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La città proibita (2025)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 10 lug
  • Tempo di lettura: 6 min
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La città proibita

Italia 2025 azione 2h18’

 

Regia: Gabriele Mainetti

Sceneggiatura: Stefano Bises, Gabriele Mainetti, Davide Serino

Fotografia: Paolo Carnera

Montaggio: Francesco Di Stefano

Musiche: Fabio Amurri

Scenografia: Andrea Castorina

Costumi: Susanna Mastroianni

 

Enrico Borello: Marcello

Yaxi Liu: Mei

Marco Giallini: Annibale

Sabrina Ferilli: Lorena

Chunyu Shanshan: Mr. Wang

Luca Zingaretti: Alfredo

Tomal Islam: Śānti

Haijin Ye: Yun

Claudio Pallitto: Cip

Daniele Mosca: Ciop

Elisa Wong: madre di Mei

Abdoulaye Seck: Malik

Roberto He: Maggio

Sheena Hao: maitresse

 

TRAMA: Mei, una misteriosa ragazza cinese, arriva a Roma in cerca della sorella scomparsa. Il giovane cuoco Marcello e la madre Lorena portano avanti il ristorante di famiglia tra i debiti del padre Alfredo, che li ha abbandonati per fuggire con un’altra donna. Quando i destini di Mei e Marcello si incrociano è il momento di combattere antichi pregiudizi culturali e smettono di essere nemici.

 

VOTO 7


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Gabriele Mainetti torna con le sue idee, anzi conferma, dopo Lo chiamavano Jeeg Robot (2015) e Freaks Out (2021), il suo cinema avventuroso della gente comune che vive e sopravvive nel sottobosco romano, oggi come ai tempi dell’invasione nazista. Certo fa impressione leggere il titolo che fa chiari riferimenti all’epicità cinese, già ripresa da importanti film del 1918 (addirittura muto) e del 2006 (quello di Zhang Yimou), e nel caso specifico l’attinenza è diretta, essendo il nome di un ristorante gestito da cinesi nel cuore del quartiere Esquilino, nei pressi di Piazza Vittorio intorno alla quale si svolgono molti fatti, diurni e notturni.


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Il breve incipit che ci introduce al film è ai tempi della fine degli Anni Novanta in Cina, quando la politica del figlio unico è in pieno vigore e i genitori delle piccole Yun e Mei (Yaxi Liu) devono tenere segreta la secondogenita per evitare denunce. Il papà nel frattempo educa entrambe, fin dalla tenera età, alle arti marziali. Dopo di che siamo scaraventati ai giorni nostri, quando un camion arriva a Roma per scaricare ragazze terrorizzate provenienti da quella nazione orientale, oggette di tratta di esseri umani allo scopo di sfruttarle nella prostituzione. Il capolinea è proprio quel ristorante, in cui, è evidente, i clienti, perlopiù di estrazione cinese, possono non solo mangiare ma anche intrattenersi con massaggiatrici e prostitute e dove – secondo le informazioni di Mei - anche Yun è stata costretta come squillo. Lei si è fatta passare per migrante proprio allo scopo di rintracciare la sorella maggiore di cui non ha più notizie: ora, non resta che introdursi in quel malsano ambiente e cercare di salvare la sorella. Da qui mille avventure, nuove conoscenze, aiuti mai richiesti (Mei è fiera come una leonessa affamata ma indomabile) ma ricevuti ugualmente, e soprattutto tantissime sequenze di lotta di kung-fu che rappresenta una delle caratteristiche principali del film.


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Come da schema classico, la folta organizzazione orientale, che comanda nella zona e che ha come copertura e base appunto nel ristorante La Città Proibita, è al servizio del boss Wang (Chunyu Shanshan), potente malavitoso che muove tutte le pedine. L’altro sedile dell’altalena è il tipico ristorante romano dove lavora in cucina Marcello (Enrico Borello) che preferisce la cucina con le comande di amatriciana, carbonara e via dicendo, mentre alla cassa c’è la mamma Lorena (Sabrina Ferilli) ed in sala il solito barcollante ed esausto cameriere. Il titolare, Alfredo (Luca Zingaretti) risulta assente da diversi giorni, indebitato fino al collo, mandando in rovina il locale: il motivo, pare, è che sia sparito anche perché ha perso la testa per una giovane prostituta del ristorante cinese. Sarà mica addirittura Yun, di cui non si sa più nulla e che è sparita anche dal locale cinese?



Siccome Mei è troppo invadente e curiosa e indaga troppo insistentemente, i vari gorilla sguinzagliati da Wang le danno filo da torcere e i combattimenti sono durissimi, come dai tipici duelli di wuxia, e ferite e ossa rotte sono all’ordine del momento, uno dietro l’altro, con tanti agguati che si susseguono. In mezzo ci sono due persone molto differenti: il criminale Annibale (Marco Giallini) che cerca di trarre profitto da tutti, compreso i cinesi, e il suddetto Marcello, buon giovane che deve barcamenarsi tra i fallimenti del padre, l’insoddisfazione della madre, l’amicizia sempre sul filo del rasoio con Annibale e la nuova scatenata arrivata Mei da cui viene travolto suo malgrado.


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È un thriller di malavita romana e cinese, con un parterre di caratteristi che dipinge di mille colori la storia: bangla (termine romanesco che racchiude un intero popolo), nordafricani, cinesi, locali. Un melting pot di razze, persone, caratteri, malesseri da indigenza, buone ragioni per fidarsi di loro e tante altre per non farlo, ma è un girone dantesco simpatico finché non succede nulla (anzi, alcuni sono bravi e volenterosi), che cambia grado di pericolosità quando gli affari si ingarbugliano e conviene sparire dalla circolazione, come ha fatto infatti Alfredo, completamente perso di Yun. Ma si sa, uscire da queste situazioni non solo è difficile ma addirittura impossibile.


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Ciò che domina la visione sono i combattimenti, che sono tanti, sempre con Mei in mezzo a decine di brutti ceffi, ma non stancano mai, anzi sono uno vero spettacolo artistico e visivo, e gran merito va alla stessa attrice, Yaxi Liu, la quale è diventata tale solo per scelta del regista, essendo una abilissima (lo si nota) coreografa di arti marziali. Formatasi fin da bambina in discipline come Wushu, Taekwondo e combattimento coreografato, ha lavorato molto come stuntwoman professionale, anche come controfigura in numerose produzioni asiatiche e hollywoodiane, tra cui il live-action Disney Mulan (2020), dove ha eseguito le scene più pericolose. È anche stunt coordinator lavorando dietro le quinte per altre produzioni, curando le coreografie di combattimento ed influencer marziale quando pubblica video delle sue performance su Instagram, dove appunto è stata scoperta dal regista. Davvero brava anche a recitare sul set, dove ha modo di esprimere tristezza, forza di carattere e bellezza esotica.


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Il film di Mainetti non vuole imitare alcun regista e alcun film e dà idea di buona originalità, ma non manca qualche omaggio, sia alla sua cara Roma con inquadrature adatte, sia al brulicare di gente variopinta nella piazza Vittorio nota proprio per questo, sia a Vacanze Romane allorquando Marcello, nei  momenti in cui finalmente, con un pizzico di tranquillità, comincia a far nascere tenerezza tra lui e l’irruenta ospite, girano la Roma notturna in moto per ammirare le bellezze storiche della Capitale. Kill Bill? Beh, anche non volendo il pensiero va. C’è insomma la Roma di una volta (le trattorie con il cameriere che prende le ordinazioni senza scrivere), quella multilingue di adesso, la cultura cinese, la delinquenza nostrana e quella importata, i combattimenti che sono dei veri balletti coreograficamente ammirevoli. C’è quindi tanta roba che può essere apprezzata anche in campo internazionale, anche perché, va detto, Gabriele Mainetti ha fatto un eccellente lavoro.


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Non è un semplice racconto d’amore (inevitabile che nasca) o di vendetta (altrettanto, dati i punti di partenza), ma anche un viaggio nel sottobosco urbano pieno di lati caratteristici, mentre il thriller tiene viva la fiamma dell’attenzione: che fine hanno fatto i due scomparsi Alfredo e Yun, come riuscirà Marcello a cavarsela tra i cinesi e l’ingordigia di Annibale (che si svelerà davvero solo nel finale), Mei raggiungerà il suo scopo? Il mix di azione e le inedite sensazioni d’amore costituiscono una buona ricetta per far sì che il film piaccia anche a chi non ama la violenza, che – precisiamo – non è fine a se stessa ma è un vero show visuale che contribuisce alla riuscita del film.


È tutto il cast tecnico che funziona alla meraviglia: oltre alla stupenda fotografia dell’ottimo Paolo Carnera, il montaggio che funziona alla perfezione, la scenografia che utilizza spazi industriali come fossero stati costruiti ad hoc, musiche che accompagnano adeguatamente, è uno script funzionale che risalta, opera anche di Stefano Bises e Davide Serino, autori dell’eccellente M – Il figlio del secolo. Gli attori sono bravi e romani come non poteva accadere, ma – oltre alla protagonista Yaxi Liu – è anche il simpatico Enrico Borello che conquista il pubblico. Fattosi notare nei recenti Settembre e Familia, ha quella spontaneità di recitazione che è necessaria per poter interpretare tanti film italiani con successo. Quasi inutile confermare che sia Sabrina Ferilli che Marco Giallini sono stati chiamati dal regista per ruoli a loro molto congeniali.


Il finale non chiede molta fantasia ed il film termina come una favola che rasserena e riporta la pace: troppe risse e duelli, anche con sangue che però non pare mai esagerato, ed ora finalmente la quiete e la felicità familiare. Dove? Eh, dove saranno più felici Mei e Marcello.

Ottima davvero la regia del bravo Gabriele Mainetti.


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Riconoscimenti

Nastri d’argento 2025

Miglior regista

Migliore sonoro in presa diretta

Candidatura al miglior film

Candidatura alla migliore attrice non protagonista a Sabrina Ferilli

Candidatura alla migliore fotografia

Candidatura alla migliore scenografia

Candidatura al migliore montaggio

Candidatura alla migliore colonna sonora

Globo d'oro 2025

Miglior regista

Candidatura al miglior film

Candidatura alla miglior sceneggiatura

Candidatura alla miglior fotografia

Candidatura alla miglior musica



 
 
 

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