Un anno con Salinger (2020)
- michemar

- 5 gen 2023
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 21 feb 2024

Un anno con Salinger
(My Salinger Year) Canada/Irlanda 2020 dramma 1h41’
Regia: Philippe Falardeau
Soggetto: Joanna Smith Rakoff (romanzo)
Sceneggiatura: Philippe Falardeau
Fotografia: Sara Mishara
Montaggio: Mary Finlay
Musiche: Martin Léon
Scenografia: Élise de Blois
Costumi: Patricia McNeil
Margaret Qualley: Joanna
Sigourney Weaver: Margaret
Douglas Booth: Don
Colm Feore: Daniel
Seána Kerslake: Jenny
Brían F. O'Byrne: Hugh
Xiao Sun: Lisa
Théodore Pellerin: ragazzo
Yanic Truesdale: Max
Hamza Haq: Karl
Leni Parker: Pam
Tim Post: J.D. Salinger
Matt Holland: Clifford Bladbury
Gavin Drea: Mark
TRAMA: Nel piccolo mondo letterario di New York degli anni '90, l'aspirante poetessa Joanna lavora come assistente dell'agente letterario Margaret. Il lavoro di Joanna consiste nel rispondere alle mail dei fan dell'autore di culto J.D. Salinger, l'orgoglio dell'agenzia.
Voto 7

New York, anni ’90: dopo aver lasciato gli studi di specializzazione universitaria per diventare scrittrice, Joanna viene assunta come assistente di Margaret, l’agente letteraria impassibile e un po’ rétro di scrittori noti, tra cui il celeberrimo J.D. Salinger. La ragazza trascorre le sue giornate in un elegante ufficio dalle pareti ricoperte di legno – dove regnano ancora i dittafoni e le macchine da scrivere, e gli agenti si addormentano dopo pranzi innaffiati da Martini – e le sue notti in un appartamento di Brooklyn senza neppure un lavello, con il suo ragazzo anticonformista. Il compito principale di Joanna è rispondere con un messaggio formale dell’agenzia, alle migliaia di lettere inviate dagli ammiratori di Salinger. Ma leggendo le parole struggenti che giungono all’autore da tutto il mondo, diventa sempre più riluttante a rispondere con la lettera impersonale dell’agenzia e d’impulso inizia a personalizzare le risposte. Le sue lettere spiritose e commoventi le permetteranno, attraverso la voce del grande scrittore, di scoprire la propria.

Joanna è scappata via dalla californiana Berkeley perché il suo amore per la letteratura e le sue aspirazioni di poetessa trovino a New York l’ambiente adatto per potersi meglio esprimere e magari farsi conoscere e far pubblicare le sue prime opere. La metropoli di quegli anni Novanta è, come sempre, un fermento artistico in continua evoluzione, è un luogo che accoglie ogni speranza di carriera in tutti i campi e lei è convinta di trovare terreno fertile per la sua passione. Deve ovviamente mantenersi, ama essere indipendente, anche al prezzo di aver abbandonato il ragazzo a cui è legata da sincero affetto, ma sa che la provincia non la avrebbe mai potuta aiutare. L’ufficio di collocamento a cui si rivolge, intuendo le sue tendenze, le fornisce l’occasione per sopravvivere nella Grande Mela: un lavoro presso l’agenzia letteraria Harold Ober diretta dalla severa Margaret, amica e detentrice dei contratti di pubblicazione del mitico scrittore Salinger, che lì chiamano confidenzialmente Jerry.

Per capire bene, però, l’atmosfera del film è necessario ricordare prima chi era e quale aurea circonda(va) il nome dello scrittore, divenuto famoso e letto in tutto il mondo da intere generazioni per il suo più grande successo, Il giovane Holden (The Catcher in the Rye). Egli viveva come un eremita in una grande casa di campagna lontano dal resto del mondo, restio a incontrare chicchessia e persino a pubblicare altro, dopo che son passati una quarantina d’anni dal rivoluzionario romanzo che narrava di un giovane controcorrente. La sua figura, o meglio il suo fantasma domina l’intero film e, con molta sorpresa, appare con la sua voce al telefono e qualche volta anche di persona, che il regista non inquadra mai se non seminascosto o di spalle, per mantenere intatto il mito di uomo invisibile e inavvicinabile. È in quella agenzia che Joanna viene assunta e messa seduta ad una scrivania per leggere le innumerevoli lettere che ancora, decenni dopo, i lettori scrivono indirizzando a Salinger ogni tipo di richiesta, come consigli o desiderio di incontrarlo. La direttrice Margaret aveva sempre distrutto le migliaia di lettere che arrivavano ma dopo che il disgraziato giorno dell’8 dicembre del 1980 John Lennon fu assassinato davanti al Dakota Building dove l’omicida fu trovato a leggere Il giovane Holden, aveva disposto che qualcuno avrebbe sempre letto le missive e per questo voleva un’impiegata che svolgesse quel lavoro e che rispondesse con alcuni tipi di lettere standard, a seconda di quella ricevuta. Copiando pari pari il modello, senza neanche cambiare la punteggiatura.

La ferrea dirigente, una sorta di Miranda Priestley presa in prestito da Il diavolo veste Prada (Joanna è più o meno la Andy di quel film) è di poche parole e scostante e vuole assolutamente che chi svolge quel lavoro non abbia aspirazioni di scrittrice. Odia la moderna tecnologia e non fa usare computer: solo obsolete macchine da scrivere e dittafoni sulla scrivania, mentre sulle pareti dominano le foto incorniciate di J.D. Salinger, Agatha Christie, Dylan Thomas. F. Scott Fitzgerald che la scrutano sorridenti. Lei deve presentarsi precisa alle 8 di ogni mattina, leggere le lettere, rispondere come previsto, distruggerle al tritadocumenti. Sono di vario genere e tipo e lei trova assurdo rispondere con frasi preconfezionate, tanto che un giorno, senza farsi notare, scrive un testo personalizzato alla studentessa che verrà bocciata se non entra in contatto con il mitico scrittore, e al giovanotto depresso che pare una copia di Holden Caulfield. Intanto, nella Manhattan dai colori autunnali che paiono usciti dai film di Woody Allen e con i bar che ricordano Colazione da Tiffany (richiamati dal celebre brano che fa da sottofondo), Joanna cerca la sua strada, l’ispirazione dei versi, la completezza della vita sentimentale dopo aver mollato l’inconsistente giovanotto con cui si era messa a vivere in un appartamento senza lavello in cucina, rimpiangendo ancor più l’amore lasciato in California, e segretamente è a caccia di un editore per sé. Il sogno di pubblicare le sue poesie è sempre vivo e forte: è a New York per questo e deve riuscirci!

Non è tanto un vero romanzo autobiografico di formazione (un coming of age, come dicono gli anglosassoni), quello di Joanna Smith Rakoff, piuttosto un diario di crescita, di maturazione e di decisioni affinché tutto si compia. Quell’anno utilissimo trascorso alle dipendenze della severa Margaret, classicamente dalla dura scorza ma dalla tenera sostanza (pur se mascherata dall’atteggiamento del sergente di ferro) è servito tantissimo e oggi lei avverte di essere a casa, nell’ambiente giusto, di aver fatto le opportune esperienze, di aver conosciuto persone adatte per poter crescere, che l’hanno aiutata mentalmente e culturalmente. Il compito affidatole lo ha saputo svolgere, nonostante la disobbedienza, ha avuto anche una promozione sul campo promuovendo e trovando editori per qualche cliente dell’agenzia, avrebbe davanti a sé una carriera per cui è portata, ma la sua indole dice altro e il carattere si è fortificato. È cresciuta, è pronta per addentare il morso alla Grande Mela e non dimenticherà mai i colloqui telefonici con Salinger, che la chiamava Suzanne.

Margaret Qualley e Sigourney Weaver sono le due principali protagoniste del film scritto e diretto con mano delicata, come ha saputo fare le altre volte, dal canadese Philippe Falardeau, pressoché sparito dopo il bellissimo Monsieur Lazhar, peccato. In piena collaborazione con la vera poetessa, la sceneggiatura è simpatica e appropriata e le due attrici recitano molto bene. E se l’esperta Weaver sa atteggiarsi alla perfezione alla inflessibile agente, la sorpresa, per chi non l’abbia ancora potuta giudicare bene, è Margaret Qualley (figlia di Andie MacDowell), alla sua vera prima performance da protagonista in un film (a prescindere dalle serie TV per cui è stata già candidata a numerosi premi). L’espressività che sa armeggiare è un’arma benefica che impressiona e l’occasione che il regista canadese le ha offerta non l’ha sprecata, trasmettendo con candore gli stati d’animo che la condizionano nelle varie situazioni che si trova ad affrontare, dagli ordini perentori dell’agente alle delusioni affettive, dalle speranze affioranti alle delusioni momentanee, dalle perplessità alle gioie. Il film è molto bello e lei è bravissima.

Philippe Falardeau: “Stavo curiosando in una libreria, e ho preso in mano la biografia di Joanna, attirato dal titolo e dal fatto che l’autrice era una donna. Fino ad allora, avevo realizzato film che avessero principalmente dei protagonisti maschili, e stavo cercando un’idea per un film con un personaggio centrale femminile. Leggendo il libro ho trovato la scrittura di Joanna commovente e al tempo stesso divertente nella descrizione dei dettagli. Potevo immedesimarmi in quel momento, pieno di incertezze, in cui dobbiamo decidere che cosa vogliamo fare della nostra vita, quando non siamo ancora completamente consapevoli dell’intera gamma delle nostre possibilità. Un momento in cui tutto è possibile, ma anche in cui tutto sembra al di là della nostra portata.”
Una bella storia, soprattutto per chi, come me, ha prima di tutto amato quel ragazzo chiamato Holden e il suo creatore e poi li ha fatti conoscere ai suoi amici di gioventù.
“Io abito a New York, e pensavo al laghetto di Central Park, vicino a Central Park South. Chi sa se quando arrivavo a casa l’avrei trovato gelato, mi domandavo, e se era gelato, dove andavano le anitre? Chi sa dove andavano le anitre quando il laghetto era tutto gelato e col ghiaccio sopra. Chi sa se qualcuno andava a prenderle con un camion per portarle allo zoo o vattelapesca dove. O se volavano via.”






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