Venuto al mondo (2012)
- michemar

- 6 feb 2019
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 6 dic 2020

Venuto al mondo Italia/Spagna 2012 dramma 2h7'
Regia: Sergio Castellitto Soggetto: Margaret Mazzantini Sceneggiatura: Sergio Castellitto, Margaret Mazzantini Fotografia: Gian Filippo Corticelli Montaggio: Patrizio Marone Musiche: Eduardo Cruz Scenografia: Francesco Frigeri Costumi: Sonoo Mishra
Penélope Cruz: Gemma Emile Hirsch: Diego Adnan Haskovic: Gojko Saadet Aksoy: Aska Pietro Castellitto: Pietro Luca De Filippo: Armando Vinicio Marchioni: Fabio, primo marito di Gemma Jane Birkin: psicologa Mira Furlan: Velida Sergio Castellitto: Giuliano Jovan Divjak: Jovan
TRAMA: Gemma, dopo anni di assenza, decide di tornare a Sarajevo, portando con sé il figlio sedicenne Pietro. L'occasione è l' invito che le ha fatto Gojko, un suo amico bosniaco, poeta di professione, per assistere a una mostra in memoria delle vittime dell' assedio, che include le foto del padre del ragazzo. Fu proprio Gojko che, ai tempi delle Olimpiadi invernali del 1984, fece conoscere a Gemma il fotografo Diego, con cui lei visse un'appassionata storia d'amore, sebbene tormentata dalla scoperta della propria sterilità e dal ricorso all'utero in affitto di una ragazza bosniaca, dalla quale nacque Pietro. In pieno conflitto, Gemma aveva lasciato Sarajevo con Pietro, appena nato, dove invece era rimasto il marito Diego, che non avrebbe più rivisto. Ora una inaspettata verità attende Gemma proprio a Sarajevo.
Voto 6

Ahi, quant’è difficile tradurre in immagini cinematografiche un bel romanzo, soprattutto se complesso e stratificato in tempi diversi come questo! Quante volte siamo rimasti delusi vedendo un film dopo averne letto il libro prima! Effettivamente non sempre, a volte abbiamo visto le scene che ci aspettavamo o ancor più belle, ma sono convinto che capita raramente. Devo dedurre che si rimane delusi perché ci si aspetta molto dopo aver amato un romanzo? No, non è così invece stavolta. Il fatto è che secondo me Sergio Castellitto anche stavolta ha partorito un’opera non eccellente.

Il punto di partenza è un buon romanzo, forse il migliore di Margaret Mazzantini, e non era facile farne un film all’altezza, perché è una storia lunga e sviluppata in lunghi anni e sappiamo tutti che un libro può essere anche lungo come un Dostoevskij e un film per essere sopportabile non deve superare le due ore e mezza. E il problema è proprio qui: la bravura dello sceneggiatore e del regista sta appunto nel raccontare una lunga storia sapendo scegliere le scene e la loro durata. E poi serve ovviamente un buon montaggio. Quando si assiste ad una mitragliata di scene, tutte abbastanza brevi, tipo videoclip, che vogliono essere un “bignami” della narrazione e si viene catapultati continuamente avanti e indietro nella storia tra una miriade di flashback succede questo: se conosci il romanzo riesci a seguirne la trama, i riferimenti e i personaggi, se non lo conosci non ti raccapezzi più. E ciò è capitato a questo film. Il filo di Arianna per afferrare la continuità cronologica per fortuna c’è ed è la capigliatura della protagonista Gemma (Penelope Cruz): da donna matura, nell’epilogo della vicenda, ha qualche capello bianco e si pettina come una donna d’oggi e ha qualche ruga; altrimenti stiamo guardando avvenimenti accaduti diversi anni prima. Geniale!

Un altro difetto che riscontro è la recitazione di molti personaggi a cui Castellitto ha richiesto chiaramente di stare spesso sopra le righe; difatti si sprecano le scene in cui tutti urlano e gesticolano come se l’interlocutore sia sordo. Sembrano tutti esagitati, a cominciare dal giovanotto Pietro (Pietro Castellitto, figlio dentro e fuori) che in questa maniera non riesce a rendere l’idea se vuole bene a sua madre (sua madre?) o non la sopporta. Vabbè, lui crescerà ma il regista è già grande e qualcosa di meglio dovrà farla, altrimenti sarebbe meglio che interpreti e basta, anche perché è un ottimo attore ed è uno dei pochi in Italia che recita con una buona naturalezza e spontaneità.

La trama è una bellissima e drammatica storia, ambientata un po’ in Italia e parecchio nelle strade di una Sarajevo straziata dalle bombe e dall’odio, nel film ben ricostruita come ambiente durante la guerra civile della ex Jugoslavia. Tutto ruota intorno ad un amore (urlato, appunto, da Diego, Emile Hirsch) verso la ragazza italiana Gemma e dal desiderio immenso di avere un loro figlio. Il figlio arriverà ma nella maniera più assurda e crudele che si possa immaginare. Mezzo film è una serie di flashback a volte troppo rapidi che spesso si fatica a collocare nella storia e tramite questi si scopre una vicenda atroce che trova la soluzione inimmaginabile nel finale-verità sempre più drammatico, quando finalmente gli attori rendono al meglio.







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