Un mercoledì da leoni (1978)
- michemar

- 18 ago 2023
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 6 ott

Un mercoledì da leoni
(Big Wednesday) 1978 dramma 2h
Regia: John Milius
Sceneggiatura: John Milius, Dennis Aarberg
Fotografia: Bruce Surtees
Montaggio: Robert L. Wolfe, Carroll Timothy O'Meara
Musiche: Basil Poledouris
Scenografia: Charles Rosen
Costumi: Ann Gray Lambert, Bill Milton
Jan-Michael Vincent: Matt Johnson
William Katt: Jack Barlow
Gary Busey: Leroy Smith
Patti D'Arbanville: Sally Jacobson
Lee Purcell: Peggy Gordon
Sam Melville: Bear
Darrell Fetty: Jim Waxer King
Robert Englund: Fly
Barbara Hale: madre diJack
TRAMA: Nell'estate del '62 Jack, Matt e Leroy sono giovani, spensierati e assolutamente pazzi per il surf. La loro vita trascorre prevalentemente sulla spiaggia in attesa della "grande onda" grazie a cui dimostrare il proprio valore. Poi arriva il Vietnam. Jack passa tre anni nell'inferno della guerra. Gli altri due riescono a evitare il fronte. Nella primavera del 1974, in occasione di una violenta mareggiata, i tre si ritrovano di nuovo sulla spiaggia. La vita li ha cambiati e la loro amicizia è ormai esaurita. Ma tutti ancora innamorati delle tavole da surf aspettano, forse per l'ultima volta, la grande onda che è in arrivo.
Voto 7

Nell’estate del 1962 tre amici, Matt Johnson, Jack Barlow e Leroy “the Masochist” (in italiano “Spaccatutto”) Smith, passano il tempo facendo surf e falò su una spiaggia californiana, con le loro ragazze e altri amici, tra feste notturne, sbronze devastanti, un giro oltre il confine messicano a far casino. Sono bravi, i tre, nel surf: Matt è il migliore, e scarica sulle onde il suo temperamento autodistruttivo, Jack è il più posato, Leroy il più pazzo; e Bear, maturo campione di qualche anno prima che adesso fabbrica tavole, sa che, prima o poi, compiranno una grande impresa.
Poi l’autunno del 1965, quando l’acqua comincia a diventare fredda e si allunga l’ombra della cartolina precetto per il Vietnam. Infine, l’inverno del 1968, quando qualcuno è tornato e qualcun altro non ce l’ha fatta. I tre amici di notte si sbronzano in un cimitero cercando la tomba di un compagno caduto, poi ognuno se ne va per la sua strada.
Tre stagioni, tre stati d’animo diversi, esperienza amare, tre giovani segnati: ciò che li fa vivere ancora sono quelle magnifiche onde che li fanno volare sull’acqua, librandosi in piena libertà fisica e morale, dove dimenticano tutte le pene giovanili e della società che li obbliga. Tre ragazzi cresciuti con l’esperienza della cosa peggiore che sa fare l’uomo: la guerra. Tre stagioni dell’anno, tre anti-eroi, tre protagonisti di un film che al botteghino fu un flop e oggi è un vero cult, frutto di quel regista, John Milius (bravissimo nelle riprese sull’acqua), che non si è fatto molto amare date le sue idee politiche e belliche, che forse non si era neanche reso conto di quello che stava girando: un canto struggente della giovinezza che svanisce molto in fretta, della perdita degli amici, degli amori che parevano eterni, del mare schiumoso, delle tavole come piani di esistenza, delle speranze frustrate dagli eventi della vita. Quante volte il cinema ha dedicato la perdita della giovinezza?
Chi non ricorda il finale di Stand by me? “Non ho mai avuto amici come quelli che avevo a dodici anni. Gesù, ma chi li ha?”
Brani di musica indimenticabili.
















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