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Una notte di 12 anni (2018)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 18 nov 2020
  • Tempo di lettura: 4 min

Una notte di 12 anni

(La noche de 12 años) Uruguay/Spagna/Argentina/Francia/Germania 2018 biografico 2h2’


Regia: Álvaro Brechner

Soggetto: Mauricio Rosencoff , Eleuterio Fernández Huidobro

Sceneggiatura: Álvaro Brechner

Fotografia: Carlos Catalán

Montaggio: Irene Blecua, Nacho Ruiz Capillas

Musiche: Federico Jusid

Scenografia: Laura Musso

Costumi: Alejandra Rosasco


Antonio de la Torre: José Mujica

Chino Darín: Mauricio Rosencof

Alfonso Tort: Eleuterio Fernández Huidobro

Soledad Villamil: psichiatra

Silvia Pérez Cruz: Graciela Jorge

César Troncoso: militare

César Bordón: sergente Alzamora

Mirella Pascual: Lucy Cordano

Nidia Telles: Rosa


1972. Una sera d'autunno, nove prigionieri politici vengono prelevati dalle loro celle per essere isolati in nuove piccole celle, in cui trascorrono la maggior parte del loro tempo con un cappuccio in testa. Tra costoro, vi è anche Pepe Mujica, destinato a divenire qualche tempo dopo presidente dell'Uruguay.


Voto 8



I Tupamaros, sotto la sigla MLN-T (Movimiento de Liberación Nacional - Tupamaros), furono un'organizzazione di guerriglia urbana di ispirazione comunista, attiva in Uruguay tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta, per resistere alla dittatura militare che utilizzava anche squadroni della morte per eliminarli. Questi, con il pretesto di bloccare i ribelli, non andavano tanto per il sottile (come è sempre successo con le dittature) e in pratica colpivano anche i semplici sospetti, gli attivisti di sinistra, i sindacalisti. Il film, basato sul libro Memorie dal calabozo, 13 anni sottoterra di Mauricio Rosencoff e Eleuterio Fernández Huidobro, racconta le testimonianze delle esperienze vissute da tre delle figure più note dell'Uruguay contemporaneo: José "Pepe" Mujica (che in seguito divenne il Presidente dell'Uruguay), Mauricio Rosencof (scrittore e poeta di fama), ed Eleuterio Fernández Huidobro (futuro Ministro della Difesa).



Essi, assieme ad altre sei persone, furono rapiti e imprigionati dai militari che, non potendoli ammazzare, adottarono la pratica delle torture fisiche e soprattutto psicologiche in totale isolamento per oltre 12 anni. Non è un prison-movie, non è un film per piacere al pubblico, è il racconto della sopravvivenza esistenziale di alcuni uomini eroi sottoposti ad ogni sorta di sofferenza mentale che i militari utilizzarono con lo scopo preciso di farli uscire di senno e solo la capacità morale e la resistenza mentale, su cui fecero leva per resistere, furono in grado di far uscire in condizioni ancora decenti quegli uomini indeboliti sì nel fisico ma forti nello spirito, addirittura ancora pronti per affrontare la vita e tornare a fare politica attiva dopo la liberazione, con il popolo che aspettava solo un segnale per risorgere. Per tutti quegli anni furono privati di ogni attributo umano, subendo un abbruttimento fisico e di spersonalizzazione continuo e sfiancate, con frequenti trasferimenti di prigione, dotate di celle piccolissime, sempre incappucciati a brancolare nel buio di quel pochissimo spazio.




Una sofferenza che il regista uruguaiano che vive in Spagna, Álvaro Brechner, ha saputo mettere sullo schermo facendo vivere da vicino la tragica esperienza, tanto da far partecipare emotivamente e, direi quasi, sensorialmente alle sequenze drammatiche a cui si assiste. Una tale partecipazione che alla fine viene spontaneo tirare un sospiro di sollievo e festeggiare con i protagonisti la vita riconquistata. Più che mai, come succede solo rare volte, si intuisce l’importanza della libertà di espressione e soprattutto della libertà come concetto pieno: principio morale, etico e sociale che spesso in tante nazioni del Sudamerica è stato messo nell’angolo per lungo tempo, anche per le note ingerenze delle potenze straniere. Diversi i momenti di forte emozione, ma due sequenze finali meritano una particolare menzione. Nella prima risulta determinante il commento musicale affidato alla voce emozionante di Silvia Perez Cruz che interpreta in una maniera molto personale e altrettanto toccante The Sound of Silence di Simon & Garfunkel, con la traduzione del meraviglioso testo che scorre sullo schermo, mentre i tre protagonisti si incontrano alla luce del sole del cortile per la prima volta dopo tanti anni di isolamento. Musica e cinema danno l’ennesima prova di quanto siano magici quando un regista sa abbinarli: le note giuste nel momento topico. Il finale vero e proprio è quello che ogni spettatore attende sin dall’inizio ma ormai quasi senza speranza. I numerosi detenuti per motivi politici vengono liberati all’indomani del referendum che cambierà il corso della storia uruguaiana e tutti i parenti li attendono in fondo alla maledetta strada che porta alla prigione. Qui è la musica di Federico Jusid che ammanta gli abbracci, i baci, gli occhi chiusi dalla felicità, i sorrisi del rivedersi, le lacrime trattenute e quelle liberatrici. In quel momento capiamo che la libertà è la convinzione di una mamma che non ha mai perso la speranza di riabbracciare il figlio, è l’incredulità di un papà nel vedere la figlia diventata adolescente, è un piccolo vaso (da notte) con un po’ di terra che ha fruttato un bellissimo fiore rosso (di quale altro colore poteva essere?), è sentire l’odore della pelle della persona che ti ha atteso più di 12 anni. La libertà coincide finalmente con la felicità. Quella di voltarsi indietro per guardare dal lontano l’edificio che non ti rinchiuderà più.




Regia attenta, meticolosa, che forse non ha voluto affondare di più le unghie nelle violenze fisiche perpetrate ai prigionieri politici solo per pudore verso lo spettatore e non ha avuto il tempo di allargare la narrazione all’ambientazione storica e politica di quegli anni terribili, argomento appena sfiorato durante i vari flashbacks. Al momento della chiusura del film leggiamo che Eleuterio Fernández Huidobro è stato Senatore e Ministro della Difesa, morto in carica il 5 agosto 2016; Mauricio Rosencof vive a Montevideo, è scrittore, poeta e drammaturgo, è stato assessore alla Cultura del Comune di quella città; José "Pepe" Mujica è stato Deputato, Senatore e Ministro dell’Agricoltura. A 75 anni, nel 2010, è stato eletto Presidente dell’Uruguay. Oggi, mentre scrivo, egli ha 85 anni e i suoi saggi e semplici aforismi sono un monito per tutti.

Tra gli attori del cast emergono il ben conosciuto Antonio de la Torre, che ritroviamo in molti film spagnoli, Chino Darín, figlio del notissimo Ricardo, e Soledad Villamil (Il segreto dei suoi occhi).


La politica è la lotta per la felicità di tutti.” Pepe Mujica



 
 
 

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