Tre giorni e una vita (2019)
- michemar

- 26 ott 2022
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 14 giu 2023

Tre giorni e una vita
(Trois jours et une vie) Francia/Belgio 2019 thriller 2h
Regia: Nicolas Boukhrief
Soggetto: Pierre Lemaitre (romanzo)
Sceneggiatura: Pierre Lemaitre, Perrine Margaine
Fotografia: Manuel Dacosse
Montaggio: Lydia Decobert
Musiche: Robin Coudert
Scenografia: Hubert Pouille
Costumi: Elise Ancion
Sandrine Bonnaire: Blanche Courtin
Charles Berling: Michel Desmedt
Jérémie Senez: Antoine Courtin bambino
Pablo Pauly: Antoine Courtin adulto
Philippe Torreton: dr. Dieulafoy
Margot Bancilhon: Émilie Desmedt
Dimitri Storoge: gendarme Lambert
Arben Bajraktaraj: Andrei Kowalski
Yoann Blanc: sindaco
Pierre Lemaitre: procuratore
Igor Van Dessel: Théo Mouchotte
TRAMA: Nel 1999, a Olloy, nelle Ardenne del Belgio, un bambino scompare nel nulla. Gli indizi portano a sospettare di diversi abitanti, soprattutto del vicino della famiglia. Mentre la situazione mette a dura prova i nervi dell'intera comunità, un evento inaspettato e devastante cambierà improvvisamente le carte in tavola.
Voto 6,5

È il giorno di Natale quando, invece di godere la festività in famiglia, nella piccola cittadina di Olloy, attorniata dai fitti boschi delle Ardenne belghe, i cittadini sono tutti in piazza perché un bimbo è sparito e non si hanno notizie da più di 24 ore. Il capo della polizia locale sta dando le necessarie istruzioni alla popolazione riunita per organizzare le necessarie ricerche. La gente è scossa e ammutolita, il padre del piccolo, Michel Desmedt, è furibondo per il tempo perso e per l’attività del poliziotto che ritiene poco reattiva.
Immediatamente si fa un salto all’indietro, a tre giorni prima, quando il 22 mattina la sveglia suona molto presto, quando è ancora buio, come succede ogni mattina nella casa di Antoine, che fa la colazione assieme alla mamma e resta solo, fino alle 9.15, come ci mostra l’orologio di casa. Il ragazzino esce per andare in giro nel paese con il piccolo Rémi di 6 anni e Ulisse, il cane che li segue dappertutto. Dopo aver giocato come al solito nel capannino del bosco che si sono costruito, rientra in casa molto contrariato per aver scoperto Émilie, la sorellina del bimbo, la sua amica più intima e verso cui prova attrazione, baciarsi con l’amichetto. La scoperta lo manda in tilt. È talmente nervoso che maltratta il cane che, scappando all’improvviso verso la strada, muore investito da un furgone. Il giorno seguente, sempre infuriato, sfascia il capannino dove giocavano e per zittire la reazione colpisce il piccolo e fedele Rémi lanciandogli un ramo. Cadendo all’indietro il bimbo batte violentemente il capo su un grande sasso e resta immobile, morto sul colpo. Terrorizzato dall’accaduto e per far sparire le tracce, lo fa scivolare in una stretta e profonda crepa nella roccia. La Vigilia di Natale la polizia allarmata dalla madre inizia a interrogare gli abitanti del piccolo borgo, tra cui anche ad Antoine che racconta una sua versione di comodo. Sulla base delle incerte testimonianze, la polizia di Olloy arresta Andrei Kowalski, il padrone del negozio dove lavora la mamma Blanche, che forse ha un legame particolare con l’uomo. Antoine è sempre terrorizzato dall’accaduto ma non svela e non svelerà mai nulla: occhi sbarrati, è sempre sovrappensiero, fino a dimenticare di aprire i pacchi di regali posti sotto l’albero, mentre l’uomo fermato viene rilasciato per mancanza di prove.

È lampante come, mentre la sequenza di apertura suggeriva un lungometraggio tipicamente da thriller, incentrato quindi sulle indagini e l’affannosa ricerca, le cause del dramma vengono rivelate ben presto. Perché non è questo che interessa all’autore. Invece di trattare il loro soggetto come un giallo tradizionale e lineare, punteggiato da indizi da cui ricavare la verità, il regista Nicolas Boukhrief e gli sceneggiatori Pierre Lemaitre e Perrine Margaine si concentrano sul punto di vista di Antoine. Seguiamo la sua vita, vediamo cosa vede lui, mentre spia le ricerche nei boschi che non danno alcun risultato, anche perché fermate a causa di una devastante tempesta di vento e acqua che si scatena su tutta la regione. Una tempesta che si rivela senza precedenti, che arreca danni incalcolabili, per cui le ricerche non vengono solo rinviate ma del tutto annullate dato che il bosco non è più praticabile ed ogni traccia è certamente cancellata. Questo non è un thriller classico, è la cronaca di un adolescente che nasconde un terribile segreto, convinto che nessuno possa scoprirlo e la vita, faticosamente per i genitori e la sorella di Rémi, riprende con il triste rammarico di non aver mai scoperto la verità.

Continuando con i salti temporali a cui il regista ci sta abituando, si passa direttamente a 15 anni dopo, quando si festeggia, sempre nel periodo natalizio, il pensionamento del dottore del paese e Antoine, che ha sempre sognato di diventare medico, torna per un periodo di vacanza a trovare la madre, occasione che poi si rivela giusta per rivedere la sua adorata Émilie. Proprio in quel periodo sono iniziati i lavori di consolidamento del bosco dopo i danni della tremenda tempesta di anni prima. Una notte, temendo che gli operai possano ritrovare il corpo del disperso, il giovane dottore approfitta del buio per recarsi sul luogo dove lo aveva nascosto senza però non concludere nulla per l’arrivo concomitante di un’altra persona: il suo incubo è sempre presente, sembrava sepolto nei ricordi lontani ma la mente non lo cancella. È solo apparentemente tranquillo e l’agitazione aumenta allorquando, chissà come, quel qualcuno ha rinvenuto il cadavere nella fossa rocciosa.

Se il film non era inizialmente un giallo lo diventa adesso. Chi è stato e come il corpicino è stato rinvenuto è l’imprevisto che agita il giovanotto, più spaventato dalle ripercussioni della diffusione della verità che dai sensi di colpa. È un aspetto che potrebbe sfuggire all’analisi della situazione e del carattere di Antoine ma è quello preponderante dal momento che non appare mai disperato per aver, seppure involontariamente, ucciso un bambino. Piuttosto è preoccupato per le conseguenze personali ed anche professionali, ora che è intenzionato a rilevare l’attività del suo mentore, il dottor Dieulafoy, e restare in paese per sempre. La svolta gli mette paura, aggravata dalla probabilità che la polizia voglia prelevare il DNA degli abitanti avendo trovato una traccia sul cadavere: un capello, il capello biondo del probabile assassino. Antoine si sente tale? Ma soprattutto, si è mai sentito in colpa? Alcuni eventi imprevisti intanto accadono e danno una svolta imprevista alla sua vita, tra cui la visita nel suo nuovo studio di medico dell’ex datore di lavoro della madre, che ha un segreto da rivelargli. Il film di Nicolas Boukhrief si rivela thriller solo nella parte finale, quando sono passati tanti anni e il ricordo dei tragici avvenimenti ha lenito il dolore dei parenti e lo sconcerto dei cittadini. Ma qualcuno sa, anche chi ha vissuto sempre vicino al colpevole. L’omertà ha sempre una motivazione e quella delle persone che girano intorno a quel ragazzino, ora giovane dottore, è dovuta ad affetto o per non mettere a disagio una persona cara a quello straniero.

Come si può notare, tutto il film riprende la narrazione ogni volta nel periodo della Natività e con un pranzo natalizio in famiglia si svolge anche l’ultima scena, che vede Antoine, la mamma, la bella Émilie divenuta quasi per ricatto sua moglie, i suoceri, che erano i genitori inconsolabili, il neonato. Intanto, l’indagine è sepolta, l’esame del DNA è impossibile farlo a tutti gli abitanti della zona, lui non parlò, non parla, non parlerà. Il vecchio dottore ha ormai scelto la strada del silenzio, il datore lavoro polacco e amante segreto della madre aveva visto ma non parla, la mamma non ha mai mostrato segni di cedimento per proteggere. Il suo orologio colorato da ragazzino, perso durante l’incidente, è tornato nelle sue mani. Tutto procede normalmente, è ancora Natale e la sepoltura cristiana nel cimitero del paese si è portata con sé il segreto. La vita continua ma una, quella breve di Rémi, si è fermata molto presto e per tre giorni nessuno lo ha cercato come si doveva.

È un thriller a carte scoperte dove lo spettatore conosce la realtà in tempo reale. L’indagine monca, le ricerche mai completamente effettuate, i silenzi, i segreti, la mancanza della coscienza dei singoli, in tutto ciò consiste il vero percorso dell’esplorazione psicologica del regista, il vero thriller. Fuori dallo schermo conosciamo ogni particolare, i pochi al corrente che sono sullo schermo tacciono, con buona pace per tutti.
E Buon Natale.
L’adattamento del romanzo di Pierre Lemaitre, qui presente in qualità di sceneggiatore, è un thriller accostabile al genere di quelli scritti da Georges Simenon. E lo è assumendo il punto di vista di un bambino e poi di un uomo che ha commesso un atto di cui si sente in colpa sì, ma una colpa schiacciata dalla voglia di autoproteggersi, una colpa che non lo vuole mai ammettere. Il film evoca anche la brutale perdita dell'innocenza e per questi motivi, nella migliore tradizione del famoso scrittore di gialli, è preponderante l’aspetto psicologico e ambientale. Dal punto di vista tecnico, invece, tranne il noto Charles Berling, il cast è composto da attori non molto conosciuti che recitano dignitosamente ma mantenendo un contegno più da fiction TV che da cinema (per chi scrive è sempre un fatto negativo), ma nel complesso è un buonissimo film che tiene alta la tensione e l’attenzione, segnale evidentemente molto positivo.
L’unico appunto assolutamente negativo riguarda il doppiaggio italiano (purtroppo non mi è stato possibile studiare il film in originale), che accentua l’aspetto da fiction televisiva e il peggior doppiaggio di tutti è quello di Antoine ragazzo: vergognoso e insopportabile. Oltretutto su un personaggio che sia da adolescente che da adulto è interpretato da due attori che per esibire l’atteggiamento facciale inebetito adottano uno sguardo fisso e inespressivo. Peccato: poteva essere un bel personaggio amletico.
In ogni caso, un buon film!






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