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Una vita tranquilla (2010)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 11 apr 2023
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 15 mag 2023


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Una vita tranquilla

Italia/Francia/Germania 2010 thriller 1h45’


Regia: Claudio Cupellini

Sceneggiatura: Claudio Cupellini, Filippo Gravino, Guido Iuculano

Fotografia: Gergely Pohárnok

Montaggio: Giuseppe Trepiccione

Musiche: Teho Teardo

Scenografia: Erwin Prib

Costumi: Mariano Tufano


Toni Servillo: Rosario Russo/Antonio De Martino

Marco D'Amore: Diego De Martino

Francesco Di Leva: Edoardo

Juliane Köhler: Renate

Maurizio Donadoni: Claudio

Leonardo Sprengler: Mathias Russo

Alice Dwyer: Doris


TRAMA: Rosario Russo è un uomo di mezza età, vive con sua moglie Renate e suo figlio Mathias in Germania da circa quindici anni, dove gestisce un albergo-ristorante. La sua vita sembra scorrere serena come tante altre, tra gli impegni lavorativi e familiari. Un giorno si presentano alla sua porta due giovani italiani che cercano un posto dove poter mangiare e dormire: si tratta di Diego ed Edoardo, figlio di Mario Fiore, capo di una potente famiglia camorrista.


Voto 7,5

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Uscire da una vita precedente, specialmente se vissuta nella criminalità organizzata (nello specifico, nella camorra campana), è sempre difficile, anche se hai sepolto la tua precedente esistenza con una finta morte ed una fuga all’estero. Anche se son passati molti anni e pare che nessuno si ricordi di te. Vivi una vita tranquilla. Rosario (Toni Servillo), per esempio, oggi è un ristoratore cinquantenne che vive da anni in Germania dove conduce, circondato dalla moglie Renate, dal figlio Mathias e dall'amico chef Claudio, la sua attività in un posto isolato nella campagna. La vita pacifica di Rosario prende una svolta il giorno in cui due italiani arrivano senza preavviso nel suo ristorante. Uno di loro, Diego (Marco D'Amore), è nientemeno che il suo primogenito, che aveva abbandonato quindici anni prima per sfuggire a un passato che avrebbe preferito dimenticare. In realtà, Rosario si chiamava Antonio De Martino, uno dei camorristi più feroci e potenti del casertano. L’altro è Edoardo (Francesco Di Leva).

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La tensione latente, che più che in altre occasioni, viaggia a fior di pelle, che si avverte sin dal principio pur non essendoci motivi validi per intravederla, è disegnata appena sul viso della moglie del protagonista, Renate (Juliane Köhler), che non sappiamo se sia completamente al corrente dei trascorsi del marito ma da cui traspare una inquietudine che riesce a trasmettere allo spettatore in maniera sibillina. Rosario, recitato nel modo più impeccabile da Toni Servillo, è una statua inespressiva ed è difficile cogliere sul suo viso le preoccupazioni che gli passano per la mente se non quel poco della reazione di trovarsi davanti quei due ceffi, inviati lì dalla camorra per compiere un omicidio. Devono eliminare un industriale tedesco che sta per stipulare un contratto per lo smaltimento dei rifiuti provenienti dalla Campania. Ancora una volta, il cinema italiano si occupa del traffico illecito delle scorie industriali difficili da smaltire e con cui la criminalità fa affari d’oro, soprattutto all’estero.

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Dall'attacco della prima scena, Claudio Cupellini stabilisce un clima inquietante che funziona come l’attesa dello scoppio di una miccia che brucia prima lentamente e poi accelera. Espediente che nel cinema funziona sempre a dovere, specialmente se con i tempi giusti e con una sceneggiatura che aumenta la tensione tra dubbi mai chiariti e avvenimenti incombenti. Il pericolo qui è chiaramente identificabile: è Edoardo, un elemento invadente su cui poggia tutta la tensione delle prime sequenze e senza il quale il film sarebbe piatto e mancherebbe di forza. A ciò si può aggiungere la musica di Teho Teardo, i giochi di luci e, a porte chiuse, le preoccupazioni di Renate per marito e figlio: tutto contribuisce ad una sorta di diffidenza tra i personaggi che a volte si trasforma in paranoia, come nella scena del litigio violento in cui uno dei cuochi viene licenziato da Rosario. Di conseguenza, la storia non fatica a mantenere una dinamica in cui la violenza, il più delle volte repressa, esplode con eccessi eclatanti, come l’eliminazione a freddo di Edoardo che dimostra, tra l’altro, la quasi dimenticata violenza che abitava nell’uomo dalla nuova vita che però è sempre pronto come una belva. E quando ci si avvicina al finale, complesso e drammatico, con la complicanza del piccolo Mathias, si intuisce che il momento della resa dei conti è arrivato implacabile, ma imprevedibile nelle conseguenze. Chi è stato, anche lontano nel tempo, un abile criminale non dimentica mai come cavarsela e sa come vendere cara la pelle. Se qualche lunghezza si fa sentire, le buone idee del regista e degli sceneggiatori la spazzano via proprio con un finale degno dei migliori noir.

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Eppure, nonostante tutte questa qualità, il film non sconvolge più di tanto, almeno per ciò che avrei sperato, diventando abbastanza prevedibile nello svolgimento. Ma ha dei gran pregi prima di tutto nella eccellente interpretazione di Toni Servillo, il cui personaggio si lascia scivolare addosso tutte le accuse di mafia con una sorta di stoicismo annoiato, con il volto solcato da un respiro paziente e riflessivo, irradiando una calma potente che probabilmente gli serve oggi nella cucina del ristorante ed una volta da killer di ghiaccio. Un personaggio misterioso che quel viso nasconde bene, perché mai, in tutta la storia, vengono rivelati chiaramente i dettagli del suo passato, che oggi si ripresenta come un conto da pagare all’apparizione di quei due giovani indesiderati. Il contrasto è rappresentato, come il passato ed il presente, da quanto Rosario non voglia mai aver voluto incontrarli e come invece perda la testa per lo straniero la cameriera Doris.

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Claudio Cupellini ci conduce su due binari, che, come da concetto, viaggiano paralleli: da una parte l’esistenza di una famiglia che fa fatica ad esserlo pienamente, come se una spada di Damocle penda continuamente su di essa, pronta prima o poi a calare, e dall’altra l’implacabile attività criminale della camorra, con ombre del passato e ordini che suonano chiari. L’appuntamento sotto un ponte, che sia a Napoli o a New York, o in un posto sperduto della Renania non conta. Il potere, nel frattempo, è tutto declinato al maschile e la figura di Renate è in secondo piano, come nella scena del canile, mentre i due uomini, padre e figlio, devono chiarirsi.


Attori molto bravi e ben scelti dal regista, che sa dare un taglio europeo, se così si può dire, ad un film che non ha ricevuto nel tempo il riconoscimento dovuto. Perché è davvero un buon film.

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Riconoscimenti

David di Donatello 2011:

Candidatura miglior film

Candidatura miglior regia

Candidatura miglior attore non protagonista a Francesco Di Leva

Candidatura miglior sceneggiatura


 
 
 

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