La chimera (2023)
- michemar
- 11 mag 2024
- Tempo di lettura: 7 min

La chimera
Italia/Francia/Svizzera/Turchia 2023 dramma fantastico 2h10’
Regia: Alice Rohrwacher
Sceneggiatura: Alice Rohrwacher, Marco Pettenello, Carmela Covino
Fotografia: Hélène Louvart
Montaggio: Nelly Quettier
Scenografia: Emita Frigato
Costumi: Loredana Buscemi
Josh O'Connor: Arthur
Isabella Rossellini: Flora
Carol Duarte: Italia
Alba Rohrwacher: Spartaco
Vincenzo Nemolato: Pirro
Luca Chikovani: Cico
Lou Roy-Lecollinet: Melodie
Yile Vianello: Beniamina
Giuliano Mantovani: Gerry
Gian Piero Capretto: Mario
Melchiorre Pala: Melchiorre
Ramona Fiorini: Fabiana
Barbara Chiesa: Nella
Elisabetta Perotto: Vera
Chiara Pazzaglia: Rossa
Francesca Carrain: Sista
Valentino Santagati: cantastorie
Piero Crucitti: cantastorie
TRAMA: Tornato nella cittadina in cui abita sul Mar Tirreno, il giovane inglese Arthur ritrova la sua banda di tombaroli, trafficanti illegali di meraviglie archeologiche etrusche. Lui ha un dono che mette al servizio dei suoi amici banditi: sente il vuoto della terra in cui giacciono le vestigia di un mondo passato, quello etrusco.
Voto 6,5

La prima domanda che verrebbe da chiedersi è a cosa si riferisce il titolo di questa storia strampalata, fantasy, ai limiti (se non oltre) della realtà, essendo qualcosa di terra-terra, volgare (nel senso di popolare) e tanto simile ad una favola: tirando le somme, forse solo al termine si intuisce che la chimera - che vuol dire una speranza riposta nel quasi impossibile, quindi una utopia, ma che nella mitologia greca è talmente ipotetica che è rappresentata da un mostro – rappresenta, anche e non solo, la vana speranza di un gruppo di “tombaroli” di arricchirsi. Ogni volta che trovano una tomba con i rituali oggetti sepolti assieme ai cadaveri racimolano un po’ di denaro e tirano avanti, nell’inguaribile sogno di poter un giorno trovare il tesoro che risolva per sempre la loro vita. Più che mai si affidano a quel giovanotto alto inglese che è un sensitivo, una sorta di rabdomante dei reperti: egli camminando sul terreno della campagna circostante alla abbandonata e rurale cittadina chiamata Riparbella, nella Tuscia laziale, con il classico rametto a forme di “Y” riesce ad avvertire il vuoto della terra costituito da una tomba etrusca, sensazione così forte per cui spesso avverte un malore che lo fa accasciare (con tanto di piroetta della macchina da presa). È il sicuro segnale e basta scavare per trovare la tomba e i vari oggetti che vi venivano custoditi.
Arthur (Josh O'Connor), il giovane archeologo inglese protagonista, è tornato in paese appena uscito dalla prigione, aria trasandata, mente sempre rivolta altrove, di pochissime parole, è ancora molto legato alla defunta amata Beniamina, che ha perso in circostanze misteriose e che vediamo solo in un onirico inizio e poi al termine, allorquando il giovane andrà incontro al suo destino. In mezzo la trama, che banalmente è quella della banda di tombaroli fatta di sbandati nullafacenti del paese che tirano a campare solo con quella attività, facendo affidamento sulla “dote” dell’inglese. Arthur si appoggia saltuariamente nella casa di Flora (Isabella Rossellini), grande abitazione in declino, con gli affreschi rovinati, muri umidi e soffitti da cui cadono gocce di pioggia. La sua badante è Italia (Carol Duarte), una brasiliana che è amica, cameriera, madre, architetta improvvisata, cantante pessima e insegnante di italiano, pur non essendo questa la sua prima lingua. Con lei Arthur ha anche una relazione labile ma significativa, non possibilmente durevole perché, in fondo, egli cerca ancora qualcosa che lo riagganci all’amore perduto di Beniamina. In un viaggio avventuroso tra vivi e morti, tra boschi e città, tra feste e solitudini (“Brindisino?”), si svolgono i destini intrecciati di questi personaggi, tutti alla ricerca della Chimera: il sogno perduto, l’occasione che verrà, una figlia morta, un amore perso per sempre.
Questa la trama, diciamo vista in maniera semplice, ma l’opera della mente fantasiosa e artistica di Alice Rohrwacher è ben altro. Sembra un film sconclusionato e caotico ma invece c’è un ordine ben preciso nel caos, nella folta popolazione dei tanti personaggi, negli avvenimenti, negli sfottò, persino nella rivalità tra questa banda e la squadra che lavora per conto dell’importante ricettatore al quale i reperti vengono venduti (ovviamente) illegalmente. Anche se sfruttati dal misterioso e potente Spartaco (solo alla fine si scoprirà che è una donna e non è spoiler perché se ne viene a conoscenza leggendo il cast, ed è una biondissima Alba Rohrwacher), questi è l’unico a cui rivolgersi e diventa l’obiettivo di un ricatto nel magico ritrovamento – finalmente! – del “tesoro” che cercano da una vita: una tomba ricchissima di oggetti e perfino di una maestosa statua che, sul mercato nero che Spartaco intrattiene con i suoi mercanti d’arte a bordo del suo gigantesco panfilo, cercherà di piazzare ad altissimo prezzo (“Inestimabile!”). Ma può andare mai bene alle persone ultime e dimenticate dal fato? No, a maggior ragione a causa di una sventurata ma comprensibile reazione di Arthur. Il quale poi, mettendosi un’ultima volta alla ricerca con il bastoncino, cade nella trappola del crollo dello scavo. Nessuno avrà trovato mai la sua chimera, tranne lui: quella sua, che si chiama Beniamina, interpretata da quella Yile Vianello che partendo dal piccolissimo Semina il vento e da piccoli ruoli in altri film della Rohrwacher, sta affermandosi sempre più.
Regista che prosegue il suo personalissimo percorso e chiude, con questo film, la trilogia iniziata con Le meraviglie nel 2014 e proseguita con Lazzaro felice nel 2018, intenta a investigare il nostro rapporto con il passato e la memoria. Ma va precisata l’importanza, nel suo cinema, di un particolare: tutti i film sono puzzle che vanno messi assieme pezzetto dopo pezzetto. Possono essere lineari, le loro linee temporali possono essere completamente mescolate, o navigare nella fantasia senza aver bisogno di seguire un filo logico. Il montatore, a sua volta, compone il film, mettendo in successione le sequenze filmate, legandole fra loro e dando ritmo. Alice Rohrwacher usa sicuramente questo suo personale modo di girare che è il suo talento e conduce inevitabilmente lo spettatore a perdersi tra un’atmosfera e l’altra, tra un personaggio e l’altro, senza mai, però, lasciarlo al buio. E certamente sa come si scrivono i personaggi, non solo quelli femminili, che pare comprendere nel profondo, ma anche quelli maschili, a cui sembra affidare un po’ di libertà. Per quello che si riesce ad avvertire, Josh O’Connor quella libertà non solo se l’è presa ma l’ha utilizzata in maniera straordinaria, assecondando sia l’atmosfera fantastica della sceneggiatura, sia sapendo creare un personaggio che affascina nel suo mistero. Il cercatore viaggia in un mondo che non gli appartiene più, il suo posto è tra i morti e sono loro a richiamarlo all’ordine ogni volta che qualcosa di terreno lo tenta.
Il film è anche altro: è la Morte, è il Passato, è l’Italia nascosta dei mille paesi, dei piccoli traffici illegali, del sapersi arrangiare, della magia, del decadimento fisico ed edilizio, soprattutto del popolo non governato se non dai bisogni quotidiani. Quei personaggi popolari/popolani che abitano questa storia sono raccontati e fotografati con la stessa pietà di Pasolini: innegabile accorgersi di ritrovare l’indulgenza del poeta regista nella scrittura della Rohrwacher, quel modo di esprimersi e di cercare espedienti ai fini della sopravvivenza. Lo si nota appunto nei personaggi, nello stile, nella scrittura, con rimandi felliniani sparsi qua e là e una calcolata anarchia narrativa e nella messa in scena. Così come è evidente lo sguardo felliniano che si scorge in più di una inquadratura (la spiaggia, il volo della statua senza testa imbracata per essere trasportata non è un finale degno di 8 e ½?). Omaggi e citazioni nei confronti dei maestri. Si potrebbe arrivare a concludere che l’attore protagonista è stato utilizzato come la versione inglese di Franco Citti.
Josh O’Connor è molto bravo e si immedesima nel ruolo del personaggio vestito di bianco trasandato, sdrucito, macchiato e che trova nella compagnia dei tombaroli una specie di famiglia acquisita, non avendone una se non un certo affetto verso l’anziana Flora. Si percepisce che abbia avuto carta bianca per interpretare il ruolo e non poche volte pare che improvvisi. Il suo giovanotto è un vagabondo, che ha perso il filo della vita dopo la perdita della donna, che vaga a metà tra i vivi e i morti che cerca, mentre, in realtà, cerca solo di riconnettersi con Beniamina ed il finale ci mostra quel filo ritrovato: lui si trova sottoterra e l’altra sulla superficie che cerca di tirarlo a sé come una moderna Arianna. Fa impressione, oggi, a pensare che poco tempo dopo lo si rivede tanto lontano nel triangolo sportivo/erotico di Luca Guadagnino: è l’arte della recitazione. Non so se invece Alba Rohrwacher sia l’attrice giusta per Spartaco ma come si sa le due sorelle vanno all’unisono. Illuminante, piuttosto. la presenza della invecchiata (fatta invecchiare) Isabella Rossellini, piccola e tenace matriarca (il protagonista è maschile, ma le donne imperversano, in un senso o nell’altro) che domina in ogni apparizione, che non vuol mollare le redini del comando e guarda di traverso le confusionarie figlie che vogliono portarla via. Qualcuno l’ha definita Mamma Tuscia e a buona ragione. Molto bello anche il personaggio della ragazza madre che non per caso è chiamata Italia, chiaramente un omaggio della regista al nostro Paese per richiamarne la grazia e la generosità, che lei cerca di riversare verso lo sfuggente Arthur.
Un film bucolico, poetico e libero, in cui – va detto – non è facile entrare perché può sembrare straniante ma quando lo si fa si entra in sintonia con la regista, quando cioè si partecipa emotivamente alla caccia al tesoro. Prima non vediamo tracce, la ricerca sembra vana, poi, lentamente e mediante le poche parole del protagonista, si comincia a seguire un certo percorso seguendo quell’Arthur che è spinto da un suo personale romanticismo, mentre intorno nessuno crede più a questo sentimento. Ciò che ho cercato di descrivere è quello che prova sicuramente il pubblico che coglie il volo del film e apprezza la regia attenta a indugiare su alcuni oggetti o sui primi piani dei personaggi per trarne il massimo. Come anche sulla ricchezza artistica e archeologica di un Paese che è un museo a cielo aperto.
Mi sento in dovere di giustificare il mio voto non generoso perché pur descrivendone i tanti lati positivi è pur sempre un cinema a cui faccio fatica ad avvicinarmi, a starci comodo. Mi rendo conto che il voto dovrebbe essere più alto ma non do mai eccessiva importanza al numero ma al giudizio espresso a parole. Sicuramente un giorno lo aumenterò.
Premi
David di Donatello 2024
Candidatura al miglior film
Candidatura alla miglior regia
Candidatura alla migliore sceneggiatura originale
Candidatura al miglior produttore
Candidatura al miglior attore protagonista a Josh O'Connor
Candidatura alla miglior attrice non protagonista a Alba Rohrwacher
Candidatura alla miglior attrice non protagonista a Isabella Rossellini
Candidatura al miglior autore della fotografia
Candidatura alla miglior scenografia
Candidatura ai migliori costumi
Candidatura alla miglior acconciatura
Candidatura al miglior montaggio
Candidatura al miglior suono
Cannes 2023
Premio AFCAE Art House Cinema Award
Premio Dog Palm - Mutt Moment
In concorso per la Palma d’Oro
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