Uomini e cobra (1970)
- michemar

- 10 giu
- Tempo di lettura: 3 min

Uomini e cobra
(There Was a Crooked Man…) USA 1970 western 2h6’
Regia: Joseph L. Mankiewicz
Sceneggiatura: Robert Benton, David Newman
Fotografia: Harry Stradling Jr.
Montaggio: Gene Milford
Musiche: Charles Strouse
Scenografia: Edward Carrere
Costumi: Anna Hill Johnstone
Kirk Douglas: Paris Pitman Jr.
Henry Fonda: Woodward W. Lopeman
Hume Cronyn: Dudley Whinner
Alan Hale Jr.: Tobaccy
Burgess Meredith: The Missouri Kid
Lee Grant: Mrs. Bullard
Warren Oates: Floyd Moon
Michael Blodgett: Coy Cavendish
Bert Freed: Skinner
John Randolph: Cyrus McNutt
TRAMA: Dopo una rapina, il bandito Pitman elimina i complici e nasconde il bottino in una fossa di serpenti a sonagli. Viene catturato dallo sceriffo Lopeman che lo spedisce in carcere. Pitman diviene ben presto il leader dei detenuti. Spargendo abilmente la voce del suo ricco bottino nascosto, Pitman corrompe il direttore, ma questi viene ucciso. Lo sostituisce Lopeman, che coinvolge Pitman nei suoi programmi di rieducazione, ma proprio all’inaugurazione del nuovo refettorio Pitman evade.
VOTO 7,5

Arizona, 1883. Dopo una sanguinosa rapina, Paris Pitman elimina i suoi complici e nasconde la refurtiva (che ammonta a ben 500.000 dollari) in una fossa piena di serpenti a sonagli, ma viene arrestato - dopo essere stato riconosciuto dal derubato in un bordello - prima che possa recuperare il denaro. L’uomo viene processato e condannato ai lavori forzati, e, una volta trasferito in un carcere, viene quotidianamente aggredito da altri detenuti che sono a conoscenza delle sue attività e del bottino che non è mai stato ritrovato. Nel carcere, a ogni modo, riesce a guadagnarsi l’amicizia di alcuni compagni di cella e la sua vita nel penitenziario diventa lentamente meno dura. Dopo la morte del direttore, ucciso da un carcerato, il suo sostituto è l’ex sceriffo Woodward W. Lopeman, che, molto meno severo e più umano del suo predecessore, non fa più lavorare i detenuti e inizia una specie di programma di rieducazione dei carcerati.

Le figure predominanti, come si evince, sono quella di Paris (Kirk Douglas), che è un fuorilegge che ha rubato e nascosto il frutto, e quella di Woodward (Henry Fonda), l’uomo di legge che si suol definire “verticale”, tutto d’un pezzo. C’era un uomo storto... dice il titolo originale e il suo nome è appunto Paris Pitman Jr., un affascinante fuorilegge dai capelli rossi che non ha esitato a sparare alla schiena del suo migliore amico per appropriarsi della refurtiva. Ma c’è anche un uomo all’opposto, di nome Woodward Lopeman (Henry Fonda), uno sceriffo bravo, coraggioso e incorruttibile, che aveva idee liberali e una potente avversione per la violenza criminale.

In quel leggendario periodo del West, i due uomini si incontrano nella prigione territoriale situata nel mezzo di una pianura arida e desolata. Lopeman è il guardiano e Pitman è il suo prigioniero. Con tutta la pazienza e la comprensione di un volontario della Salvezza da strada che affronta il suo primo peccatore vivo, il guardiano si propone di riabilitare l’altro. Lavora e lavora e lavora fino a quando, un giorno...

Una gran coppia di attori per un western ricco d’ironia e nello stesso tempo carico di pessimismo, con l’alternanza di scene divertenti e scene più drammatiche, imperniato su di un unico cardine: l’avidità umana. Il film esce dai canoni classici del genere grazie alla notevole ambientazione carceraria ed è ben scritto per merito di due sceneggiatori molto efficaci: David Newman e Robert Benton, il futuro regista che iniziò la carriera scrivendo copioni.

Il confronto tra i due protagonisti può essere interpretato come una battaglia tra due visioni opposte della natura umana e del potere. Pitman è un manipolatore astuto, guidato dall’avidità e dall’opportunismo, mentre Lopeman rappresenta un’autorità più idealista e riformista, convinto di poter riabilitare i detenuti. Dal punto di vista psicologico, il film esplora il conflitto tra narcisismo e moralità, con il primo che sfrutta il suo carisma per ottenere vantaggi ed il secondo che cerca di mantenere un ordine basato sulla fiducia e sulla disciplina. La loro interazione diventa una sorta di partita a scacchi, dove ogni mossa è calcolata per ottenere il controllo sulla situazione. A livello umano, il film mostra come il potere possa corrompere e come la fiducia possa essere tradita. Il bandito incarna l’idea che l’individualismo spietato possa prevalere, mentre l’uomo di legge rappresenta la speranza che la giustizia e la redenzione siano possibili. Il loro scontro è quindi una metafora della lotta tra cinismo e idealismo, con un finale che sottolinea la natura ambigua della moralità.

E che finale!
Il regista, il grande Joseph L. Mankiewicz, lo definì un film violento (più che altro nelle intenzioni) ma “dickensiano” (ed infatti), con una ricca gamma di personaggi secondari. Recitazione ad alti livelli dei due attori indimenticabili, ma tutto l’eccellente cast è alla stregua dei campioni.






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