali, gratificazione superficiale, felicità come traguardo difficile da raggiungere. L’amore vero: un miraggio. Nel frattempo, il titolo del libro lo ritiene giusto perché “La gente preferisce i titoli allegri”.


Il lato singolare del film è che viene guidato dalla voce narrante del morto. Victor, come indicato all’inizio, è morto in un tragico incidente ma è lui che ci racconta l’intera storia, con una partenza falsa nel giorno in cui a scuola non si è, appunto, presentato, e dopo di che ci dice che riavvolge il nastro e si parte dal vero inizio. Non è una specie di Viale del tramonto, è tutt’altro, è molto scherzoso, è semplicemente un resoconto tratto dalla stessa persona che, disperato e deluso, ha preferito sparire definitivamente ma, con piglio tutto francese, ci svela il retroscena con tutte le complicazioni sentimentali che investono le tre care amiche e gli uomini che completano il loro mondo, ma con una particolarità: riapparendo come “presenza” alla sempre rammaricata Joan col solo scopo di rassicurarla, di incoraggiarla a vivere bene la sua vita dal momento che anche lui sta bene ed è felice a vederla felice. Beh, questo sì che è amore vero!


Film che si può definire parlatissimo, come ogni buona commedia francese, come spesso succede a Emmanuel Mouret, come se fosse ispirato da Woody Allen e soprattutto da quello che per tutti è il suo nume tutelare, Éric Rohmer, ma prendendo dal primo la verve simpatica e loquace, con molti spunti per sorridere. Poco e amaramente, ma in tanti frangenti. Difatti, è simpatico osservare e ascoltare con attenzione le tre amiche, anche a coppia, dialogare apertamente sui loro problemi, per fortuna mai con pettegolezzi o invidia. Sono davvero amiche e solidali, pronte a consigliarsi, sicure che riceveranno sincerità e sostegno: una sorellanza tanto femminile sia per la predisposizione a questo tipo di racconti del regista, sia per la mano della cosceneggiatrice Carmen Leroi che avrà sicuramente aggiunto il tocco femminile necessario e determinante.

Film di intrecci, confessioni, tradimenti, sotto la guida di un narratore alla maniera dei noir anche se il film è una commedia, che, però, ha il suo romantico risvolto thriller tra bugie e false riunioni di amici o amiche, semplice pretesto per le fughe sessuali. E di saliscendi d’umore a seconda delle (s)fortune amorose di personaggi molto simpatici che a volte suggeriscono tenerezza per la loro inadeguatezza a risolvere i seri problemi della vita in fatto di interrelazioni tra persone che, in fondo, si vogliono bene comunque. L’unico vero problema per il regista e per lo spettatore è che il film parte – giustamente – in sordina, per introdurci nella complessa situazione e nella fase di impasse in cui si trovano le tre donne e in quella prima parte si ha l’impressione di potersi annoiare, salvo poi risollevarsi quando la pellicola diventa intrigante per gli amabili interscambi tra donne e uomini.

Regia matura e consapevole dell’opera tra le mani, e attori molto bravi, soprattutto le tre ottime attrici. Camille Cottin, Sara Forestier, India Hair sono in gran forma e riescono, ognuna per ciò che le spetta, a significarci bene il carattere delle protagoniste. Tenendo presente che il film non è un dramma e quindi da buona commedia alla fine renderà tutti felici. Anzi, tutte felici e contente. Perfino il morto.






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