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Wild (2014)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 7 ago 2021
  • Tempo di lettura: 6 min

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Wild

USA 2014 dramma/avventura 1h55'


Regia: Jean-Marc Vallée

Soggetto: Cheryl Strayed (memorie: "Wild: From Lost to Found on the Pacific Crest Trail")

Sceneggiatura: Nick Hornby

Fotografia: Yves Bélanger

Montaggio: Martin Pensa, Jean-Marc Vallée

Scenografia: John Paino

Costumi: Melissa Bruning


Reese Witherspoon: Cheryl Strayed

Laura Dern: Bobbi Lambrecht

Gaby Hoffmann: Aimee

Michiel Huisman: Jonathan

Charles Baker: T.J.

Keene McRae: Leif

Kevin Rankin: Greg

Thomas Sadoski: Paul

W. Earl Brown: Frank

Brian Van Holt: Ranger

Nick Eversman: Richie


TRAMA: Nell'America degli anni '90 una ragazza rimasta sola con il proprio fratello dopo la morte improvvisa della madre (dal padre si erano allontanati anni prima per eccesso di violenza) e la fine del proprio matrimonio, chiusa nella dipendenza dall'eroina decide di affrontare il Pacific Crest Trail a piedi, più di 1.600 Km in totale solitudine macinati in più di due mesi. In questo periodo ripensa a quello che le è successo e che è determinata a superare con un'impresa che pare superiore alle sue forze.


Voto 8

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Il Pacific Crest Trail è un sentiero escursionistico strettamente allineato con la porzione più alta della catena montuosa della Sierra Nevada e quella delle Cascate, che giacciono da 160 a 240 km ad est della costa pacifica statunitense. È necessario immaginare che il capolinea meridionale del sentiero è sul confine degli Stati Uniti con il Messico e il suo capolinea settentrionale è sul confine tra Stati Uniti e Canada. Il suo corridoio negli Stati Uniti attraversa gli Stati della California, dell'Oregon e di Washington. È lungo 4.286 km. e varia in altitudine da appena sopra il livello del mare al confine tra Oregon e Washington ai 4.009 m. a Forester Pass nella Sierra Nevada. Perché questa introduzione? A causa della storia realmente vissuta dalla nostra protagonista Cheryl Strayed, la scrittrice di numerosi saggi che ebbe una vita alquanto tribolata sino al momento del suo secondo matrimonio che le ha donato finalmente quiete e appagamento psicologico. Lei era nata in Pennsylvania, da Barbara Anne "Bobbi" e Ronald Nyland che divorziarono ben presto e andò così a vivere con la mamma e i due fratellini in una casa dove crebbe tra alti e bassi, specialmente per il comportamento piuttosto originale e imprevedibile della donna, che le diede amore ma anche una certa instabilità emotiva. Persa la mamma per una malattia inguaribile, si sposò a circa 25 anni con un uomo da cui divorziò dopo solo due anni, lasciandole uno strascico nello spirito che fece fatica a smaltire. Fu allora che cambio il cognome da Nyland-Litting a Strayed, che, rispecchiando il suo pensiero di quel momento, vuol dire “smarrita”, “vagabonda”, termine, quest’ultimo, che avrà un significato nel prosieguo e nel film.

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Sin dai tempi di Café de Flore, Jean-Marc Vallée ha tenuto nei suoi pensieri di autore personaggi difficili e tormentati, anche per via delle vicissitudini attraversate dai suoi protagonisti. Infatti quel film fu seguito dal premiato Dallas Buyers Club (recensione), da questo e da Demolition - Amare e vivere (recensione). Come è facilmente rilevabile, tutte opere in cui emergono le difficoltà di vivere dei vari personaggi che le animano. Come appunto in questo caso, in cui la Cheryl in questione, dopo una vita in famiglia che le ha lasciato bei ricordi ma anche sofferenze, dopo la morte prematura della cara mamma Bobbi e le ferite lasciate dal matrimonio fallito, decide di dare una sterzata importante alla propria esistenza e lo fa scegliendo un metodo di certo non usuale. Non sistemandosi altrove con un lavoro o una nuova casa e un nuovo ambiente, ma decidendo di affrontare una escursione pedestre su un percorso più che impegnativo oltre che lunghissimo: quello di cui nell’incipit. Una faticosissima passeggiata in autonomia, con tanto di tenda, viveri, vestiti e tutto il necessario stipati dentro un enorme ed ingombrante zaino che, per sua fortuna, un esperto alleggerì cestinando tutti gli oggetti sicuramente inutili che non avrebbe mai usato. In compagnia è un viaggio molto impegnativo, ma in solitudine è allucinante, estenuante, ma che rappresenta la miglior medicina per la mente e lo spirito, trovando l’occasione per riflettere sulla propria esistenza e decidere con calma il futuro, oltre che ammirare le meravigliose bellezze che la natura offre lungo quell’interminabile percorso.

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Cheryl deve smaltire le tante delusioni, le illusioni, le cicatrici dell’anima che la stanno tormentando, cancellando ogni occasione di un minimo di serenità. Pur avendo terrore delle notti trascorse davanti al fuoco che accende, nella tenda che monta ad ogni sosta, tra gli ululati degli animali selvaggi, affrontando freddo e caldo insopportabile, la volontà di non arrendersi è forte, fermandosi presso i rifugi che fungono da tappe del mitico percorso per appassionati escursionisti, posti dove trova, oltre ai rifornimenti, anche i pacchi che l’ex marito, che non le fa mancare il sostegno morale, le invia per fornirla dei cambi necessari. I pericoli sono tanti, e non solo naturali, perché, come è notorio, il peggior animale di questa Terra è l’uomo: quello che vuole sfruttare la presenza di una donna sola, che chiede in cambio di cibo e acqua favori sgraditi, cacciatori malintenzionati, e così via. Cheryl si è rafforzata nel carattere, intanto, ma non è mai facile per una donna giovane e bella cavarsela senza fastidi, sola e indifesa. Saprà sempre cavarsela, anche se con qualche spavento. I ricordi migliori e peggiori che riguardano gli anni trascorsi con la madre vengono spesso in mente, soprattutto di notte nella canadese, ma anche di giorno mentre soffre per i piedi sanguinanti: l’affetto ricevuto, le incomprensioni con il fratello, i diverbi con il marito, il fallimento della coppia, le sbandate per qualche giovanotto, gli spinelli fumati in compagnia, il pericolo dell’eroina. Adesso è più saggia e la lunga solitudine, la natura dei boschi e dei sentieri solitari, i tantissimi giorni trascorsi faticosamente a piedi la fanno riflettere, dandole principi morali ed etici che si promette di osservare nel futuro, ammesso che riesca nella difficoltosa impresa di arrivare fino in fondo, iniziativa a cui non crede nessuno di quelli che incontra.

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Più volte la stanchezza, l’avvilimento, i pericoli, la fatica, le ferite corporee le suggeriscono di mollare, ma la forza d’animo che ha ormai dentro la spinge avanti, anche per mostrare che dopo tanti tracolli lei è capace di compiere quello che nessuno avrebbe mai pensato fosse nelle sue capacità: l’indicazione poi - per evitare l’inverno e la sua abbondante neve sulle montagne più alte da attraversare - di allungare e passare dal Bridge of Gods (il ponte degli dei) le serve da pungolo per impegnarsi ancora di più. E difatti, quando giunge su quel ponte, lei si rende conto della reale impresa che sta compiendo e che rimarrà nella storia. Cheryl ci sta riuscendo davvero. e nel frattempo si sta anche accorgendo di essere guarita dalle sue cicatrici, di essere diventata veramente una donna, di essere cresciuta, soprattutto caratterialmente. Adesso è in grado di affrontare la vita e decidere per il meglio. Si sposerà felicemente, avrà due figli (la femminuccia sarà ovviamente Bobbi, diventerà scrittrice e scriverà – non solo le meravigliose annotazioni che le venivano in mente durante la traversata – il libro di quel viaggio a piedi: Wild - una storia selvaggia di avventura e rinascita (Wild: From Lost to Found on the Pacific Crest Trail), che è il soggetto su cui il noto scrittore e sceneggiatore Nick Homby ha scritto la sceneggiatura del film.

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È un viaggio che non rappresenta un trasferimento geografico, bensì un atto di crescita, di maturazione, sicuramente formativo. Di fortificazione, di comprensione della vita per non sprecare più le occasioni positive che capitano. I personaggi di Jean-Marc Vallée, d’altronde, vincono sempre, pur se dopo apparenti sconfitte momentanee: i suoi eroi emergono sempre sporchi ma trionfanti. Chissà perché certa gente decide di incamminarsi con zaini pesantissimi e affrontare camminamenti sovrumani. Chissà, forse per espiare colpe che sentono dentro, di smaltire responsabilità che non saprebbero altrimenti come lasciare alle spalle. Ognuno ha i suoi motivi, anche lo spirito d’avventura, e su questo potrebbero scrivere solo loro, come ha fatto a nostra Cheryl Strayed. E se un film così intenso di sentimenti e di significati esistenziali arriva prepotente allo spettatore, il merito, oltre alla regia impeccabile di un narratore di queste problematiche così umane come Jean-Marc Vallée, va alla recitazione concentrata e carica della splendida Reese Witherspoon, forse nella sua migliore prestazione della carriera. Incisiva, ha saputo rendere al massimo le sensazioni che avrà sicuramente vissuto la vera Cheryll Strayed nel corso della sua vita e soprattutto in quella eccezionale impresa solitaria, il cui cognome scelto da lei stessa indica come abbia voluto cambiare la strada della sua esistenza. Quell’enorme zaino con cui si era incamminata rappresenta il fardello che doveva portare a termine per poi liberarsene e affrontare il resto della vita con maggiore leggerezza e soprattutto serenità. Quella che cerchiamo sempre tutti. Canticchiando nenie e ripetendo aforismi incoraggianti per guarire dai dolori fisici e morali. E raggiungere e attraversare quel Bridge of Gods godendo la bellezza del fiume Columbia tra Oregon e Washington non è solo un traguardo ma il punto di inizio di una nuova vita.

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Gran film!




 
 
 

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