Videodrome (1983)
- michemar

- 22 mar 2019
- Tempo di lettura: 2 min

Videodrome
Canada 1983, horror fantascientifico, 1h27'
Regia: David Cronenberg
Sceneggiatura: David Cronenberg
Fotografia: Mark Irwin
Montaggio: Ronald Sanders
Musiche: Howard Shore
Scenografia: Carol Spier
Costumi: Delphine White
James Woods: Max Renn
Sonja Smits: Bianca O'Blivion
Deborah Harry: Nicky Brand
Leslie Carlson: Barry Convex
Jack Creley: prof. Brian O'Blivion
Peter Dvorsky: Harlan
Lynne Gorman: Masha
TRAMA: Direttore di un canale di una TV privata, specializzatasi nel genere porno, Max Renn capta un giorno uno strano programma, in cui si possono vedere torture ed assassini. È un tecnico della stazione che è riuscito nell’impresa di trovare le relative immagini, che sono prodotte per il programma intitolato "Videodrome" - emesso, a quanto poi si saprà, da Pittsburg - nel quale figura come conduttore un certo Brian. Ma Brian, come Max, affascinato e sconvolto, accerterà in seguito, è morto da tempo: è solo un nastro che lo presenta e così, grazie anche alla figlia di costui - Nicky - Max verrà immesso in un delirio di allucinazioni e poi di delitti, dovuti alla dittatura ipnotica che Barry Convex, il direttore di Videodrome, esercita su di lui come su altri.
Voto 7,5

Film innovatore del movimento indipendente della Hollywood degli anni ’80, la storia di David Cronenberg sulle trasformazioni causate dall’esposizione alla violenza televisiva sceglie come soggetto proprio quei problemi che il regista aveva dovuto affrontare con censori, distributori e gruppi femministi a causa delle sue opere precedenti. Per molti aspetti la più formale e audace incarnazione dei temi caratteristici di Cronenberg, questo film inizia come un thriller commerciale solo all’apparenza tradizionale per poi trasformarsi, dalla metà in poi, in una orrorifica riflessione su quel maledetto apparecchio che arreda le nostre stanze, la TV, che spesso prende il posto della realtà. Film che ha dato il via a forti polemiche e discussioni, che ha causato lodi e condanne aspre che condannavano la libertà con cui ha trattato l’argomento: le scene ritenute più oltraggiose sono state perfino censurate per non turbare (sempre da condannare questi tagli!). Ancora, quindi, l’uomo e le gli “oggetti” che lo circondano, ancora come sempre “la nuova carne”.

Cult allucinatorio del sempre visionario del regista canadese, che con questo film diventò leggenda. Volendolo considerare come il manifesto della sua opera – senza dimenticare tra i tanti film importanti Il pasto nudo, La zona morta, Crash - con questo film consacra il suo nuovo linguaggio e il suo stile personalissimo. Il regista, come era suo costume nel pieno della sua maturità di cineasta, affonda il colpo pesantemente e sconvolge tutti con “la nuova carne”, la televisione in tutte le conseguenze sulla psiche delle persone, una vera mania, una malattia mentale, fino al totale stravolgimento. Una impressionante riflessione sul rapporto che esiste tra i media, il corpo e la mente dei telespettatori.

E io mi chiedo: cosa ne avrebbe fatto oggi sull'argomento, con quello che è diventata la televisione che entra nelle nostre case, con tutti gli obbrobri che sa sfornare? Impressionante il film? E la televisione di oggi, allora? Neanche Blob riesce a mostrarcela tutta nella sua nefandezza!






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