Un posto sicuro (2015)
- michemar

- 1 mag 2023
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 11 mag 2023

Un posto sicuro
Italia 2015 dramma 1h40’
Regia: Francesco Ghiaccio
Sceneggiatura: Francesco Ghiaccio, Marco D'Amore
Fotografia: Guido Michelotti
Montaggio: Chiara Griziotti
Musiche: Enrico Pesce
Scenografia: Carmine Guarino
Costumi: Laurianne Scimemi
Marco D'Amore: Luca
Giorgio Colangeli: Eduardo
Matilde Gioli: Raffaella
TRAMA: Luca, trentenne che a Casale Monferrato vive barcamenandosi con il lavoro di clown per feste private, apprende che il padre Eduardo, ex operaio dell'Eternit, sta morendo di mesotelioma. Inizia così un percorso di avvicinamento alla dolorosa vicenda, con il rapido corso della malattia a farlo riavvicinare al padre e a costringerli al confronto.
Voto 6

Casale Monferrato, 2011. Il paese è in fermento per l'imminente verdetto del processo contro l'Eternit, la fabbrica che produceva amianto: i dirigenti dell'azienda sono sul banco degli imputati, rispondendo agli effetti nefasti dimostrati con migliaia di morti. Uno dei dipendenti che si è ammalato di amianto è Eduardo: lavorava nello stabilimento da una vita e ora è gravemente malato. Ha poco tempo per ricucire il rapporto con il figlio Luca, rovinato negli anni passati. E il giovane, complice anche l'amore per la fidanzata Raffaella, è pronto a riconciliarsi.

Finalmente un Marco D’Amore differente, fuori dallo schema camorra-rivalità-sangue e dialoghi bocca a bocca. Un attore che può dire altro, che può recitare in italiano argomenti che non riguardano la lotta per la supremazia in un territorio malavitoso. Che affronta problematiche sociali con un soggetto e una sceneggiatura scritti assieme al regista Francesco Ghiaccio, sorprendendo non poco chi lo riteneva chiuso nella gabbia del successo seriale. Ed invece, eccolo abbandonare la pistola per affrontare ed entrare nel pieno del dramma di una tragedia locale che è diventata simbolo nazionale, quella della fabbrica di Eternit a Casale Monferrato, dove la scia infinita di morti di amianto pare infinita.

Il posto sicuro, mito di qualche decennio fa, magari statale. Sicuro. Un titolo provocatorio, ironico, amarissimo, se si parte dal concetto che un tale aggettivo indica protezione, su cui una famiglia nasce e si sente protetta, spesso un luogo dove si vive con i propri cari a cui puoi dare serenità e futuro. Che è, insomma, una storia personale e familiare. In molti casi, specialmente da diversi anni, non è più così, non è più un traguardo tutelato per svariate ragioni, soprattutto in termini di durata. Oggi, in molte nazioni e anche in Italia, l’offerta è basata sul precariato e sull’insufficienza del salario. In una parola, non è più sicuro. Se poi rivolgiamo l’attenzione agli incidenti sul lavoro e, ahimè, alle morti dei lavoratori, la sicurezza, sinonimo di salvaguardia della salute e del rispetto delle norme di protezione fisica, ci accorgiamo che è diventata una sciagura nazionale, con dati statistici da far paura. Non c’è giorno che i notiziari non diano annunci di disgrazie mortali.

Uno dei casi più eclatanti e angoscianti è sicuramente quello del comune alessandrino, dove le polveri di amianto hanno rovinato ferocemente la salute degli operai e dei loro familiari, respirando sia in fabbrica che a casa quando le tute da lavoro erano innocenti strumenti di trasporto delle ferali sostanze. Ed ecco allora un film di impegno, rigoroso, di amare considerazioni, che – per dare maggiore credibilità e veridicità all’opera – ha portato i due autori a vivere (come racconta lo stesso attore protagonista) un anno e mezzo a contatto diretto con la popolazione e i familiari delle vittime. scoprendo che esiste un inquinamento che va al di là della fabbrica. Per trattare il difficile argomento, la scelta è stata quella di mettere accanto alla sciagura – quasi una metafora - il rapporto non facile tra un operaio, Eduardo interpretato da Giorgio Colangeli, che sta morendo a causa di un mesotelioma provocato dalle polveri della fabbrica, e suo figlio Luca (Marco D’Amore), che è andato via da tempo dal paese sia per dissidi con lui che per realizzare il sogno di fare l’attore, ripiegando più modestamente nel lavoro di clown part-time nelle feste.

È anche, quindi, uno scontro generazionale che viene marcato da un lato dalla trasformazione in negativo di un lavoro che è diventata una trappola mortale, dall’altro dall’accettazione della rinuncia dei sogni del giovane una volta che questi capisce che deve invece intraprendere una necessaria denuncia sociale. Da qui, dialoghi e sceneggiatura molto accorati, che si sviluppano attraverso la conoscenza diretta dei cittadini coinvolti e del mezzo teatrale come strumento di protesta e di lotta.
Buonissimo il lavoro attoriale dei due protagonisti, accettabile quello della regia, evidentemente ancora acerba, dell’esordiente Francesco Ghiaccio.






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