The Hours (2002)
- michemar

- 1 feb 2024
- Tempo di lettura: 6 min

The Hours
USA/UK/Francia/Canada/Germania 2002 dramma 1h50’
Regia: Stephen Daldry
Soggetto: Michael Cunningham
Sceneggiatura: David Hare
Fotografia: Seamus McGarvey
Montaggio: Peter Boyle
Musiche: Philip Glass
Scenografia: Maria Djurkovic
Costumi: Ann Roth
Nicole Kidman: Virginia Woolf
Julianne Moore: Laura Brown
Meryl Streep: Clarissa Vaughan
Ed Harris: Richard Brown
Toni Collette: Kitty
Claire Danes: Julia Vaughan
Jeff Daniels: Louis Walters
Stephen Dillane: Leonard Woolf
Allison Janney: Sally Lester
John C. Reilly: Dan Brown
Miranda Richardson: Vanessa Bell
Linda Bassett: Nelly Boxall
George Loftus: Quentin Bell
Charley Ramm: Julian Bell
Sophie Wyburd: Angelica Bell
Lyndsey Marshal: Lottie Hope
TRAMA: Nel 1949 Laura, casalinga incinta, vuole preparare una festa per il marito, ma non riesce a staccare gli occhi dal romanzo che sta leggendo, Mrs. Dalloway. Ai giorni nostri Clarissa intende dare un party per celebrare l’amico Richard, un famoso scrittore che sta morendo di Aids. Queste due storie sono profondamente legate a quella di un’altra donna, Virginia Woolf, intenta a scrivere quel romanzo.
Voto 8

Adeline Virginia Stephen, questo il vero nome di Virginia Woolf, è nacque a Londra nel 1882, era figlia di Leslie Stephen, critico, filosofo e alpinista, e di Julia Prinsep-Stephen, modella per pittori. Visse la sua vita circondata da poeti e scrittori, che frequentavano la sua casa. Rimasta orfana in adolescenza, raccontò di essere stata vittima di abusi sessuali insieme alla sorella Vanessa da parte dei fratellastri George e Gerald. Una vita travagliata, la sua, anche sul piano sentimentale: dopo aver sposato lo scrittore e teorico della politica Leonard Woolf, ebbe anche una relazione con la scrittrice Vita Sackville-West. Dopo aver tentato più volte il suicidio, si tolse la vita il 28 marzo 1941, quando si era riempita le tasche di sassi e si gettò nel fiume Ouse. Fu icona del femminismo e della lotta per la parità dei sessi.

Tra le sue opere più famose va citata La signora Dalloway del 1925. Musa ispiratrice per diversi autori, Woolf ha ispirato con la sua vita e le sue opere anche pièce teatrali e pellicole cinematografiche: alcune sono biografiche, altre adattamenti dei suoi libri, altre ancora sono film con trama a sé stante ma ispirata da alcune sue opere. Un esempio è giusto questo film che è valso a Nicole Kidman, che interpreta appunto la scrittrice britannica, un premio Oscar, un Golden Globe, un BAFTA e svariati altri premi prestigiosi. Il film racconta le drammatiche vicende di tre donne alla ricerca di una vita più soddisfacente e tutte legate dal romanzo, film però tratto dal romanzo Le ore di Michael Cunningham, vincitore del Premio Pulitzer, che a sua volta era ispirato appunto al capolavoro letterario.

L’ottimo Stephen Daldry, sempre sensibile ai temi drammatici e delicati (Billy Elliot, Molto forte, incredibilmente vicino, The Reader - A voce alta, Trash) usa l’intero suo bagaglio di autore attento ai sentimenti e alle complessità psicologiche delle donne che soffrono per diversi motivi, ognuna per cause differenti ma collegate tra loro benché distanziate nel tempo. Si potrebbe azzardare a dire persino che tramite il cinema egli riesce ad esprimere meglio delle pagine alcuni aspetti che forse non è facile tradurre in parole e riesce anche un po’ per merito suo e per il resto per la straordinaria recitazione delle tre attrici, tutte in stato di grazia: Nicole Kidman, Julianne Moore e Meryl Streep. Queste donne si esprimono con tale delicatezza e nello stesso tempo tanta potenza che fanno emozionare. Ognuna a suo modo.

Dal suo canto, lo scrittore Cunningham ha cercato di fare due cose: dare il senso dei grandi momenti attraverso piccoli eventi e mostrare l’atemporalità di quei momenti, come veri elementi della vita, gli schemi che si ripetono nel tempo. In un romanzo, giocare con il tempo è difficile senza diventare astrusi ma in un film, a volte, non sempre, si può riuscire meglio e Daldry vince la scommessa. Il drammaturgo David Hare, che ha adattato la sceneggiatura (ha anche dato prova di buonissime regie specialmente con il trittico dell’agente Johnny Worricker di Bill Nighy), ha tutte le qualità per portare ad alti livelli lo script, grosso modo come il romanzo del soggetto, ed è meraviglioso osservare il modo in cui drammatizza costantemente il materiale originale senza comprometterne l'integrità o distorcerne l’intento. Meglio di così, insomma era difficile.

La bellezza e la complessità della storia narrata o, meglio, delle tre esistenze quasi parallele, si dispiegano sin dalle prime immagini, quando tre donne in tre epoche diverse che fanno qualcosa e si comportano in piena similarità. C’è Virginia Woolf (Nicole Kidman) nel 1923, l’anno in cui scrisse il celebre romanzo Mrs. Dalloway; Laura (Julianne Moore), una giovane madre problematica nel 1951 sta leggendo proprio quel libro; e Clarissa (Meryl Streep), una donna del 2001 che si comporta come la signora Dalloway, organizzando una festa per quella sera. In un luogo si comprano fiori, in un altro si espongono, in un altro ancora si scartano, mentre la partitura per pianoforte di Philip Glass sottolinea ed esalta le sequenze.

1923: Virginia si è stabilita a Richmond, sperando che l’aria di campagna le faccia passare gli esaurimenti nervosi con cui convive. Soffre inoltre di disturbo bipolare dell’umore, e spesso si rivolge in modo acido al marito e alla servitù, in particolare alla cuoca. Si sente chiusa in quella casa in campagna e le manca Londra e vorrebbe tornare a viverci. Ad un certo punto scappa dalla casa e va alla stazione dei treni dove viene raggiunta dal marito Leonard (Stephen Dillane). Dopo una lunga discussione, nella quale lei gli dice che non riesce a vivere in quel luogo e che vorrebbe tornare a Londra, lui, dopo un po' di incertezza, acconsente.
1951, Los Angeles: Laura Brown è una donna che vive col marito Dan e il figlio Richie. È una donna infelice e non vuole nemmeno avere il bambino che aspetta. Il marito la ama tanto, ma lei in fondo sa di non ricambiare il sentimento. L’unica cosa che la conforta è la lettura del romanzo La signora Dalloway. Non riesce più a sopportare questa vita e intende suicidarsi in un albergo, ma poi decide di continuare a vivere. Festeggia il compleanno del marito e solo dopo cena, mentre suo marito è a letto, si concede un pianto sconsolato.
La festa che Clarissa sta organizzando, nella Manhattan dei giorni nostri, è un ricevimento per il suo amico ed ex amante, Richard (Ed Harris), un poeta bisessuale a cui è stato dato un premio alla carriera. Lui sta morendo di AIDS ma si sta spegnando dentro e fuori di sé e nello stesso tempo è abbastanza lucido da incoraggiare Clarissa cercando di convincerla dicendole che le sue preoccupazioni sono prive di significato. Quel giorno Clarissa saluta la sua fidanzata Sally e va a comprare i fiori per Richard (che la chiama sempre “Signora Dalloway”) e in casa riceve la visita di Louis Walters, l’ex-fidanzato di Richard, visita che getta Clarissa in un grande sconforto. Quando finalmente si incontrano, lui confessa alla donna l’amore che ha sempre provato per lei, citando le parole che Virginia Woolf aveva scritto nella lettera d’addio per il marito.
Tre donne. Tre frammenti, concentrati in un giorno, di vite parallele.
Anche tre donne, tre stupende attrici, ognuna con il suo stile e la sua personalità che le caratterizza da sempre. Julianne Moore è la sempre sensibile donna che comunica i tormenti femminili anche quando sono delle casalinghe che provano frustrazione e depressione, che cercano di uscire dal conformismo quotidiano di una vita domestica monotona che le fa sentire inutili. Era appena reduce da Lontano dal paradiso del congeniale Todd Haynes e qui, seppure in un contesto totalmente diverso, ripete i suoi gesti magnificamente, drammaticamente.

Meryl Streep, come se sia necessario ogni volta, dà una ulteriore prova delle sue immense qualità, recita con i minimi movimenti muscolari e nervosi che equivalgono a frasi intere. A volte ci si rende conto che è un’artista senza età e le puoi affidare la parte di una donna giovanile o matura oppure anziana: basta un tocco e lei si adegua e diventa perfettamente ciò che ci si può aspettare. Qualche volta si deve accontentare di non essere per forza l’unica primadonna, come stavolta.

Discorso a parte per Nicole Kidman. All’uscita del film nessuno apprezzava il suo naso posticcio nei panni di Virginia Woolf. Non gli spettatori, né i critici. Tutti si distraevano per quel particolare e pochi fecero caso che lei, mancina, avesse imparato a scrivere con la mano destra per il ruolo, che avesse letto i carteggi della scrittrice, che avesse offuscato con l’enorme talento la sua statuaria figura e l’innata alterigia del volto per dare vita a una donna timorosa e tormentata. Il corpo attoriale, messo da parte il lato algido e a volte rigido, nella sua perfezione era diventato quello tormentato e sacrificato che necessitava. Una interpretazione straordinaria a conferma di ciò che spesso scrivo: è una grandissima performer capace di prove esaltanti che non sempre vengono giudicate per quello che sono, che la pongono tra le più grandi attrici del nostro tempo.

Il film finisce come è iniziato, ovvero con il suicidio di Virginia e mentre si immerge si sente la voce che pronuncia le frasi finali del film, rivolte al marito: “Caro Leonard, guardare la vita in faccia, sempre; guardare la vita, sempre, riconoscerla per quello che è; alla fine, conoscerla, amarla per quello che è, e poi metterla da parte. Leonard, per sempre gli anni che abbiamo trascorso; per sempre gli anni; per sempre, l'amore; per sempre, le ore.”

Riconoscimenti
2003 - Premio Oscar
Miglior attrice protagonista a Nicole Kidman
Candidatura miglior film
Candidatura migliore regia
Candidatura miglior attore non protagonista a Ed Harris
Candidatura miglior attrice non protagonista a Julianne Moore
Candidatura migliore sceneggiatura non originale
Candidatura migliori costumi
Candidatura miglior montaggio
Candidatura miglior colonna sonora
2003 - Golden Globe
Miglior film drammatico
Miglior attrice in un film drammatico a Nicole Kidman
Candidatura migliore regia
Candidatura miglior attrice in un film drammatico a Meryl Streep
Candidatura miglior attore non protagonista a Ed Harris
Candidatura migliore sceneggiatura
Candidatura miglior colonna sonora
2003 - Premio BAFTA
Miglior attrice protagonista a Nicole Kidman
Miglior colonna sonora a Philip Glass
Candidatura miglior film
Candidatura miglior film britannico
Candidatura migliore regia
Candidatura miglior attrice protagonista a Meryl Streep
Candidatura miglior attore non protagonista a Ed Harris
Candidatura miglior attrice non protagonista a Julianne Moore
Candidatura migliore sceneggiatura non originale
Candidatura miglior montaggio
Candidatura miglior trucco












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